Dopo la fine delle lezioni, sotto lo sguardo di tutti che ormai già sapevano della mia sospensione (visto che le informazioni qui dentro viaggiano davvero tanto, troppo velocemente), esco a passo lento da quell'inferno che non avrei più rivisto per 7 lunghi giorni. Sia chiaro, a me la scuola non piace, e quindi una piccolissima parte di me è felice, ma è l'unico modo che ho per stare con mia sorella, e sono anche terrorizzata all'idea di tornare a casa, ma so che se non lo facessi sarebbe peggio. Ho paura di quello che mi farà mio padre, perché se c'è una cosa che mio padre vuole più di tutto è che io abbia un futuro decente e che porti i soldi a casa, in modo che lui possa comprare quanto alcool vuole.
Le ventate di aria fredda unite al mal di testa, che ho dall'arrivo dei miei genitori a scuola, mi fanno sentire come se avessi piccoli aghi che pungono in quest'ultima. In questo momento immagino di vivere un'altra vita: tornare a casa dopo una giornata di scuola e trovare il caminetto acceso, la casa in ordine e con l'odore di uno di quei profumi che si usano spesso, o che almeno le madri delle mie amiche usano. Oh, quanto le invidio.. Loro hanno una vita così bella, e sinceramente mi chiedo cosa abbiano trovato in me per continuare ad essermi accanto nonostante aver scoperto la parte più oscura di me. All'inizio non volevo legare con loro, come non voglio fare neanche con quel Manuel o Michael, non ricordo bene il suo nome, ma loro continuavano a essermi accanto e cercavano di integrarmi nella comitiva. Ovviamente questo non potevo permetterlo, e continuavo ad allontanarmi però, un giorno, mi hanno vista in bagno mentre mi lavavo una ferita che si era riaperta. Ho cercato di mentire, ma non sono stata credibile. Lì ho dovuto spiegare tutto, e ammetto che è stato difficile per me. Mi sentivo così fragile, e non avendone mai parlato con qualcuno, ero terrorizzata dal fatto che, se avessero spifferato tutto, sarebbe stata la fine. Credo proprio che la mia vita sarebbe finita a soli 15 anni.
Una volta arrivata nella strada dove si trova casa mia, sento il cuore iniziare a battere più velocemente e le mani iniziano a sudarmi. Cammino lentamente lungo la strada deserta, ma ben presto mi ritrovo davanti alla porta bianca laccata con sopra l'etichetta col numero '122'. Allungo la mano nella tasca destra del mio giubbotto e, quando le mie mani vanno in contatto col metallo freddo, un brivido corre lungo la mia spina dorsale. Le afferro per poi deglutire, le tiro fuori e incastro la chiave nella serratura. Giro, spingo in avanti la maniglia e non appena entro un odore asfissiante di alcool mi fa rimanere un po' scossa. È più forte delle altre volte. Chiudo il più silenziosamente possibile la porta cercando di non farmi notare da mio padre che è in una situazione di dormiveglia sul divano e cammino in punta di piedi verso gli scalini che portano di sopra.
Li salgo, uno ad uno, assicurandomi sempre che non si sia accorto di nulla. Quando sono quasi a metà scala e sono sicura che non mi abbia vista tiro un sospiro di sollievo, continuo a salire l'altra rampa di gradini e, proprio mentre sto per poggiare il piede sull'ultimo, sento una presa possente afferrarmi i capelli e tirarmi indietro. Un gemito di dolore esce dalle mie labbra e porto la mano su quella di mio padre, mentre lo imploro di lasciare la presa iniziando a sentire gli occhi pizzicare.
"Sei la nostra vergogna!" mi urla contro "non meriti niente! Ora capisci perché i tuoi genitori ti hanno abbandonata?!" continua ad urlare e quelle parole rimbombano nella mia testa, battendo come se fossero un martello pneumatico.
"Papà, per favore, basta" sussurro mentre cerco di trattenere con tutta me stessa le lacrime. Odio farmi vedere debole davanti ai suoi occhi, perché so che è quello che vuole, ma non voglio dargli questa soddisfazione.
"Sta zitta!" urla facendomi girare e con una spinta pesante mi fa cadere e rotolo giù per tutte le scale. Tra gemiti di dolore e 'ahia', una volta arrivata alla fine della rampa, sento più punti del corpo farmi malissimo, testa compresa. Il suo passo si avvicina sempre di più e, dopo aver recuperato le poche forze che mi sono rimaste, mi alzo e scendo gli altri scalini tenendomi alla ringhiera fatta di legno.
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Second chance - Luke Hemmings
Fanfiction"Tu devi parlare con qualcuno, piccolina.." la prof mi accarezza i capelli e io mi ritraggo dal suo tocco. "Se.. se non volessi?" sussurro alzando le spalle. "Vai, tranquilla." mi fa un sorriso di quelli rassicuranti. "Okay.. parlerò con uno psico...