"Che ne dici di aspettare l'alba in spiagggia insieme?"
Mi chiese la sua voce.
Ero a bordo piscina.
Con le gambe a mollo.
Ormai da una buona mezz'ora.
Era notte fonda.
Erano già tutti andati a dormire.
O forse no, visto che lui mi aveva appena fatto una domanda alla quale non potevo fare altro che rispondere di si.
Saranno state forse le 3.00.
O le 4.00.
Non importava.
Sentivo la testa scoppiarmi e non potevo farci niente.
Succedeva ogni volta che piangevo tanto.
Ed in effetti era stato proprio così.
Scoprire che Susannah non avesse quasi alcuna possibilità per sconfiggere il cancro mi devastò.
Solo all'idea...
Non volevo e non potevo neanche pensarci.
Mi dicevo che ero una stupida perché mentre io pensavo a divertirmi, a svagarmi, quest'estate, Susannah stava male.
Mi domandavo come avesse fatto mia madre a sopportare l'idea che la sua migliore amica da sempre molto probabilmente se ne sarebbe andata presto.
Mi domandavo come sarebbero state le nostre vite senza di lei.
E ogni volta che lo facevo ricominciavo a piangere.
Perché non potevo fare altro.
Mi domandavo con quale forza Conrad sia riuscito a sopportare tutto questo senza che nessuno lo sapesse.
Lui era in piedi.
Dietro di me.
Aveva ancora un pò gli occhi rossi dal pianto.
E lo potevo vedere anche dalla distanza a cui ero da lui.
Volevo che si confidasse con me.
Così sotto ai suoi occhi mi alzai da lì.
Levai l'eccesso di acqua che c'era sulle mie gambe con le mani, per quanto mi era possibile, e lo raggiunsi.
Con la consapevolezza che molte cose adesso erano diverse.
Molte cose adesso avevano una spiegazione.
Ed io mi sentivo una completa idiota a non averlo capito prima.
Mi avvicinai a lui velocemente e lo abbracciai.
Fortissimo.
E lui fece altrettanto dopo qualche secondo.
In quel momento ne aveva bisogno.
Durò un minuto.
Dopo ci staccammo.
Io lo guardai diretto negli occhi.
Gli presi la mano.
E mi diressi verso la spiaggia.
Dove lui mi aveva appena chiesto di andare.
Io non risposi.
Non dissi nulla.
Ma aveva capito che era un si.
Lui mi seguiva senza dire niente.
E io non ero da meno.
Non c'era nulla da dire in quel momento.
Erano tanti i momenti in cui soltanto quest'estate mi era stato vicino e mi aveva aiutato.
Adesso era il mio turno.
Perché lui era Conrad e io non avrei più permesso di stare neanche un giorno in più da solo.
Arrivammo in spiaggia.
Non avevamo teli.
Né altro.
Lui era ancora in smoking.
Non aveva avuto un secondo libero per levarselo.
Io invece mi ero cambiata.
Mi ero messa un paio di pantaloncini e una felpa che mi faceva da vestito.
Era quella che mi aveva regalato Steven al mio compleanno.
Con la scritta Princeton.
Ci sedemmo vicini sulla sabbia.
Ma la posizione durò poco.
Non ci volle molto affinché ci sdraiammo completamente.
Osservavamo il cielo.
E quelle piccole nuvole che iniziavano a intravedersi per i primi chiarori del cielo del mattino.
Solo il rumore delle onde occupava le nostre orecchie.
Era come se trascinassero via i nostri problemi.
In modo leggero.
Senza che ce ne rendessimo conto.
Entrambi facevamo dei respiri profondi.
Avevamo bisogno di rilassarci
"Julie"
Aprii lui bocca dopo una buona mezz'ora di silenzio assoluto.
Così passai il mio sguardo da quelle nuvole meravigliose ai suoi occhi meravigliosi.
Scoprendo che lui mi stava già guardando da chissà quanto.
Lo guardai come per dirgli di continuare.
E lui dopo qualche secondo lo fece
"Scusa se per tutta quest'estate ho fatto lo stronzo"
Mi disse.
E avrei tanto avuto voglia di menarlo.
Stava scherzando, spero
"Hai dovuto sopportare tutto questo da solo. Io non so cosa avrei fatto al tuo posto. Anzi, dispiace a me per non averlo capito e non esserti stata vicina"
Dissi, riportando lo sguardo in alto.
Esprimendogli quello che era il mio più grande rimorso
"Come potevi saperlo, non è colpa tua"
Mi disse lui, in tono rassicuratorio.
Cosa che mi fece rigettare lo sguardo su di lui.
Ad osservare incantata il suo viso angelico.
L'occhio mi cadde poi su quella leggera macchietta violacea che aveva sullo zigomo sinistro
"Ti verrà un bel livido qui, eh"
Gli dissi.
Alzandomi leggermente da quella posizione, sorreggendomi su un gomito e allungando l'altro braccio per sfioragli quella parte di pelle in modo delicato così che non potesse fargli male.
Lui chiuse gli occhi al mio tocco.
Cosa che mi fece sorridere.
Sembrava un bambino in quel momento.
Che si bea delle carezze di sua mamma
"Lo so, ma me lo merito"
Disse poi lui.
Lasciando diversi secondi di silenzio.
Io sapevo a cosa si stesse riferendo
"Non è vero. Sei consapevole del fatto che l'hai soltanto protetto?"
Allusi a Jere.
Stava parlando di lui.
Me ne dispiaceva così tanto.
Ci mancava soltanto che se ne facesse una colpa
"Si, ma avrei dovuto dirglielo comunque"
Affermò come per convincermi definitivamente, anche se non c'era modo
"Secondo me hai fatto bene, invece. Godersi quest'estate e non pensarci è stata la cosa migliore per lui, fidati"
Gli dissi, cercando invece io di convincerlo definitivamente.
Non rispose.
Si limitò riportare il suo sguardo verso l'alto
"Mi avrebbe fatto piacere se lo avessi detto a me, però"
Gli dissi, riprendendo immediatamente la parola.
Lui fece un bel respiro e poi, riguardandomi, mi disse
"Volevo farlo... Davvero... Ci ho anche provato qualche volta, ma poi mi hai parlato di... Shawn e ho cambiato idea. Avevi già troppe cose a cui pensare e non volevo appesantirti ancora di più"
Si sentiva che era sincero.
Non stava forzando nulla.
E questo significava che si sentiva a suo agio con me.
E io ne ero felice
"Si, ma quello non sarà neanche 1/10 di quello che avrai provato tu"
Gli dissi e ne ero davvero convinta.
La cosa di Shawn in confronto non era proprio niente.
Lui mi guardò come se ne fosse dispiaciuto.
Riportò di nuovo lo sguardo verso l'alto.
Io lo imitai.
Nonostante tutto, però, capivo perché avesse agito in quel modo.
Io non avrei fatto da meno.
Pensare ai suoi comportamenti in questi mesi, mi faceva sentire un pò in colpa.
Quante gliene dicevo ogni volta che rispondeva a tono a frasi del tutto normali.
Quanto avrei voluto saperlo prima per non proferire parola e correre ad abbracciarlo.
Perché era ciò di cui aveva bisogno.
Non parole confortanti che non avrebbero fatto altro che farlo sentire peggio.
Ma un abbraccio
"Mi avrebbe alleggerito un pò parlarne in effetti"
Disse dopo qualche secondo, come se ci avesse pensato per tutto quel tempo.
Ammettendolo più a se stesso che a me.
Anche se lo stava dicendo ad alta voce
"Soprattutto con te, ma non potevo"
Continuò subito dopo.
Al che io lo guardai comprensiva.
Accennai leggero sorriso
"Scusami"
Disse immediatamente.
Io sorrisi per la dolcezza delle sue parole
"Non devi scusarti di nulla, scherzi?"
Sbottai subito, ma non in modo alterato.
Ma con la stessa sua calma
"Anzi, forse solo di non avermi permesso di starti accanto in un momento così difficile"
Aggiunsi dopo averci pensato meglio, facendolo sorridere leggermente
"Mi dispiace tanto, davvero. So che a me ci tieni e ti ringrazio per questo"
Mi disse guardandomi fisso negli occhi.
Io deglutii rumorosamente.
E forse fu il fatto che iniziai a leccarmi le labbra, dopo che lui iniziò ad alternare il suo sguardo da queste ai miei occhi che mi tradii.
Io avevo chiaro cosa provassi per lui.
E anche cosa lui provasse per me.
Non ero cieca.
Lo vedevo.
Però sapere che in questo momento era così debole, poteva significare qualsiasi cosa il suo comportamento verso di me.
Come potevo sapere se magari era qualcosa che stava cercando di fare per distrarsi?
Non lo potevo sapere.
E forse era proprio per questo che in quel momento ci pensai due volte prima di assaltare il suo viso di baci.
Perché qualche ora prima, mentre ballavamo.
Io non avevo più dubbi.
Sapevo cosa volevo fare e cosa avrei fatto quella sera.
Questo, però, cambiava tutto.
Adesso sapevo che tante cose, in condizioni normali, se le sarebbe risparmiate.
E sapevo, invece, che tante altre le aveva fatte per distrarsi dal quel macigno che aveva nello stomaco perennemente da quando aveva scoperto la verità su sua madre.
E quindi, cosa mi poteva far pensare che quel che lui mi aveva dimostrato di provare per me non era un altro modo che "usava" per evadere dalla realtà?
E non fraintendetemi.
Questa non era una cosa brutta.
Anzi.
Era davvero da persone forti saper trovare, anche se in un modo particolare, come nel suo caso, un modo per distrarsi.
Lo avrei compreso.
Ma io non avevo il coraggio adesso di fare il primo passo e di buttarmi.
Non ne ero sicura.
Dopo la storia di Shawn mi promisi di essere me stessa sempre e di non forzare nulla, ma soprattutto di prendermi le mie responsabilità, facendo delle scelte di cui avrei sempre dovuto essere sicura.
Conrad era fondamentale per me.
Io ero innamorata di lui.
Per davvero.
Ma non ero sicura di ciò che realmente provasse per me.
Ed io non avevo il coraggio di chiederglielo.
Sono confusionaria, lo so.
Non ci avrete capito niente sicuramente.
E sarò passata per una stronza insensibile.
Ma mettetevi un secondo nei miei panni.
Voi cosa avreste fatto al posto mio?
Fu per questo che, per quanto il mio cuore non volesse, interruppi quel gioco che stavamo facendo.
Ormai i nostri volti erano molto vicini e io avevo fatto davvero tanta difficoltà a resistergli.
Mi ripetei nuovamente questa cosa.
Che se volevo stare con lui ne dovevo essere certa.
Dovevo avere la convinzione di ciò che provava per me davvero.
Stare nuovamente male per amore mi avrebbe distrutta definitivamente.
E inevitabilmente ci saremmo persi.
E questa era l'ultima cosa che volevo.
Quindi, ne dovevo essere più sicura che mai.
Così, stravaccandomi nuovamente sulla sabbia, cambiai argomento nell'immediato.
Si.
Mi stavo dimostrando una codarda.
Ancora
"Devo ancora sentire Mike. Non gli ho ancora chiesto come sta con la caviglia"
Dissi, pensando al mio migliore amico.
Che, in effetti, tra una cosa e un'altra ancora non ero riuscita a sentire.
Chissà in che condizioni era la sua caviglia.
Sapevo di per certo che, però, se avessi assistito alla scena, non mi sarei trattenuta dal ridere.
Beh.
Almeno spero che chiunque l'abbia soccorso sia stato un bel ragazzo muscoloso come piace a lui, dai
"In realtà c'è qualcosa che dovresti sapere"
Disse Conrad, sogghignando leggermente.
Al che io lo guardai confusa.
Perché stava ridendo per la caviglia slogata del mio migliore amico?
"Del tipo?"
Gli chiesi subito.
Senza pensarci due volte
"La sua caviglia sta benissimo"
Disse, stavolta ridendo davvero per la mia espressione, che in quel momento si fece ancora più confusa.
Non connettevo nulla.
Se stava bene, perché allora non aveva ballato con me?
"Non capisco, allora, perché avrebbe dovuto..."
Gli espressi i miei dubbi in tono completamente confuso, ma prima che riuscissi a finire la frase lui mi interruppe, dicendo le uniche parole che in quel momento da lui mi sarei aspettata
"Perché gliel'ho chiesto io"
Venne spontaneo guardarlo
"E perché?"
Gli chiesi, cadendo dal pero.
Lui si ricompose e tornò serio.
Anche se non so come faceva visto che sicuramente la mia faccia era esilarante
"Perché volevo essere io"
Mi disse senza mai staccare lo sguardo.
Mi ci volle qualche secondo per metabolizzare queste parole.
Deglutii e sbattei le palpebre velocemente quando lo feci.
Continuando, però, sempre a guardarlo.
Era così puro.
Ma era così fragile in quel momento
"Emh... Forse dovremmo rientrare"
Dissi io, a mio malincuore, staccando lo sguardo dal suo e provando lentamente ad alzarmi
"E perché?"
Mi chiese lui quando ormai ero quasi riuscita a sollevarmi dal suolo, ma mi bloccai.
Guardai un attimo la sabbia.
Indecisa sul da farsi.
Ma dentro di me pensai: "Perché non dovevo essere sincera con lui?"
Ero consapevole del fatto che anche lui ci sarebbe stato male dopo se avessi evitato l'argomento senza chiarirci.
Quindi, perché non dirgli quello che pensavo?
"Conrad in questo momento sei fragile, tu hai davvero... Bisogno di qualcuno e io non voglio approfittarmene"
Dissi io lentamente, cercando di scandire bene le parole e di trovare quelle giuste.
Lui non aveva staccato da me lo sguardo neanche un secondo.
Non esitò neanche un instante a dirmi
"Non ho bisogno di qualcuno. Io ho bisogno di te"
In un modo che non poteva altro essere che sincero
"Ecco... È proprio questo. Tu non devi aver bisogno di me. Tu devi volermi"
Dissi, finalmente chiarendo gli quali fossero i miei dubbi a riguardo.
Continuava a guardarmi.
E mi infondeva una sicurezza che mai nessuno mi aveva mai fatto provare.
Con tutta la calma e la fermezza del mondo, deglutii e mi disse con tono altamente sicuro
"Io ti voglio"
E sapete cosa c'è?
In quel momento qualcosa si risvegliò dentro di me.
In quel momento non ero mai stata più sicura di qualcosa.
Al diavolo le promesse che mi ero fatta.
Al diavolo rispettare gli schemi e le mie convinzioni.
Al diavolo il mio seguire tutto con la testa.
Il mio cuore diceva: "si".
E quindi, in quel momento, lo feci anche io.
Non aspettai neanche un secondo di più.
Non ne avevo bisogno.
Tutto era chiaro davanti a me.
E quando mi catapultai sulle sue labbra, fu lì che mi sentii davvero su un altro universo.
Era quello il mio posto.
Io volevo stare con lui.
E lui con me.
Io ne ero sicura.
Me lo aveva detto.
A parole, ma soprattutto con gli occhi.
Desideravo che non smettesse mai.
Ci staccammo dopo qualche secondo.
Giusto per controllare come stesse l'altro.
E scoppiammo a ridere.
Finalmente.
Quanto avevamo sudato per un semplice, ma che in realtà non lo era per niente, bacio.
La nostra risata era pura felicità, mista ad un poco di spontaneità.
Era così bella quella sensazione di leggerezza.
Non dicemmo nulla.
Ci limitammo a far toccare le nostre fronti prima che mi prendesse il viso tra le mani, di fare dei sorrisi sinceri e di baciarceli a vicenda.
Ed era già come sentirmi a casa.
Ci baciammo un'altra volta.
E poi un'altra.
E poi un'altra ancora.
Poi ci interrompemmo per un attimo.
Lui mi accarezzava le guance e mi guardava in quel modo che mi faceva tanto impazzire.
Adesso, però, lo potevo dire.
Guardami così per tutta la vita, Conrad
"Forse hai sempre avuto ragione, la cotta non è mai passata"
Gli confessai io, nascondendomi dietro a quel 'forse' che era più falso del sorriso forzato che fai quando ti dicono di sorridere per una foto
"Lo sapevo"
Disse sorridendo in aria fiera
"Hey, non tirartela adesso, Connie"
Dissi io, dandogli un leggero pugno sulla spalla.
Lui se la toccò e fece una smorfia.
Fingendo che gli facesse male.
Amavo proprio questo di noi.
Potevano succedere un milione di cose.
Belle, brutte, ma noi...
Noi rimanevamo sempre noi.
Ed io non ne potevo essere più felice
"Come potrei non tirarmela, Giulietta?"
Disse indicandomi e continuando a guardarmi sempre in quel modo che mi faceva sciogliere.
Stava scherzando, ma mi fece comunque arrossire.
Lo vidi sorridere non appena se ne accorse e accarezzò subito dopo i rossori.
Io abbassai la testa.
E lui prontamente la rialzò con l'indice dal mento.
Mi diede un leggero bacio sulla fronte.
Mi permisi di prendermi qualche secondo ad osservare il suo viso.
Le sue labbra.
Che ormai erano mie.
Il suo naso che tanto mi piaceva.
I suoi occhi.
I suoi occhi color blu oceano.
Stavolta avevo l'occasione di osservarli da terribilmente vicino.
E dentro di me speravo che quella sarebbe stata la prima di infinite possibilità.
E fu proprio in quel momento che me ne accorsi
"Finalmente"
Dissi spontaneamente.
Sorridendo di cuore
"Cosa?"
Mi chiese con aria confusa, ma comunque sorridendo visto che lo stavo facendo anche io, evidentemente
"La vedo"
Dissi io sorridendo ancora di più, non facendogli ancora capire nulla e confondendolo ancora di più
"Che vedi?"
Mi chiese divertito, insistendo, curioso
"La scintilla, nei tuoi occhi"
Gli dissi, quasi in tono ovvio.
Quella scintilla.
Si.
Era proprio lì
"Hanno una scintilla?"
Chiese lui ridendo, ma come se fosse interessato veramente a sapere di cosa stessi parlando
"Era da un pò che i tuoi occhi non brillavano. Era da un pò che non la vedevo. Ma adesso è lì. La vedo"
Gli dissi io contenta.
Davvero contenta.
Felice come una bambina il giorno di Natale.
Lui sorrise guardandomi e mi toccò il naso con l'indice prima di dirmi
"Brilla di nuovo grazie a te"Qui a Cousins ogni volta è una scoperta per me.
Ogni estate questo posto mi lascia ricordi indimenticabili.
Indelebili.
Ed ogni volta che ne finisce una, so di per certo che l'anno successivo tornerò sempre qui.
Dove il cuore batte un pò di più...Spazio autrice
Ed eccoci qui.
Arrivati alla fine di questo bellissimo "percorso", anche se non piace tantissimo definirlo così.
Non mi dilungo qui perché farò un capitolo a parte in cui vi dirò un pò di cose.
Che vi invito di leggere anche se non è parte della storia perché dico alcune cose importanti, anche riguardo alla storia.
Però vi voglio già dire grazie.
Davvero di cuore.
Ad ogni lettore.
Davvero.
Per me significa tanto.
E come sempre, lasciate un commento e una stellina💓Ps. Se non avete inteso la citazione finale, riprendete il primo capitolo e lo capirete immediatamente
Xoxo
G💕
STAI LEGGENDO
Dove il cuore batte un pò di più, Conrad Fisher
FanfictionConrad Fisher e Juliette Conklin Juliette, una semplice ragazza di 17 anni, ogni estate da quando è nata la passa dai Fisher, la sua seconda famiglia. Ogni anno Cousins le riservava qualcosa di nuovo. Ma chissà se quest'anno quel "qualcosa" non sarà...