17 #Emotional -La foresta di anemoni

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Sul fondale della baia più tranquilla e più ricca dell'oceano, sotto le prime acque di un mare limpido, in una comunità solidale e serena, viveva una ragazza che faceva pena a tutti. La ragazza pesce pagliaccio che non faceva ridere.

«Jolly», le dicevano, «sorridi un po'.»

Che non amava le attenzioni.

«Jolly», continuavano, «non coprirti così tanto.»

Che evitava le occasioni in cui era necessario parlare.

«Jolly», senza tregua, «sei timida?»

«Come rispondere?» si chiedeva lei con troppa rabbia e nessuna voglia di mostrarla. "Timida" era un'etichetta ridicola per quel pescecane che portava dentro. Sentiva quella bestia agitarsi, con la coda scombussolarle le budella e con le fauci aggrapparsi al suo cuore.

Jolly teneva la bocca chiusa. Oggi perché non riusciva ad aprirla, per paura, oggi perché non voleva essere coinvolta, oggi perché nessun altro l'aveva aperta.

Jolly portava in viso un'espressione piatta. Oggi perché non provava nulla, oggi perché non voleva mostrare le proprie emozioni, oggi perché nessun altro ne aveva provate.

Il controllo di sé questo le interessava, non importava di averlo davvero, importava che non si sapesse che lei proprio non lo aveva.

Jolly non reagiva alle aggressioni, non rispondeva agli insulti, non si difendeva dalle accuse. «Cosa ne otterrei?» si chiedeva, a bassa voce, per conto suo, «il loro rispetto, ma cosa me ne faccio?»

Esisteva un essere delle profondità che lei conosceva, questo va raccontato per capire Jolly, quell'essere non possedeva né occhi, né faccia, né orecchie, era un essere lento e vulnerabile: spesso e facilmente i predatori lo mutilavano di uno dei suoi cinque arti, di due, o addirittura di quattro. Questo non ne faceva un solo cenno e i predatori se ne andavano soddisfatti. Ecco, il racconto per il predatore finiva lì, ma Jolly conosceva il seguito: da ognuno dei resti macellati nascevano dei duplicati dell'essere, nuovi, forti e indefessi. L'essere proliferava nelle profondità e il predatore veniva e andava, ignorante di quanta forza si celasse nella sua preda.

L'idea di quest'essere governava la mente della ragazza pesce pagliaccio, un'immagine forte che però sottintendeva che i suoi simili fossero predatori. Lei non osava ammetterlo ma le attenzioni, il loro starle vicino e il loro parlare con lei la spaventavano, al punto da farle male.

Se questa sua situazione ancora la metteva sul confine tra ragazza strana e ragazza timida, Jolly un giorno si trovò costretta a decidere. Capitò che, mentre nuotava verso casa, vedesse due bambini tritone giocare accanto a una fossa profondissima. Li osservò per qualche momento, da lontano, finché uno dei due non nuotò sopra la fossa e un risucchio lo aspirò dentro.

Jolly percepì l'impulso di andare in suo aiuto, ma non fu più grande della repulsione che provava a mostrarsi e interagire con l'altro bambino. Pensò allora di andare ad avvisare un adulto, ma la cosa ancora la ripugnava, immaginare di incontrarne gli occhi, di articolare una frase e di vedere la sua reazione o peggio sentirsi chiedere perché lei non li avesse aiutati di persona.

Mentre perdeva tempo a riflettere su cosa fare, l'altro bambino nuotò via chiamando aiuto e lei si nascose. «Ecco», sospirò, «ora qualcuno arriverà a risolvere la situazione. D'altronde non può essere successo nulla di grave, oppure è già successo e il mio intervento sarebbe inutile. Non sono così forte e nemmeno coraggiosa. Il bambino non se ne farebbe nulla di me. Anzi forse l'avrei spaventato, gli avrei fatto pena. Credo che il bambino, anche notandomi, non mi avrebbe chiamata. E poi questi non sono affari per me.»

Mermay - Stories 2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora