3. Vecchie Conoscenze

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Il sole gli dava fastidio, così diretto ed intenso, riflesso dai bianchi edifici di pietra calcarea. Lo allontanavano da sé, per spingerlo addosso alle persone, non volendosi beare di quel miracolo. E le stesse persone, in particolar modo le più agiate, rifiutavano i suoi raggi, scacciandoli con i parasole. Non avevano idea di quanto fosse bello sentire del calore genuino sul proprio corpo, non la cappa creata dai comignoli degli alchimisti. Erano davvero dei viziati schizzinosi.

Si sorprese dei suoi stessi pensieri: qualche anno prima non avrebbe mai osato criticare i suoi concittadini. Qualche anno prima, però, aveva appena iniziato a scavare tra le nefandezze dei gentili, aveva avuto ancora qualche speranza per la sua città.

Ora, invece, intenti diversi l'avevano portata a quel appuntamento.

La commissione non gli piaceva, soprattutto su appuntamento. Solo Macula le chiedeva ed era forse il più eccentrico tra i baroni. E, siccome la taglia proveniva da un gentile, doveva preoccuparsi.

Era raro che chiedessero ai cacciatori di disporre dei loro problemi e temeva che la taglia fosse una copertura. E se mai avesse avuto ragione, doveva agire senza esitazione.

Prese un respiro e calmò i suoi nervi: l'agitazione non l'avrebbe aiutato.

L'appuntamento era davanti a uno dei tanti rinomati caffè del Centro, uno che si ricordava dalla sua infanzia. Non ci aveva mai messo piede, la sua famiglia non era mai stata così agiata, ma spesso sua madre glielo aveva indicato. Gli aveva sempre ripetuto che un giorno vi sarebbe entrato, perché era quello che spettava a chi si impegnava e studiava. Una delle sue tante previsioni erronee sul loro roseo futuro.

L'esterno era semplice, candido come molti degli edifici che lo circondavano, con un piccolo timpano sostenuto da delle semi-colonne ioniche. Il nome del locale era inciso a caratteri dorati su di un insegna, oro che si poteva intravvedere anche nelle decorazioni geometriche che ricoprivano i frontoni. Non aveva tavoli all'esterno, un fatto raro per Vertigo, quasi volesse sottolineare la sua esclusività, nascondendo i suoi clienti dagli occhi dei passanti.

E a proposito di passanti, vide un uomo che si stava avvicinando, tenendo lo sguardo fisso su di lui.

Lo analizzò con cura: era di media statura, all'apparenza privo di qualsiasi muscolatura, sicuro sui suoi passi. Era elegantemente vestito con una giacca azzurra abbellita da parecchi motivi geometrici, tra cui alcuni che ricordavano delle onde. Indossava con cappello di feltro, con una piuma azzurra ed una bianca ad abbellirlo, un dettaglio che lo inquadrava come un cliente.

Era il suo uomo e i suoi lineamenti lo colpirlo: erano familiari, se toglieva quella sporadica barba e accorciava i capelli castani e ondulati, poteva intravvedere un volto conosciuto. Gli mancava un dettaglio per completare il quadro, ma non sapeva cosa.

Il cliente lo raggiunse e gli esibì un sorriso radioso.

«Massi, quanto tempo!» gli disse una volta raggiunto, allargando leggermente le braccia.

«Ci conosciamo, signore?» chiese all'uomo, cercando di capire chi potesse essere.

«Ammetto che dall'ultima volta che ci siamo visti ho cambiato leggermente corporatura, ma credevo che dei vecchi amici di cortile non ci si dimenticasse mai.»

Un barlume si accese nella sua mente.

«Simone Stroppola?» chiese, riconoscendo il bambino grassottello con cui aveva passato lunghi pomeriggi a giocare.

Non sapeva come interpretare la sua presenza. Era lui il mandante? Se sì, per quale motivo proprio un suo amico d'infanzia? Cosa stavano davvero tramando gli Aureli? Ma, prima di ogni altra cosa, come aveva fatto Simone Stroppola a diventare un cliente degli Aureli?

I Racconti della Fossa - I CorviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora