8. (S)montata

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Appena scendo dall'auto ricorro al mio travestimento e indosso sia il cappello da baseball che gli occhiali da sole specchiati. Quando li ho addosso mi sento più sicuro, come se fossero uno scudo tra me e il mondo, dato che le lenti mi permettono di spiare senza farmi vedere.

Ho come la sensazione che possano proteggermi.

Praticamente sono al pari di un cinquenne che crede di avere accessori che donano poteri magici e ti fanno diventare un supereroe. Patetico.

Entriamo negli ampi locali del negozio, al piano dell'esposizione, ed Elle è già più avanti di me, con il suo solito entusiasmo che la contraddistingue, e urla nella mia direzione: «Andiamo, Ford, svegliati! Non fare il bradipo».

Mi gelo sul posto.

Il fatto che mi abbia chiamato per cognome, anche se in modo abbreviato, mi fa guardare in giro come se qualcuno avesse annunciato una valanga imminente nei nostri dintorni, come se quel soprannome mi avesse puntato mille fari addosso.

Se prima ero contento di entrare da IKEA come un uomo è felice di accompagnare la propria fidanzata in un centro commerciale il primo giorno di saldi, ora la mia voglia è scesa circa al centro della terra o, forse, direttamente all'inferno.

«Sssssshhhh! Non urlare!» La riprendo a bassa voce con tono isterico. «Potrebbero circondarci». Un po' estremo, ma rende bene l'idea. Lei non sa cosa voglia dire essere il centro di un bagno di folla, mentre io sì e mi vengono i brividi al solo pensiero. «E poi io sono un bradipo».

È la mia dicotomia: sono uno che non sa stare fermo, eppure sono pigro a livelli imbarazzanti. Quando non lavoro la mia vita ha gli stessi ritmi di Ryanair, praticamente vivo in ritardo e mi ricarico giusto per svolgere le azioni necessarie alla sopravvivenza.

«Circondarci? Siamo in guerra?» Mi prende in giro. «E poi sei più riconoscibile con un paio di occhiali da sole in un luogo chiuso che con il mio urlo di poco fa, quindi», prende la montatura dai lati e me li leva, «questi li mettiamo qui. Non siamo all'aperto, non ti servono».

Apre leggermente il colletto della mia t-shirt e li infila a cavallo, poi conclude l'operazione dandomi una piccola pacca sul petto, a sottolineare il gesto che ha appena compiuto.

Questo contatto, seppur poco significativo, mi riporta alla mente il bacio di stamattina e mi eccita al punto da provocarmi un brivido.

«Sensibile?!» Domanda Elle, maliziosa e con un sorrisino soddisfatto dipinto in faccia, quasi sapesse a cosa è dovuta la mia reazione istintiva.

Al che faccio la cosa più virile che mi viene in mente: incrocio le braccia al petto con fare stizzito e mi concentro su dei bicchieri che ho a portata di mano. «Nah» rispondo acido. «Mi hai solo fatto il solletico».

«Solletico?» È ovviamente scettica.

«Già». Continuo, ma sono meno credibile di Selena Gomez che capita "per sbaglio" a un concerto di Justin Bieber.

«Mamma mia, sei più acido di una donna con il ciclo e che non fa sesso dalla prima guerra punica». Si prende gioco di me. «Non ti si può prendere in giro, Ford?!»

Le rispondo con una smorfia della bocca, non riuscendo a elaborare niente di meglio.

Ma lei ride e a me basta, almeno la diverto.

Continuiamo il nostro giro alla ricerca della zona notte, ma ogni angolo sembra un posto ideale per Elle per fermarsi e studiare i design dei mobili e degli oggetti che circondano, mentre io cerco di mantenermi in piedi e di non rompere tutte le ceramiche dell'immenso negozio.

Impresa difficile, dato che a causa del mio essere scoordinato ho rischiato di stamparmi sul pavimento una quindicina di volte per colpa di cesti – con prodotti inutili ­– posizionati in mezzo al percorso.

(Im)perfetta per meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora