7. Gita

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Scusate il ritardo, per farmi perdonare ho messo qualche momento spicy
Eva

Dopo aver lavato i piatti e sistemato la cucina, ci mettiamo sul divano, cercando di decidere cosa fare.

«Che ne dite di una gita?» Propone Tanya.

«Ma dove?» Le chiedo.

Fa spallucce, «Qui intorno, ho visto che c'è un lago»

Guardo Vieri e Teo per vedere se sono d'accordo, ma stanno guardando qualcosa sul telefono.

Faccio un fischio per attirare la loro attenzione e entrambi si girano verso di me, inquietati. «Ci hai appena fischiato?» Dice Teo, portandosi drammaticamente la mano al cuore.

Vieri ridacchia mentre io rispondo «Se avete la soglia d'attenzione di due suricati morti non è colpa mia»

«Questo è falso» ribatte Teo, alzando il dito, «noi siamo molto attenti a cosa ci succede intorno»

Vieri annuisce, guardandomi ammiccante.

«Beh, allora non avrete problemi con la nostra gita in mezzo alla natura» dice Tanya, alzandosi in piedi.

Mio fratello ci guarda confuso, «Ma quale gita?»

Vieri si copre la faccia con la mano, «Bro, sei veramente un suricato morto»

«Sono stanca» annuncio con il fiatone, appoggiando la testa sulla spalla di Vieri, che mi si è fermato accanto.

«Eva, stiamo solo camminando»

Emetto un suono non ben identificato, «E io sono stanca» ripeto, guardandolo da sotto le ciglia.

Da una decina di minuti ci siamo divisi da Tanya e Teo per cercare il lago, una scelta che non mi ha esattamente esaltato, un pò perché non è mai davvero una buona idea dividersi e un pò perché non volevo rimanere sola con Vieri. Diciamo che la tensione tra noi due mi sta un pò, come dire... Uccidendo, ecco.

«Povera cucciola» dice lui, mettendo il braccio destro intorno alle mie spalle e tirandomi verso il suo petto.

«Mi stai sfottendo?» Chiedo, ma la mia voce è ovattata dalla sua maglietta.

«Non mi permetterei mai, signorina» dice, facendo scivolare la sua mano sinistra lungo la mia schiena fino al sedere.

«Ma tutta questa confidenza, scusami?» Gli chiedo fintamente scocciata, scostandomi dal suo petto per guardarlo negli occhi.

Vieri toglie la mano e si allontana di qualche passo «Va bene, va bene, non ti toccherò più»

Io alzo gli occhi al cielo: è così drammatico.

«Ah adesso mi fai pure questa faccia?»

«Posso fare quello che mi pare» ribatto, stringendo gli occhi.

«Ah si?»

«Certo»

Lui alza le sopracciglia in segno di sfida, stringendo la mandibola, «Non so se vuoi giocare a questo gioco»

«A che gioco stiamo giocando?»

«Ad uno che perderai» ribatte lui, avvicinandosi, ma senza toccarmi, «una domanda l'uno, se l'altro non vuole rispondere si toglie qualcosa»

Suona proprio come una cazzata. «Ci sto, inizio io.»

Cammino verso una roccia su cui sedermi, per godermi comodamente la mia imminente vittoria. «Allora, esattamente, perché ti hanno menato?» Chiedo, poggiando la testa cui palmi delle mani.

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