Nautilus7.0; profondità 3300 fathom. Aprile 16/2018; posizione 11.35, 142.19
Lo scafo del sommergibile è ancora appoggiato nelle profondità della fossa, credo, a detta dell'uomo che è uscito in scafandro, sul ciglio di un altro dirupo. Se quell'uomo fosse tornato, ora avremmo ancora uno scafandro con cui andare a controllare.
Mentre il tecnico radio e l'allievo ufficiale cercano di studiare il riverbero del nostro segnale di mayday, pregando che qualcuno là sopra lo riceva, i membri dello staff scientifico non si fanno scrupoli ad appropriarsi del resto dell'equipaggio. Cercano ancora di aggiustare la valvola di pressione della loro vasca iperbarica. Io in quell'acquario ho smesso di guardare da tempo, non ho nessuna voglia di vedere quella cosa, il loro esperimento, galleggiare in putrefazione. Dormo a malapena, non mi serve un altro incubo.
Capitano Giulio Felce
Nautilus7.0; profondità 3300 fathom. Giugno 02/2018; posizione 11.35, 142.19
Non ci posso credere. Mi confronto con la morte imminente, non nutro più alcuna aspettativa riguardo i soccorsi, ormai non ci preoccupiamo di razionare il cibo rimasto e l'aria stantia non ci mette più ansia. Staremo forse delirando per l'intossicazione da anidride carbonica?
Sta di fatto che, nell'oscura prospettiva in cui ci troviamo, mi scopro a sperare nella cosa. Sì, i ricercatori sono riusciti ad aggiustare le valvole della loro vasca e, appena accesa una luce all'interno, hanno gridato di gioia. Inutile dire che ci siamo precipitati tutti a guardare. Dentro c'era ancora quell'essere, vivo.
Mi sono fatto spiegare di cosa si tratti: una chimera, il genere di esperimento che si può svolgere solo in acque internazionali e solo molto ben nascosti. Oltre l'oblò della vasca vedo quello di cui mi parlano, una donna dallo sguardo vivo ma in qualche modo letargico, come imbalsamata, il suo aspetto umano però si limita al tronco e sotto la vita, invece delle gambe, possiede un intrico di tentacoli da calamaro, così grandi e spessi che ci potrebbe chiudere dentro un uomo.
Chiedo al gruppo di ricerca quale fosse lo scopo nel creare qualcosa del genere, mi rispondono che ce ne sono molti, tra i quali la "vita eterna". Quanto è bizzarro? Quanto è bizzarro morire in fondo al mare mentre si sta cercando la vita eterna?
Capitano Felce
Nautilus7.0; profondità 3300 fathom. Giugno 27/2018; posizione 11.35, 142.19
Lo staff di ricerca è defunto. Riesco a farmene una ragione solo pensando che ci hanno preceduti di poco. Quando hanno scoperto che la chimera era incinta hanno insistito per aprire la vasca, convinti che la valvola di pressione fosse aggiustata. Tutti ne eravamo convinti. Ho dovuto chiudere il portello stagno con loro dentro, il sommergibile altrimenti si sarebbe allagato per intero.
La osservo. La osservo dall'oblò del portello, oltre i corpi dei ricercatori riesco a vedere la vasca, è aperta e i tentacoli della chimera spuntano fuori, con le ventose appiccicate alle pareti, come se da un momento all'altro ne volesse uscire.
Lei è viva e vivrà anche dopo di noi per quanto ne so. Mi chiedo cosa intendessero farne i ricercatori. Di certo ora, come capitano, cosa farne rimane una mia decisione. È ancora imprigionata nello scafo del mio sommergibile e non ho idea dell'impatto che avrebbe lasciarla libera.
Se devo dire la verità, ogni volta che immagino di liberarla provo un legame paterno con quello che porta in grembo. Quando invece penso di farla morire, mi sento una divinità illecita: non ho il diritto né la capacità di decidere chi meriti la vita.
È un po' che non sento la necessità di mangiare, teniamo accesa solo una lampadina, per poche ore al giorno e anche quella sta iniziando a sfarfallare. Sento odore di cadavere ma non voglio controllare i membri dell'equipaggio, di quelli ancora vivi ascolto il respiro sempre più affannato. Moriranno d'asfissia, forse tutti prima di me ma anche nell'ultimo istante non rimarrò solo, c'è lei.
Ho messo da parte una bombola d'ossigeno e, quando sarà arrivato il nostro momento, la userò per aprire tutti i portelli e liberare la chimera.
Capitano Giulio Felce
Giugno 28/2018.
Sono sola, sono libera, il sommergibile è completamente allagato ma non me ne andrò. Sono la dottoressa Lewis, volontaria per l'esperimento "polpo delle profondità". Segno sul diario di bordo l'autovalutazione dei miei parametri vitali: l'innesto dei tentacoli al mio organismo ha attecchito più del previsto, le caratteristiche del polpo hanno conquistato altre parti del mio corpo, vedo nel buio, respiro sott'acqua e qualcosa ancora.
Sono rimasta incinta durante l'esperimento, non volevo, non l'ho cercato ed è la situazione peggiore. Concepiti tre miglia sotto il mare, in un relitto, da una madre mezza polpo, i miei figli sono sfortunati. Non posso scegliere di tornare indietro ma, se potessi, non lo farei.
Settembre 2019
L'orologio/calendario nella plancia gira ancora. Mi sono accorta che gira velocemente ma non credo sia guasto, credo si tratti di me. Il tempo trascorre rapido nei miei nuovi occhi.
Nel buio ho letto gli appunti dei miei colleghi, molto vaghi. Sembra che il polpo con cui sono ibridizzata abbassi il metabolismo a queste temperature, rallenti, e così anche la mia gestazione. Avrei dovuto partorire sei mesi fa se fossi stata ancora un'umana. Invece non lo sono più e la pancia non smette di crescere.
Sento di poter attendere il parto in eterno, sento che potrei uccidere se qualcuno minacciasse tutto questo. Il sommergibile sta diventando il mio rifugio e i miei pensieri si incanalano in un unico corridoio, sempre più monotematico: proteggere i miei figli.
Dicembre 2021
I polpi muoiono dopo la schiusa delle uova, è strano che io lo ricordi solo adesso. Una umana/polpo andrà incontro allo stesso destino, vivere la gestazione fino alla fine. La pancia mi sta prosciugando e vedo il termine giungere come la morte, eppure la mia unica preoccupazione è il loro inizio. Figli miei, se potessi vi direi tutto.
In questa vita giungerete assieme ma senza di me. I vostri occhi si apriranno su un mondo buio, allungherete i tentacoli in cerca del mio corpo, non lo troverete più. O forse avrò giusto la forza di allontanarvi, verso la superficie.
Negli abissi appaiono molte luci, vi sembreranno le più luminose mai viste, non lasciatevi attrarre. Nessuna creatura emette luce se non vuole essere trovata, nessuna consuma energia senza cercare un tornaconto. Fuggite. La mia pazienza vi ha dato la vita, siate pazienti anche voi e modesti. Avrete una vita di vagabondaggi ciechi, forse, a tentoni coi tentacoli nelle sabbie e le ventose appiccicate alle rocce abissali.
Non so che aspetto avrete, vi voglio bene comunque, non so se mi ricorderete, non importa, devo andarmene per lasciarvi vivere.
Sarete soli, sarete strani ma sarete anche unici.
Maggio 2022
Sta succedendo. Gli occhi mi si appannano, la mia pelle è diafana, i tentacoli non si muovono più e le braccia galleggiano più di quanto io le sorregga. Non ho paura. Ce l'ho fatta. Vi vedo, in vita, nuotare via.
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Mermay - Stories 2022
Storie breviUn racconto sulle sirene per ogni giorno di maggio. Un disegno sulle sirene per ogni giorno di maggio. Abbiamo deciso di affrontare il famoso Mermay dedicato ai disegnatori aggiungendo una categoria: scrittori! Dopotutto siamo artisti anche noi e le...