Una moneta, una ciotola e un barattolo di cibo inscatolato di dubbia provenienza, era un gioco semplice, uno dei più semplici che le avevano insegnato. Prese la moneta, la lanciò verso il barattolo con un colpo di dita e si concentrò sul suo movimento, pensò alla sua traiettoria e al centro della ciotola. Filò tutto liscio, il soldo colpì l'angolo giusto e, mentre cercò di indirizzarla, un senso di nausea la assalì. La sua mente era tornata a concentrarsi su quel tarlo che la rodeva da giorni, distraendola, e la moneta cadde fuori, facendo compagnia al resto degli spiccioli che aveva in taccuino.
Sospirò e sbatté la testa sul tavolo, soffocando un urlo.
Alzò lo sguardo e incrociò lo sguardo di un uomo dalla pelle bronzea, serio e impassibile. Era seduto là sin dall'inizio e forse non l'aveva visto battere nemmeno ciglio. Si chiese se si stesse divertendo a vedere la sua disperazione, siccome non aveva dato alcun cenno ad alzarsi.
«Stiamo cercando di alleggerirci degli spiccioli qua?»
Riconobbe la voce di Andrea e non rispose, non era dell'umore.
«Allora?»
Notò un certo fastidio nel tono e si decise ad alzare lo sguardo. Come aveva sospettato, qualcuno esigeva fare la sua colazione di tarda mattinata, come suo solito. Teneva in mano un vassoio con il caffè e qualche biscotto preso dalla dispensa comune. Il suo sguardo era scocciato, parecchio.
«Vivi ancora qua?», chiese lei.
Non aveva voglia di alzarsi, non aveva voglia di recuperare i suoi soldi, voleva solo restare inchiodata al tavolo e sperare che i suoi problemi si risolvessero da soli.
Un sopracciglio biondo di Andrea si incrinò, prima che la fulminasse con i suoi occhi grigi.
«Libera il tavolo e non farmi perdere tempo.»
La sua tattica non aveva funzionato e si dovette alzare. Sbuffò mentre spostò tutti i soldi dal suo lato del tavolo, prima di iniziare ad inserirli di nuovo nel taccuino. Non avrebbe tentato nuovamente l'esercizio, era troppo preoccupata per portarlo a buon fine. Le serviva una soluzione, non perdere tempo, e, spicciolo dopo spicciolo, qualcosa andò a formarsi nella sua mente.
Alzò lo sguardo, colta da un'idea.
«A proposito di vivere qua, quanto ti costa?»
Andrea la fissò con perplessità, mentre sorseggiava il caffè.
«Gratis, altrimenti non gli vedresti tutti quei bei vestiti addosso.»
Un uomo era entrato nella stanza, un altro suo collega. Sopra i pantaloni indossava solo una canotta scura che lasciava vedere le cicatrici di una profonda bruciatura sul braccio destro, che proseguiva sino al volto, privo del naso.
Si avvicinò al bancone, afferrando la caffettiera, dopo aver lanciato uno sguardo perplesso all'uomo seduto davanti a lei, ancora immobile e impassibile.
Si sentì rincuorata, aveva una soluzione. Si sollevò e si mise seduta, pronta a fare ulteriori domande.
«Quindi chiedo al Vecchio Corvo e posso stare qua?», domandò all'uomo, mentre lui si versava il caffè in una tazza.
«Un'altra volta Viò, le camere per i dipendenti per adesso sono piene» le disse Andrea, mentre si arricciava una ciocca di capelli biondo pallido.
Lo sconforto la vinse di nuovo e si gettò nuovamente sul tavolo, desiderando fondersi con il legno: almeno in quel modo avrebbe avuto un luogo dove stare.
«Tutto bene? Pensavo che te avessi una casa», le chiese l'uomo, sedendosi al suo fianco.
Mugugnò, prima di sforzarsi di sollevare la testa.
«Caimano, come faceva a pagarla tutta? Tu la conoscevi meglio di me.»
Caimano la fissò confuso, grattandosi il lato buono del suo volto, dove si intravvedeva una leggera barba che stava crescendo. Bevve un sorso di caffè prima di risponderle.
«Beh, di certo non faceva solo la cacciatrice... »
Un secondo lavoro era una prospettiva ancora più nera. Non aveva qualità, lo sapeva, e dopo più di dieci anni lontana dalla Fossa era divenuta un'estranea. Non aveva agganci, non sapeva nemmeno quali lavori fossero buoni e al contempo decorosi. Poteva davvero dire che fosse diventata una cacciatrice di taglie per disperazione, per mettere in pratica tutte le lezioni imparate in Oriente.
«Scusa la domanda, ma...», le domandò Caimano, indicando con un cenno del capo l'uomo dalla pelle bronzea, ancora fermo a fissarli.
«È qua da prima, aspetterà qualcosa», gli rispose.
Lo guardarono per una manciata di secondi, ma lui non si scompose, anzi parve voler reggere i loro sguardi, quasi fosse una sfida.
«Va bene... comunque non ne so molto, era riservata sui suoi affari», continuò Caimano.
«Forse lo devi chiedere ad un'altra persona», disse Andrea, dopo aver bevuto un altro sorso di caffè, «Massi, hai un momento vero? »
Si sorprese di sentire quel nome, ma ancora di più di vedere entrare nella stanza un giovane di bassa statura, completamente vestito di nero, con due fodere appese alla schiena teneva due spade. Entrò svogliato in mensa, fissando scocciato Andrea con i suoi occhi azzurri.
Non lo vedeva spesso, era più un'ombra che una persona in carne ed ossa. Sapeva fosse un membro dei Corvi solo perché qualcuno ogni tanto lo nominava, altrimenti ogni volta che lo incrociava rischiava di scambiarlo per un cliente.
«Brutta giornata?»
«Se non vuoi che ti tagli la lingua Andrea, dimmi perché mi hai chiamato.»
Non volle parlare con lui, a costo di perdere la casa. Le incuteva timore, dall'atteggiamento poco amichevole, alla sua natura di etereo. Anche le armi avevano il loro peso, anzi forse pesavano più loro che tutto il resto.
«La nostra Viò vorrebbe tanto sapere come la tua amica mantenesse la sua casa prima di donargliela.»
Lo sguardo di ghiaccio di Massi si posò su di lei. Il taglio dei suoi occhi la mise ancora di più in soggezione, ricordandole alcuni soggetti poco raccomandabili che aveva incontrato nei suoi anni in Oriente.
«No... non è un problema, se disturbo. Cioè, se hai altro da fare, fallo, è un mio problema quindi...»
«Quando l'ha allargata, condivideva l'affitto.»
Disse le ultime parole quasi sputandole, caricandole di disprezzo. Non aggiunse altro e si allontanò, silenzioso come era arrivato.
Sentì che la tensione si sciolse dentro la stanza, tanto che Caimano sospirò. Persino l'uomo impassibile si era mosso, guardando Massi per i pochi istanti in cui era entrato in cucina.
«Però potevi evitare Andrea, lo sapevi anche te.»
«E perdere il divertimento di stuzzicarlo?», rispose Andrea, prima di afferrare un biscotto.
«L'hai fatto apposta?», chiese sconvolta.
«Anche se fosse, hai la tua risposta no?»
Restò a fissare i suoi occhi grigi per un bel po', cercando di capire quale parte del discorso contenesse la soluzione del suo problema. Forse era ancora troppo concentrata a pensare quanto fossero affilate le spade di Massi e quanto rapidamente potesse estrarle per farla a fette, se di malumore.
«Trova un coinquilino», le rispose Andrea, come se la riposta fosse ovvia.
Non disse nulla, attese che pian piano la realizzazione scendesse su di lei, divenendo un'illuminazione che sollevò il suo animo. Vi era speranza in fondo a quel tunnel buio.
STAI LEGGENDO
I Racconti della Fossa - I Corvi
Fantasía(SERIE DI RACCONTI) Nella Fossa vige una sola legge: sopravvivere, ad ogni costo. Staccarsi dal dominio di Vertigo ha fatto precipitare il quartiere nell'anarchia e solo i più scaltri sono riusciti a ritagliarsi il loro posto. L'ordine è dettato dai...