3. Rivalse del Passato

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I ricordi l'avevano distratta. Non avrebbe mai pensato di potersi soffermare a lungo su quel momento, su quel singolo istante di incoscienza giovanile che le era costato tutto. Eppure, per quanto il suo villaggio fosse stato il suo mondo, ora che era là non lo rimpiangeva. Se fosse rimasta, se non avesse deciso di aggredire quel maledetto ufficiale, con che vita si sarebbe ritrovata tra le mani?

Picchiò un dito sulla taglia a destra: non era una cifra eccessiva, ma le serviva qualcosa a basso rischio. Non cercava mai di esagerare, le serviva solo ottenere quanto le bastava per mantenere lei e sua figlia, e la sua scuola.

«Aschengeboren, ancora?» le chiese Gyza, china sul bancone d'ingresso.

«Direi che ci sono cattive acque tra di noi.»

«Più ne prendi più ti piace, eh? Però lasci il bestione a me» continuò la donna.

«Non devi pagare un matrimonio?»

Gyza sospirò e si passò la mano tra i capelli biondi, nel lato dove non erano rasati.

«Vabbé, mi paga i corfetti.»

Non era convinta, ma le altre taglie che erano astate presentate loro uscivano dai loro paletti: sembrava che i piccoli criminali scarseggiassero in quel periodo, come se si fossero fatti improvvisamente furbi.

«Margi, chi è?» domandò, picchettando sul foglio della taglia.

Dietro al bancone c'era una giovane, con i cappelli rossicci raccolti sul capo e un abito abbastanza comune, che forse la rendeva unica in mezzo ai particolari vestiari di tutti i cacciatori.

«Quella? Aspetta un secondo.»

Margi si abbassò e, dopo aver frugato nelle sue carte, prese un collettore, da cui estrasse una serie di fogli. Li lesse rapidamente, prima di darle la risposta.

«Spacciatrice, si è tenuta i soldi di un grosso carico. E purtroppo lavorava per un vassallo di Gierzack.»

Conosceva quel nome, le voci della Fossa lo definivano uno dei baroni più spietati. Non tollerava il minimo errore da parte dei suoi sottoposti e, pur di non indispettirlo, erano tutti pronti a risolverli il più rapidamente possibile sguinzagliando, oltre ai loro uomini, anche i cacciatori di taglie. Forse non era l'unica su quella pista, ma, trattandosi di una taglia di morte, era più facile vincere quella corsa: eliminare una persona era più rapido che portarla in Ufficio.

«Zona?»

«Non hanno detto dove vive, ma sappiamo che batteva il Tafanar.»

Sbuffò. Era la zona del terzo strato che meno preferiva. Ci aveva bazzicato un po', all'inizio, sperando di trovare la sua strada là sotto e sapeva anche dove trovare informazioni. Peccato che, oltre al luogo, conosceva anche le persone che lo frequentavano assiduamente. E quelle non aveva proprio voglia di vederle.

***

Il Tafanar più che un quartiere era una zona di innovazioni e di idee, un cumulo di case e carne umana che si stipava in delle strette vie chiuse e pericolanti, dando vita al quartiere più vivace dei bassifondi. Molti degli edifici erano attività commerciali di varia natura, talvolta anche sperimentale, come i barbiere e acconciatori di zlatorog. Non era raro, infatti, vedere queste piccole creature caprine lucidarsi le corna e tagliare il loro pelo, talvolta in modi anche bizzarri.

Un'attività, però, non aveva certezza di durare e, non appena chiudeva i battenti, chiunque cercava di appropriarsene per tentare la fortuna. Era un paesaggio in continua evoluzione, comprese le baracche che sorgevano sopra ai negozi, rapidi rifugi per la notte e pure magazzini, quando il negozio era fin troppo pieno per adempire ad entrambi i compiti. Quando tutto il terzo strato era in realtà un groviglio di case, che era riuscito a deviare le vecchie strade circolari, rendendole una spianata verticale e buia, il Tafanar aggiungeva pure dettagli in altezza, instabili e fragili come le baracche delle discariche.

I Racconti della Fossa - I CorviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora