2. L'inizio dei giochi

0 0 0
                                    


Il sapore del liquido gli bruciò la gola, ma almeno lo distrasse parzialmente dalla sua situazione. L'incarico non era facile, siccome non doveva fallire. Tutti cercavano sempre di evitare le taglie emanate dai baroni e lui per disperazione si era ritrovato ad accettare, sperando come un idiota che sarebbe stato un lavoro liscio.

Bevve un altro sorso e rischiò di sputare quella grappa acerba, puro alcool mal distillato. Si ricordò per un istante dell'ottimo sapore del vino che gli aveva offerto Macula, un miraggio in confronto a quel distillato che gli corrodeva il fegato e gli annebbiava la mente. Un miraggio era stato anche l'arredamento in confronto alle mura mal rattoppate di quel locale, macchiate negli angoli dalla muffa. Il mobilio era in parte in legno e in parte realizzato con i materiali di scarto delle discariche, marchi e bucati dai parassiti. Non c'era nemmeno una finestra, era uno dei tanti buchi incavati nella roccia, motivo per cui si potevano vedere le macchie di umidità sul soffitto, segno dell'acqua che filtrava attraverso la pietra.

Quella però era la sua quotidianità, un locale dei bassifondi dove beveva pessimo alcool da solo. E a proposito di solitudine, si sentiva ancora un idiota per aver rifiutato la giovane dai capelli turchesi.

Era un'occasione che non gli sarebbe mai ricapitata, le cortigiane erano creature accessibili solo alle persone più ricche e, con la sua paga e con un accurato lavoro di risparmio, forse poteva permettersi una casa di tolleranza della Ciacola.

Aveva avuto il paradiso a portata di mano e l'aveva rifiutato per dei stupidi sensi di colpa. Almeno aveva delle armi serie e non doveva basarsi sul suo dono instabile: se non avesse funzionato, aveva con sé delle mine e un lanciafiamme, pure di ottima fattura. Era stato difficile non notare il nome del fabbricante, un marchio di qualità che rendeva spazzatura la pistola che lui si era comprato alla Ruga per un prezzo irrisorio.

Bevve l'ultimo sorso, cercando di dimenticare la sua miseria, fantasticando ancora sulla giovane dai capelli turchesi, quando alle sue orecchie giunse una voce familiare. Cancellò tutti i suoi sconci pensieri, vergognandosi come un bambino che veniva scoperto durante una marachella, e si voltò: in fondo al locale, nell'angolo destro, c'era un gruppetto di persone. Stavano discutendo sommessamente e, tra di loro, vi era pure la ragazza dai capelli gialli.

Il suo cuore perse un battito per la sorpresa, ma ben presto il senso di colpa si fece sentire nuovamente, serrandogli lo stomaco. Voleva scusarsi, ma lo riteneva stupido, dopotutto non aveva fatto nulla e lei non gli aveva mai prestato molte attenzioni.

Eppure, ora che ci pensava, proprio grazie alla giovane dai capelli turchesi poteva avere un argomento di discussione. Era banale, lo sapeva, ma poteva sempre essere un inizio, quello che non era mai riuscito ad ottenere in quegli anni.

Si convinse che trovarla là, in quel locale che aveva scelto a caso, doveva essere un segno, qualche divinità gli aveva dato la possibilità di rimediare alla sua colpa.

Si alzò, facendosi coraggio, e si guardò attorno. Non vedendo la sorella che gli aveva cavato un dente, prese un grosso respiro e si avvicinò al tavolo. Provò varie volte nella sua mente una frase di approccio, vagliò molti modi carini per approcciare un discorso, alcuni dei quali gli parvero pure accattivanti ma, giunto alla tavolata, si trovò ad alzare un braccio e a restare in silenzio.

Il gruppetto non era molto invitante, sembravano una banda di basso rango, tutti armati e senza eccessive meccanizzazioni. Avevano unito tre tavolate per aprire un largo pezzo di carta ingiallito, sul quale stavano continuamente scrivendo e cancellando appunti, forse il motivo della discussione. Erano tanti e, se lui avesse irritato la ragazza dai capelli gialli, avrebbe avuto altri problemi rispetto ad una sorella indisposta.

I Racconti della Fossa - I CorviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora