23. Chi è?

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È impossibile fermare la mente, ora che anche Daniel – l'uomo più refrattario ai sentimenti e alle relazioni su questo pianeta – ha notato il coinvolgimento di Elle. Nei miei confronti.

No, non posso essermelo sognato, se anche per gli altri non è passato inosservato.

Questo mi fa sentire potente e mi fa animare di speranza.

Daniel – e Dan Elle la conosce, non come Marcus, che mi ha dato consigli senza sapere chi avessi davanti – dice che devo essere paziente, e lo posso fare, perché in questo sono sempre stato bravo, se no non sarei arrivato dove sono ora. Però non ha senso aspettare quando nemmeno ci parliamo, quindi l'idea successiva è semplice quanto spaventosa.

Salto in piedi, colpito da quello che la mia mente sta formulando.

«Ti sei bevuto il cervello?» Dan, pronto a dedicarsi al suo amato divano, si è spaventato per la mia rinnovata esuberanza. Mi muovo in cucina, frenetico, incapace di stare fermo, mentre seguo il flusso dei miei pensieri. «Una volta eri un tipo tranquillo, quasi apatico, lo sai? Beh, mi piaceva quel Seb». Borbotta qualcos'altro sottovoce, ma non gli presto attenzione.

Sto cercando di capire quando fare la mia prossima mossa perché sì, anche se ho appena detto di dover agire con calma, fremo d'impazienza.

«In base a quello che ci siamo detti poco fa ho pensato che, per quanto io debba essere paziente e aspettare, devo iniziare dal chiederle scusa» dico sfoggiando uno sguardo che deve assomigliare parecchio a quello di un posseduto. «Il prima possibile. Perché ieri, in effetti, mi sono comportato da coglione. Troppo anche per i miei standard».

Le chiedo scusa e poi basta, la lascio libera di fare un passo verso di me se e quando vorrà.

«Giusto, quando si ha sbagliato è meglio ammettere le proprie colpe». Concorda, ma è sbiancato. «Ora, però, dai una testata al muro per calmarti, poi siediti, perché così mi fai paura».

Non riesco a stare seduto, è più forte di me, sono elettrizzato. È come un riprendere il percorso che ero convinto di aver abbandonato per sempre e mi rasserena. «No, no, no. Vedi, non capisci?! Devo chiederle scusa ORA». La speranza deve essere una specie di droga che mi entra in circolo come l'adrenalina. Sembra che niente mi possa fermare. Sono così convinto della mia posizione che inizio ad avviarmi verso la porta, per poi bussare a quella di Elle, quando sento Daniel sparare una combo di parolacce alquanto colorite nella mia direzione. Giuro, avrebbe fatto inorridire anche i clienti più discutibili dei peggiori bar di Caracas.

«Cosa c'è, ora?» domando girandomi sul posto, senza abbandonare i metri che ho guadagnato. Il vantaggio di vivere in un posto dove la cucina, il salotto e l'entrata non hanno muri divisori.

Daniel è disperato ed esasperato, si passa una mano sulla faccia per cercare di cancellare quelle emozioni, ma non ce la fa. «Prendi il pouf e mettilo qui davanti a me e sieditici sopra. Stai zitto e ascoltami, ho bisogno che mi presti attenzione».

Gli rivolgo un sorriso beffardo, un gesto per fargli capire che non ho voglia di farlo in questo momento e mi giro verso l'uscita, quando si fa più serio: «Prendi quel fottuto pouf e posaci il tuo culo rinsecchito, cazzo». I suoi occhi chiari mi inquietano.

Faccio ciò che mi dice, anche se controvoglia. Soprattutto perché il mio culo non è rinsecchito. È tutto tranne che rinsecchito. Voglio dire, l'ha visto? Insomma, è una delle poche certezze delle mia vita, non può minarla così, come se nulla fosse.

Non l'ho mai visto così risoluto, quindi prendo quel dannato affare scomodissimo e mi lascio andare. «Cosa c'è?»

Domando con un filo di voce e lo sguardo basso, fisso sulle fughe tra le piastrelle, un po' in imbarazzo per essere stato ripreso da lui.

(Im)perfetta per meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora