4. Cauti passi

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Era stanco, forse addirittura esausto, ma non era pronto a cedere. Cercava di tenere ben saldo il bastone di legno davanti a sé, per quanto le sue braccia tremassero per la fatica. Non doveva arrendersi, solo i deboli non combattere sino alla fine.

Prese dei rapidi respiri, osservando il suo maestro. Era impassibile, affatto provato dall'allenamento a cui l'aveva sottoposto. Eppure l'aveva visto muoversi, aveva scartato i suoi colpi e l'aveva attaccato. Non poteva essere lui l'inetto da stancarsi per nulla, non dopo tutto il suo impegno.

L'uomo si mosse e con incredibile agilità menò un fendente.

Riuscì a pararlo, per poi spostarsi a destra. Le gambe non ressero e si trovò a terra, ma portò il bastone davanti a sé.

Il suo maestro vibrò un forte colpo sul legno, tanto che dovette mollare la presa, restando a fissarlo mentre cadeva sul pavimento e rotolava via. Aveva fallito, ancora. Era da mesi che si allenava e non gli sembrava di aver ottenuto alcun risultato. Era in stallo e aveva persino iniziato a dubitare di tutto ciò che gli aveva insegnato suo padre.

«Tu e spada non andate bene», disse il suo maestro, picchiando con il bastone il legno a terra.

Lui, invece, era decisamente migliorato con la lingua. Riuscivano finalmente a capirsi e lui non doveva più gesticolare come un demente.

«Posso migliorare, se adesso riprendiamo...»

«No, con corpo basta, ora alleniamo mente.»

Rischiò di accasciarsi a terra, sapendo cosa l'attendeva: lezioni di filosofia e di pensiero dei più grandi saggi di Tingbado e dell'Oriente.

«Preferirei continuare...»

Era un commento ironico, detto per lo sfinimento, ma il suo maestro batté duramente il bastone a terra, a pochi millimetri dal suo volto.

Sussultò e si mise subito seduto, puntando gli occhi sulla sua figura.

« Un guerriero laokou non pensa solo a corpo. Senza mente, non può essere guerriero. Solo con pensiero diventa meglio. Ricorda.»

Aveva sentito quelle parole alla nausea, il suo maestro non smetteva mai di ripetergliele. Lui aveva dimostrato tutta la sua buona volontà, si era sempre impegnato, eppure quell'uomo continuava a trattarlo come un allievo disobbediente. Con il tempo si era convinto che fosse il suo retaggio, doveva aver avuto qualche incrinatura con la scuola di pensiero di suo padre o non si spiegava un pugno così duro.

Chinò il capo in segno di assenso, come ogni volta, e raccolse il bastone, prima di rimettersi in piedi. Le gambe vacillarono, ma restò alzato, vincendo la stanchezza.

Prese un grande respiro e seguì il suo maestro, depositando il bastone in una piccola cesta.

Si trovavano in una palestra improvvisata, costruita in una casa occupata a suon di fucilate dal suo attuale proprietario. Non che avesse dovuto lottare con molta gente, data la pessima condizione delle pareti e delle assi di legno, ma molti dei barboni e dei sgrafadori si accontentavano di avere un riparo qualsiasi.

Aveva dato alle persone un posto dove allenarsi, senza dover passare per le lotte clandestine. In molti volevano imparare a difendersi e lui aveva dato loro una possibilità, soprattutto ai più deboli ed indifesi. Alcune lezioni le teneva lui, per altre aveva raccattato dei volontari di buon cuore, in quanto la paga si basava sulle offerte degli allievi.

I Racconti della Fossa - I CorviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora