5 #Symbiontic - La pinna ferita

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«Pasquà, prendi la fiocina.»

Sull'estremità della passerella sporta da prua, le virate della feluca costringevano Pasqualino a stringere la ringhiera. I piedi nudi scivolavano sull'asse bagnata, acqua sollevata dalle ultime sferzate di vento, la stessa che sentiva salata sulle labbra.

«Pasquà, prendi la fiocina. Per la Santa!»

Le urla imbestialite lo raggiungevano fin dalla cima dell'albero. Dalla coffa il capopesca adocchiava i pesci spada anche nella maretta sollevata quel mattino, sotto un cielo di piombo. L'uomo con la stessa acutezza osservava la paura di Pasqualino e le mani sbiancate sul ferro della ringhiera.

«Pasquà!»

Quel ragazzo sulla passerella non ci sarebbe voluto andare, non da solo, almeno non la prima volta. La pesca gli piaceva, con l'amo, la lenza e l'attesa, ma quella al pesce spada si chiamava caccia, tutta un'altra vita. La vita appartenuta a suo nonno, un po' meno a suo padre, molto di più a sua madre: "se non lo impari poi che farai da grande?".

Pasqualino si avvinghiò con le gambe, seduto sull'asse, mollò la presa e afferrò la fiocina. Un'asta lunga abbastanza da raggiungere l'acqua coi suoi cinque denti acuminati. L'aveva chiamato "forchettone" poco prima, coi piedi sul ponte a sghignazzare, ma ora di ridere non gli veniva più.

La feluca tirava dritto da qualche istante, non cercava più di assecondare la corrente dello stretto, puntava a qualcosa. Strinse gli occhi e scorse una coppia di pinne spiccare scure tra i flutti schiumosi. Pasqualino sollevò il braccio armato, trattenne il fiato finché non lanciò un grido e con esso scagliò la fiocina.

Quante immagini videro i suoi occhi e quanto poco riuscì a fare il suo corpo, il dorso iridescente di un pesce lungo quanto lui, bucato dai cinque aculei metallici e la sua lunga spada scossa per la sorpresa. Il pesce che gli nuotava accanto reagì allo stesso modo, anche se nulla lo aveva colpito. Poi la coppia di pinne sparì sotto la schiuma alzata dalla prua mentre la barca passava rapida oltre e la fune della lenza si tendeva.

«L'ho preso?» Pasqualino gonfiò il petto e si mise in piedi sulla passerella. «L'ho preso!»

Più tardi, nella cucina di casa, stretto al grembiule della madre, avrebbe raccontato di averlo gridato dieci volte. Ma la storia non sarebbe finita lì. Sceso dalla passerella al ponte i compagni di pesca ancora non applaudivano, nessuno osava gioire più di tanto finché il pesce non si trovava steso sulle assi, con le branchie segnate. Comunque Pasqualino non riusciva a trattenere il sorriso, sporto con la pancia sul parapetto osservava la fune tesa sotto i riflessi dell'acqua, ora nascosta in profondità ora invece quasi parallela alla superficie. Il pesce balzò fuori dall'acqua, lo vide vivo e luminoso come di lì a poco non sarebbe più stato. Ancora però non si trovava solo, subito dietro di lui un secondo pesce spiccò un balzo ancora più vivace, più alto e con un tuffo più sonoro. Se li avesse visti prima, tanto maestosi, Pasqualino non avrebbe detto che si trattava di pesci e nemmeno avrebbe osato cacciarli.

I pescatori presero a tirare la fune con sempre meno sforzo, il capopesca scese apposta per tirare la bestia assieme ai compagni. Prima di mettersi con loro indicò la passerella a Pasqualino:

«Vai a prendere l'altra fiocina, qui facciamo paricchia.»

«Che vuol dire?»

«Sono una coppia, vedrai che uno non se ne andrà senza l'altra.»

Con un paio di spesse rughe tra le sopracciglia, Pasqualino percorse tutta la passerella andata e ritorno senza riuscire a spiegarsi di cosa il capopesca stesse parlando. Il pesce spada inforcato strisciava inerme sul pelo dell'acqua finché il suo muso appuntito non sfiorò lo scafo e i pescatori ne chiusero la coda in un cappio.

Mermay - Stories 2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora