11. Deficiente

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Ciao amori della mia vita godetevi questo momento Eva-Vieri ;)))
Eva

«Sei una deficiente» dice Vieri, solo per la quarantesima volta da quando ci siamo messi in macchina.

Io resto con gli occhi socchiusi, ma lo sento tamburellare sul volante.

Penso di averlo fatto veramente incazzare.

«Lo so che non stai dormendo.» Continua lui.

Emetto un grugnito, irritata dal fatto che non mi lasci riposare.

«Non è che vuoi stare un pò zitto? Vorrei dormire un pò»

«Non devi dormire, devi rimanere sveglia e non sboccare, per piacere» ribatte lui.

Io apro gli occhi e lo guardo: non so se sia la sbronza, ma lo trovo estremamente figo mentre guida.

«Perché mi guardi così?» Mi chiede dopo avermi beccato.

«Che fai, ricicli le mie frasi?»

Sento un conato di vomito salirmi dallo stomaco, ma faccio finta di nulla.

Lui fa spallucce, «Mi guardi come se avessi una testa in più» aggiunge, facendo una vocina stridula.

«Ci parlerà tua sorella così, sicuramente non io» gli dico, acida.

Ecco, ora mi sta irritando.

«Quale delle tante?»

Io allungo una mano verso il suo collo, accarezzandolo e facendogli qualche grattino.

Lui sembra rilassarsi, lo capisco da come ha sospirato, sciogliendo le spalle.

«Ecco, così va meglio... Non sapevo avessi delle sorelle»

Lui si allunga verso il cruscotto e prende qualcosa, «Bevi un pò d'acqua»

Io scuoto la testa, «Penso che potrei vomitare se lo faccio»

«Dai, solo un sorso» mi incoraggia, accompagnando il tutto con uno sguardo che quasi mi supplica.

Sbuffo, «Va bene»

Mando giù l'acqua, ma il mio stomaco non ha proprio intenzione di riceverla: ho appena il tempo di tirare giù il finestrino che vomito fuori dall'auto.

«Ehi?»

Mi scuoto di botto da un sonno pesante, aggrottando la fronte. «Vieri?»

«Come ti senti?»

«Uno schifo» dico, aprendo gli occhi. La luce mi infastidisce da morire, probabilmente è l'alba.

Muovendomi mi rendo conto di essere sui sedili posteriori, e non ho la minima idea di come io ci sia arrivata.

Vieri mi tiene la testa sulle gambe: vederlo da sotto così mi fa apprezzare ancora di più quanto sia bello. Solo in quel momento intuisco che probabilmente io sono uno straccio.

«Dove siamo?» Chiedo cercando di alzarmi.

«Alzati lentamente» mi suggerisce lui, accompagnandomi con una mano sulla mia schiena.

Mi metto a sedere strofinandomi gli occhi e per un momento tutto mi sembra girare, ma dopo qualche secondo mi abituo e sospiro.

Giro il busto e mi appoggio al sedile, ritrovandomi seduta accanto a lui, con le nostre gambe che si sfiorano.

«Non facevo da babysitter a una ragazza ubriaca da anni» ammette lui, dopo un silenzio imbarazzante.

«Mi dispiace»

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