7. Forse non la solita conversazione

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La stanza era silenziosa, illuminata dalle lucerne alchemiche, appese ad ogni semi-colonna che svettava verso il soffitto. Il candelabro era spento, come ogni volta. Non l'aveva mai visto acceso.

La Dama era assente, come sempre, la sua mente era lontana, persa in schemi che lui non comprendeva completamente. Aveva il volto appoggiato ad una mano, mentre con l'altra tamburellava le dita sul tavolo.

«Lavorava per gli Aureli e vendeva informazioni ai Sokolović?», gli chiese ad un certo punto, voltandosi verso di lui.

I suoi occhi gli parvero meno stanchi, per una volta, per quanto profonde occhiaie continuassero a circondarli.

«Questo è quanto ho scoperto. Dopo che hanno trovato il suo corpo le informazioni sono fluite rapidamente. Ora i due si accusano a vicenda per capire chi l'abbia ucciso.»

Lei annuì, interessata. Aveva ascoltato tutto il suo resoconto in silenzio, ma il suo sguardo gli aveva fatto comprendere che fosse attenta, parecchio, come raramente capitava.

«Mi sorprende che non l'abbiano scoperto prima. Forse le spie e le milizie degli Aureli sono davvero in una pessima situazione.»

«Parole anche sue», rispose a conferma.

«Già. Mi chiedo quali informazioni ci avrebbe potuto rivelare, se fosse stato ancora vivo», gli disse la Dama, stiracchiandosi la schiena.

Sentì una nota di rimprovero nella sua voce, ma non sapeva come giustificarsi. Aveva agito istintivamente, non aveva pensato alle conseguenze. Poteva mentire, dire che fosse un messaggio per l'informatore di Simone, funzionava come scusa.

«Mi sembrava...»

«Non dirmi palle Massi, so che era tuo amico.»

Restò a fissarla, sorpreso: non glielo aveva raccontato.

«Morag mi ha contattata, preoccupata. Non prenderla come una mossa sleale e, anzi, cerca di capire quanto si sia sentita fragile. Io ti conosco, so che agisci sempre con raziocinio, ma i nuovi ti temono.»

Chinò il capo, per segnalarle che avesse capito, prima di riprendere a parlare.

«Hai ragione, potevo portarlo vivo, ma credo tu abbia capito perché non l'ho fatto.»

«Pietà.»

Scese nuovamente il silenzio, più pesante rispetto al precedente. Non voleva parlare, non di quell'argomento. Vi era del rimorso, lo poteva riconoscere, ma doveva superarlo, come ogni volta.

«Tornando alla questione dell'informatore, credi si tratti dei Sokolović?»

«No», rispose la Dama secca, alzando lo sguardo verso il soffitto, «Primo, era lui il loro informatore, non ha senso che consegnassero un valido assassino agli Aureli. Secondo, se sapessero di te, avresti ricevuto già la visita del loro gol.»

Aveva ragione, come sempre.

«Quindi chi? È da una settimana che sto schermando i miei ranghi e non ho trovato nessuno di sospetto. Le nuove ancelle?»

«Pulite, Galvano me lo ha assicurato e lo so per certo pure io. Tecnicamente chi sa di te non può...»

La Dama si interruppe e sgranò gli occhi, prima di abbassare il volto e scattare in piedi.

«Se il Padre non mi ha dato l'intuizione giusta, che almeno mi protegga.»

I suoi occhi si accesero, stava elaborando qualcosa di importante, aveva riconosciuto l'atteggiamento. Era un barlume di vitalità, il segno che sotto la sua apparente inerzia vi fosse ancora il fuoco che l'aveva alimentata sin da quando l'aveva conosciuta.

I Racconti della Fossa - I CorviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora