Un suono in lontananza, dei campanacci che risuonavano come un'eco; l'odore dell'erba bagna, carezzata dalla rugiada, e un vento fresco che soffiava, debole ma costante; tutte sensazioni che credeva di aver dimenticato. Vide una macchia curva e stanca, un uomo anziano e familiare. Man mano che camminava il paesaggio si componeva attorno a lui, rivelando un'ampia vallata, circondata da cime aguzze e coperte di neve. Un bosco era poco distante, anche troppo: i mufloni brucavano poco distanti, erano prede facile per i grossi carnivori che si celavano tra gli alberi. Erano lenti, la loro stazza gli rallentava e il lungo pelo nodoso non facilitava la loro corsa.
Erano carne da macello, se qualcuno non faceva loro costantemente la guardia.
«Nonno, aspetta» disse, rivolta a quella solitaria figura.
L'uomo si voltò e poté vedere il peso dei suoi anni ritratto negli occhi scuri. Era stanco, ma sapeva che non poteva ancora fermarsi.
«Gnes, torna indietro. Tuo fratello ha bisogno di te.»
«Mio fratello ha solo una gamba rotta, se la può cavare anche da solo. Io voglio aiutare te.»
Sentì sulle sue spalle il peso di una balestra, troppo grande per le sue esili braccia.
Suo nonno la fissò, ma poi proseguì ignorandola.
«So cacciare, è da una stagione che partecipo alle battute del villaggio e pure tu lo sai. Fare la guardia ai mufloni è più facile» disse, irritata.
Era stufa di essere lasciata in secondo piano: era rimasta l'unica donna della famiglia, ma non per questo doveva sempre rimboccare le coperte a tutti e rammendare i loro panni. La filosofia del villaggio era che tutti collaborassero al bene comune e lei si appoggiava a quell'ideale per far vedere che poteva dare di più. Lo poteva sia procurare il pranzo e poi cucinarlo, alleggerendo così i compiti a suo nonno e a suo fratello.
L'uomo la sentì e si voltò, fermandosi. Lei ne approfittò e lo raggiunse, parandosi davanti a lui gonfiando il petto: non se ne sarebbe andata, la doveva riportare al casolare a forza.
«Gnes, hai troppo fuoco dentro di te e io sono troppo vecchio per domarlo» le rispose, togliendosi dalla spalla lo sclope.
Glielo porse e lei l'osservò stranita: era uno dei pochi al villaggio a possedere un'arma da fuoco, non aveva senso che la desse a lei se non si fidava delle sue capacità. L'Impero non le donava al loro popolo e chiunque ne possedeva una se la teneva stretta. Vantava più precisione e più potenza di un arco o di una balestra, l'ideale per affrontare le creature del bosco e la loro resistenza.
«Fammi un favore, però, da a me la balestra: saprai cacciare, ma sei troppo lenta a caricarla.»
***
Un tavolo cadde sul pavimento, accompagnato da delle urla. Un uomo e una donna stavano litigando, come ogni giorno, e l'avevano svegliata. Aprì lentamente gli occhi, mentre il tavolo venne trascinato, e si trovò a fissare il soffitto in legno della sua angusta stanza, avvolta dalla penombra. La valle se n'era andata, con tutto il suo verde e con la sua aria fresca e pulita. Era ritornata alla realtà, chiusa in una betola in un rione così degradato che non veniva nemmeno riconosciuto dalla sua città.
Vide una luce nella stanza accanto e valutò che avesse dormito più del dovuto. Sbadigliò e si stiracchiò, sfiorando il soffitto. Si allungò e raccolse il mammillare, prima di chiuderselo sul petto, sopra la sottomaglia, proprio nel momento in cui al piano superiore volò un sonoro ceffone.
STAI LEGGENDO
I Racconti della Fossa - I Corvi
Fantasy(SERIE DI RACCONTI) Nella Fossa vige una sola legge: sopravvivere, ad ogni costo. Staccarsi dal dominio di Vertigo ha fatto precipitare il quartiere nell'anarchia e solo i più scaltri sono riusciti a ritagliarsi il loro posto. L'ordine è dettato dai...