Prologo - Le selezioni di Quidditch

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n.a.
Alcuni di voi già sapranno che mi è stato ingiustamente chiuso l'account, alcuni mesi fa...
Be', non era mia intenzione ripubblicare quanto ho perso (anche perché sarebbero troppe storie!), ma alcune fanno eccezione e questa più che mai! Ci sono molto affezionata e spero che vi piaccia!!
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Specifico di nuovo che questa storia è stata scritta da me ma ideata insieme a una mia amica (Deh) che potete trovare con tantissime altre FF a tema Haikyuu meravigliose su EFP e Ao3 (nick: LorasWeasley)
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Hinata

Hinata non aveva capito di voler entrare in squadra fino alla scorsa estate ma, una volta innestata, nulla era riuscito a togliergli quell'idea dalla testa.

Sebbene avesse ormai iniziato e concluso ben quattro anni nella più grande scuola di Magia e Stregoneria del mondo, la famiglia di Shoyo non era ancora pratica di quella realtà. Comprendere la magia risultava già quasi del tutto impossibile persino per lui; non si stupiva, quindi, che sua madre e sua sorella non avessero la minima idea di come comportarsi all'interno della sua nuova realtà.

A spiegargli che lui era un natobabbano era stato il professor Takeda; Shoyo non ci aveva creduto, si era invece messo a ridere, contento della nuova trovata di sua madre per far divertire lui e la sorellina. Il professore ci aveva messo un bel po' per convincerlo che non era uno scherzo, e ancora più tempo gli era servito per convincere la signora Hinata. Da quel giorno, poi, per mesi il ragazzo aveva aspettato la propria lettera, e una volta arrivata non era più riuscito a stare fermo. Il professore – Shoyo lo ricordò con un pizzico di delusione – non si era assolutamente dilungato in spiegazioni, limitandosi a spiegare alla famiglia lo stretto indispensabile:

"Capirai meglio una volta arrivati ad Hogwarts." aveva ripetuto alle insistenti domande dell'esaltato decenne. Takeda aveva spiegato loro dei gufi usati a mo' di postini, del muro da attraversare per giungere all'Hogwarts Express, delle lezioni, del castello, delle Case... ma – ad esempio – aveva dimenticato di parlare del Quidditch! Hinata ne aveva scoperto la natura alla sua prima lezione di Volo e da allora ne era rimasto del tutto affascinato. Passava ore nella Sala dei Trofei a leggere targhe ed immaginare partite, e ancora di più ne passava sulle tribune ad ammirare i giocatori! Agli studenti del primo anno non era permesso entrare in squadra, quindi si limitava ad osservare ed ammirare da lontano il gioco. Tornato a casa, non aveva tardato: aveva raccontato alla madre ogni singola azione eseguita nell'ultima partita del Campionato delle Case e a gran voce aveva chiesto un manico di scopa! A fine agosto, quindi, Shoyo e la sua famiglia avevano varcato la soglia del negozio sportivo di Diagon Alley e – arrivati al bancone – il proprietario era riuscito a spiazzare il giovane mago:

«Che modello stai cercando?» l'uomo non aveva ottenuto risposta, solo un'espressione confusa, ma questa non aveva demoralizzato il commerciante: «Vuoi un manico da corsa? Da passeggio? Sei alle prime armi o sai già volare?» alla fine, sua madre aveva basato la scelta sul costo, più che sulle qualità della scopa ed Hinata era uscito dal negozio felice della sua Scopalinda 15. Aveva avuto solo una settimana, poi, per allenarsi, ed ovviamente aveva fallito le selezioni. Il terzo anno non era stato diverso ed al quarto era ormai preparato per il rifiuto. Quello di cui aveva bisogno, lo sapeva bene, era allenamento! Un mentore, magari, che gli spiegasse le manovre più difficili. Tutto ciò che aveva, invece, era una mediocre scopa e tanta forza di volontà. Poi, era arrivato lo sprono di cui aveva bisogno: Kageyama era stato preso in squadra.

I due non avevano messo neanche piede a Hogwarts, durante il loro primo anno, che già erano diventati rivali. Per Hinata era tutto nuovo, e la partenza da Londra non poteva che renderlo euforico. Aveva quindi salutato felice la madre e la sorella ed era corso sul treno. Aveva presto trovato uno scompartimento in cui potersi sedere; all'interno, solo un ragazzo serio e silenzioso che guardava tranquillo e impassibile fuori dal finestrino. Shoyo aveva buttato di fretta lo zaino sul sedile per tornare a salutare la sua famiglia sporgendosi dal finestrino e non si era accorto del fastidio dell'altro – a cui aveva invaso lo spazio personale – fino a quando il treno non aveva svoltato nascondendo alla vista dei ragazzi in partenza i familiari rimasti sulla banchina.

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