3 - Paranoie (pov. Sakusa - Tsukishima - Oikawa)

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Sakusa

Se c'era una cosa che poteva dire di apprezzare nei suoi compagni di dormitorio, quella era che ognuno di loro bramava la tranquillità. In genere – lo aveva imparato a proprie spese – gli studenti di Hogwarts erano irruenti e troppo spesso invadevano lo spazio personale altrui, ma non nella camera maschile del sesto anno Corvonero. Lì – nonostante fossero il dormitorio più numeroso della scuola – Sakusa, Ennoshita, Kenma, Akaashi, Shirabu e Osamu potevano rimanere tranquilli, insieme ma in totale silenzio. Si contavano sulle dita di una mano le volte in cui in quella stanza si era urlato, almeno tra loro – e questo era motivo di vanto – le discussioni, se proprio dovevano essercene, avvenivano il più pacatamente possibile. Per cui, si disse Sakusa entrando in dormitorio, in cambio di tutta quella tranquillità poteva accettare quelle rare volte di baccano.

Sulle prime tentò di ignorare i suoi compagni di Casa; si diresse verso il proprio letto e tirò le tende del baldacchino. Solo allora rimosse l'incantesimo testa-bolla che l'accompagnava ovunque proteggendolo dai germi che veleggiavano invisibili nell'aria.

«Ti dico che è una grandissima scocciatura!» sentiva nel frattempo discutere gli altri. «Non fa altro che seguirmi ovunque vada e poi quando finalmente mi ritiro in Sala Comune, lui rimane lì, con quello sguardo da cane bastonato davanti all'entrata perché non è in grado di superare l'indovinello dell'ingresso! Ci credo che poi Suga si infastidisca! E la colpa sarebbe mia?»

«E pensi che Kuroo sia meglio?» aveva risposto Kenma ad Akaashi. Non bisognava essere dei geni per capire di chi stessero parlando: i due scalmanati Grifondoro erano iperattivi tra i corridoi tanto quanto lo erano sul Campo di Quidditch, ed ancora una volta Sakusa si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo al pensiero che non fossero nella sua stessa squadra.

«Non sta solo progettando di comprare un collarino! Sta costruendo una cuccia e preparando un piano per catturarmi attirandomi con dei biscotti per animali!» Sakusa sentì Osamu ridere alle parole di Kenma, poi ancora questi aggiunse: «Almeno nella nostra Torre possiamo avere un attimo di pausa dalle loro urla.» dopodiché fu Miya a sbuffare.

«Vorrei poter dire lo stesso di Tsumu. Lo detesto.» a quel nome, Sakusa trattenne una smorfia.

"Ecco un altro giocatore con cui non vorrei mai stare in squadra!" si disse. Era il fratello gemello di Osamu ed in quanto suo coetaneo vi aveva speso molto tempo insieme durante le lezioni. Al loro primo anno, Corvonero e Serpeverde condividevano l'ora di Erbologia, e sebbene quella lezione non fosse stata la prima a passare insieme a lui, sicuramente era stata l'ultima in cui Sakusa poteva dirsi tranquillo con Atsumu nella stessa stanza, e se poi a questi si aggiungeva il suo fratello gemello nelle vicinanze, Sakusa iniziava a tremare. Stavano estraendo la linfapuzza dalla Mimbulus Mimbletonia, e già quello era bastato per far sbiancare l'undicenne Kiyoomi. Il corvonero ricordò con sgomento di come stesse cercando di fare i conti con il proprio compito senza svenire, ed era talmente tanto concentrato da non accorgersi – se ne rammaricò in seguito – del litigio dei due gemelli poco distanti da lui. Alla fine, Atsumu aveva provato a sommergere di linfapuzza suo fratello, Osamu aveva schivato il colpo ed il tutto era finito addosso a lui. Atsumu, da quei pochi ricordi confusi che Sakusa conservava degli eventi immediatamente successivi, aveva riso, ma subito dopo – forse sentendosi in colpa per lo stato asmatico del compagno di scuola, o più probabilmente per saltarsi il resto della lezione – aveva chiesto al professor Takeda di poterlo accompagnare in infermeria. Sakusa, però, si era rifiutato categoricamente, e da quel giorno non aveva fatto altro che evitare il più possibile il serpeverde.

«Riesce a risolvere tutti gli indovinelli dell'aquila.» si stava nel frattempo lamentando Osamu. «E certo che voi potreste anche accorgervi che non sono io, quando si spaccia per me.» si lamentò con Kenma e Akaashi, ma Sakusa lo capiva eccome quando c'era Atsumu in quella stanza. Osamu era tranquillo, principalmente pensava al cibo e si faceva i fatti suoi, mentre Atsumu – sebbene fosse più che abile nell'imitare il fratello, quando serviva – non riusciva a nascondere del tutto il proprio carattere provocatorio e sfacciato. I suoi erano impercettibili movimenti, rapidi sguardi ambigui, ma a Sakusa bastavano quelli. Il serpeverde aveva presto capito quanto Kiyoomi soffrisse nello stargli accanto; che la sua semplice compagnia gli provocava brividi e gli portava a galla incubi ad occhi aperti. Quindi, ovviamente, il suo unico obiettivo era diventato quello di perseguitarlo. Sakusa, lo sapeva bene, comportandosi in quel modo faceva solo il suo gioco, eppure non ne poteva fare a meno: tutti gli sguardi languidi, gli occhiolini lanciati di nascosto e le carezze apparentemente casuali quando passava vicino al suo banco, non facevano altro che riportare il corvonero al fatidico giorno, e se rabbrividiva non era – come ad Atsumu piaceva ripetere – perché era felice di vederlo. A quei ricordi, come troppo spesso gli succedeva, un brivido lo percorse da capo a piedi e s'impunto di riportare l'attenzione sui propri compagni per riuscire quanto meno a smettere di pensare al brutto ghigno di Atsumu Miya.

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