3. La caccia in albergo

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Si trascinava ciondolando lungo le vie della Ciacola, venendo costantemente urtato dalla massa di persone che gli camminava affianco, attanagliato dall'idea di avere un barone sulle sue tracce. Stava cercando informazioni da un po', bazzicando tra i locali più frequentati dai vertigesi e, pezzo dopo pezzo, aveva iniziato a intravvedere una pista.

Aveva mentito, aveva detto a tutte le persone che lo stesse cercando per conto di Macula in quanto aveva bisogno di informazioni. Era un vecchio trucco, insegnatogli dai suoi colleghi, ma con i più stolti funzionava sempre.

Entrò a stento nella porta girevole di un albergo, facendosi largo tra una folla di bambini che speravano di chiedere l'elemosina a coloro che vi uscivano, per poi derubarli del resto mentre erano distratti. L'interno, come ogni volta che visitava quella struttura, attirò la sua attenzione. Al centro vi era il bancone di accettazione, in un legno pregiato e con pochi e sobri abbellimenti dorati, forse più geometrici rispetto alla norma della Fossa. Ai suoi lati, invece, vi erano delle imponenti scalinate che, con una curva a chiocciola, giungevano al piano superiore. I corrimano erano in oro, come la cassettiera che conteneva le chiavi, mentre le gradinate erano ricoperte da una tappezzeria marroncina e sfumata.

Dalla balaustra del piano superiore scendevano due cascate d'acqua, che cadevano in due pozze al piano terra, circondate da piante verdi e rigogliose.

In tutta la sala vi erano dei tavolini, dove alcuni degli ospiti si erano seduti e conversavano pacatamente, talvolta comprando qualcosa da mangiare nel bancone di dolciumi e salatini a sinistra. Maestoso era anche il lampadario, un intricato lavoro di braccia aggrovigliate su loro stesse e placcate d'oro, abbellite da dei cristalli che scendevano in tanti filamenti, brillando sollo la luce delle fiamme alchemiche. Un falco era appollaiato su di esso e, per quando all'inizio non gli avesse dato molta importanza, ora lo osservava sospetto.

Era in un albergo di lusso, forse il migliore di tutta la Fossa, ma non gli sembrava che gli animali facessero parte dell'arredamento. Anzi, quel volatile non sembrava semplicemente trastullarsi, spostava costantemente lo sguardo su tutta la sala, quasi la tenesse d'occhio.

Lo ritenne sospetto, parecchio, tanto che non lo perse mai di vista e urtò per sbaglio uno dei clienti. Si scusò immediatamente, ma l'uomo in questione sembrò non sentirlo e gli riservò un'occhiata truce, prima di allontanarsi. Doveva essere di Vertigo, qualcosa glielo suggeriva dato il suo atteggiamento e la sua scarsa cortesia.

Raggiunse l'accettazione, lanciando un'ultima occhiata al falco, e si rivolse all'addetto. Era un uomo di mezza età, con un elegante completo nero dalle sfumature verde smeraldo. I suoi capelli e di suoi baffi biondi erano macchiati da delle ciocche grige, ma erano pettinati e curati in modo tale che si notassero di meno. Lo guardò perplesso, come gran parte dei clienti, ma almeno gli chiese per quale motivo fosse là.

«Sto cercando un tale Antonio Stuparich. Sai se è per caso passato di qua? Devo consegnarli un messaggio importante.»

L'addetto lanciò un rapido sguardo al suo lanciafiamme, prima di schioccare la lingua.

«È molto singolare sai, signore? Poco fa è giunto un uomo a porre una domanda simile.»

Si trattava dell'altro cacciatore, ne era sicuro. Non aveva tempo, doveva sbrigarsi o avrebbe fatto lui una brutta fine.

«Quale camera?» chiese preoccupato.

L'addetto, con fare annoiato, si lisciò i baffi, continuando a fissare il suo lanciafiamme.

«Ala Baronale, secondo piano...»

L'uomo non riuscì a finire la frase.

Sentì un colpo secco alle sue spalle, come se qualcuno venisse colpito da una spranga, prima che uno sparo riecheggiasse nella sala d'attesa. Il proiettile passò a pochi centimetri dalla guancia dell'addetto, che restò immobile, con gli occhi sgranati, mentre le urla del clienti esplosero, accompagnate dai loro passi affrettati.

I Racconti della Fossa - I CorviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora