Al tempo in cui l'Olimpo apparteneva ancora agli dei, e non ai giocatori dell'NBA, la "libertà di parola" aveva tabù diversi. Divieti dai confini poco chiari, sarà per quello che i discorsi degli avvocati sono tra gli unici sopravvissuti.
Quali erano questi divieti?
Semplice da dire: vietato, vietatissimo, peccare di hybris.
L' hybris non è uno yogurt o un altro modo per dire moussakà, l'hybris è quella che noi chiamiamo superbia. Se ti capitava di voler creare qualcosa che ad Atena non era passato per la testa, quella per punizione ti trasformava in un ragno. Se ti credevi tanto bravo da poter toccare il sole Elios ti aiutava, a sfracellarti al suolo. Mai e poi mai dirsi più feconda di Leto, almeno se volevi tenere in vita i tuoi figli. Insomma per gli dei il progresso e l'ambizione erano minacce al potere, ai livelli della peggiore monarchia.
In questo quadro risulterà poco chiaro il perché, nella saletta gremita di gente di una locanda fuori Atene, una povera cantante si trovasse in estremo pericolo. Gli occhi di tutti la seguivano, annebbiati dall'idillio, nessuno sentiva altro che la sua voce e le ultime strofe di una canzone che sembrava durare sempre troppo poco.
Non si trattava della prima volta in cui, al termine del canto, seguiva uno scroscio di applausi e grida, e nemmeno la prima volta che tra queste grida qualcuno aggiungesse: «si tratta di Polimnia in persona, la musa del canto», oppure: «vedo in lei una persona divina, da adorare.»
La cantante non smentiva, perché avrebbe dovuto? Ovviamente non era Polimnia, si chiamava Aella, figlia di contadini come quasi tutti al mondo. Tanto meno era divina, non importava che qualcuno lo dicesse, fare spettacolo in una saletta dal soffitto diroccato era l'apice della sua vita.
Tant'è che un giorno arrivò una donna che nascondeva un abito luminoso sotto un pesante mantello, i sandali d'oro non passarono inosservati sebbene questa, come nulla fosse, s'aggirasse per la saletta come una contadina qualunque. Durante lo spettacolo di Aella la donna misteriosa sedette in prima fila e, al termine, mentre gli altri applaudivano si alzò in piedi davanti a tutti.
«Non ho forse udito che qui cantasse una divinità?»
«Sì», le risposero in coro.
«Allora quando arriva?»
«È lì», i presenti gliela indicarono con le braccia tese, «Aella, falle sentire di nuovo. Questa donna è sorda, cantale nell'orecchio.»
La donna dai sandali d'oro, col naso arricciato sporse l'orecchio sulla bocca di Aella e, appena questa trovò il fiato di vocalizzare una nota, dalla gola le uscì solo uno stridulo squittio. Al secondo tentativo uscì uno squittio ancora più forte, qualcosa che ricordava il grido di un'aquila strozzato da un fiato cortissimo.
«Volete sentire cantare una dea?» domandò la donna, a un pubblico che ormai aveva subodorato il pericolo, «io sono Polimnia in persona.»
E Polimnia intonò un acuto tanto potente da far scoppiare i timpani di tutti e rimanere impresso nel loro udito per il resto dei loro giorni. Poi la musa si rivolse ad Aella:
«Tu hai lasciato che questi umani spendessero la loro adorazione per te. Per questo ti tramuterò nell'uccello dal canto più insopportabile della terra, l'agapornis,» si tolse il mantello di dosso e lo lanciò, così come si cattura una preda con una rete. La contadina si rimpicciolì sotto il peso del mantello, così Polimnia poté chiudercela a fagotto e andarsene con quello in spalla.
«Uccello dal canto orrido, in eterno o fino alla fine dei suoi giorni?» Polimnia non ricordava proprio quale delle due avesse promesso. Nel dubbio scelse la peggiore, orrido in eterno ovviamente. Ade se la sarebbe presa solo se lo fosse venuto a sapere, Polimnia conosceva l'unico luogo che l'occhio della morte non raggiungeva: l'Olimpo.
STAI LEGGENDO
Mermay - Stories 2022
Historia CortaUn racconto sulle sirene per ogni giorno di maggio. Un disegno sulle sirene per ogni giorno di maggio. Abbiamo deciso di affrontare il famoso Mermay dedicato ai disegnatori aggiungendo una categoria: scrittori! Dopotutto siamo artisti anche noi e le...