DANTEIl peggiore in assoluto tra le persone fottutamente complicate, sono sempre stato io. In un certo senso mi sono abituato all'idea di essere stato programmato in un altro modo rispetto alla gente "normale".
Non sono nato da un matrimonio, solo da un errore di una notte e da allora non ho fatto altro che pagarne ogni conseguenza, fino ad adattarmi.
Sono nato dalla parte sbagliata, certo, nonostante ciò sono stato scolpito in modo tale che niente possa scalfirmi.
Mai. Mai ho ceduto alla tentazione. Mai mi sono sentito sul punto di lasciarmi andare di fronte a due occhi che hanno l'incredibile potere di arpionarti e di trascinarti così a fondo da non poterne più uscire. Mai mi sono sentito a disagio sotto lo sguardo di qualcuno. Evidentemente c'è sempre una prima volta per tutti, anche per uno impassibile come me.
Prima, mente mi godevo il pranzo, non sono riuscito a smettere. Continuavo a seguire ogni suo movimento; l'ho osservata quasi come un maniaco. Ma, mano a mano che tentavo di tenermi dietro la mia barriera, lei è riuscita a crearci delle crepe. L'ha fatto con risposte semplici e quell'aria da ragazza perfetta che nasconde un lato oscuro.
Cinque minuti diventano ben presto molti di più sotto il getto freddo del soffione. Insufficienti per calmare il bollore che sento ormai da diversi giorni all'interno.
Fuori dalla doccia, di pessimo umore, indosso una maglietta di cotone bianca a maniche corte, jeans neri aderenti e scarpe sportive. Il massimo della comodità, vista la stagione calda.
Scendo al piano di sotto mentre provo a mettere in ordine i capelli che stanno ricrescendo esponenzialmente sul davanti. Ho anche voglia di una sigaretta, ma ho capito che dovrò tenere a freno questo vizio se non voglio avere problemi respiratori nei prossimi giorni in cui mi toccherà assolvere ai miei compiti.
Nell'ampia stanza c'è un divano a L davanti a un tavolino basso da caffè sul quale è adagiato un vaso di vetro pieno di fiori che profumano l'ambiente in maniera invadente. L'enorme televisore a schermo piatto, un capriccio mio e di mio fratello, copre la parete di fronte, circondato da una console in stile moderno formata da cubi sovrapposti, piena di trofei, dischi in vinile e qualche quadro con le nostre foto.
Avevo chiesto a Joleen di non mettere da nessuna parte quella roba, ma essendo testarda e dispettosa per natura, dovevo aspettarmi che non mi avrebbe mai ascoltato.
Dietro il divano, a qualche metro, il tavolo di vetro sul quale abbiamo pranzato, con le sedie in pelle bianca. Solo pochi passi e c'è la cucina, arredata con armadietti neri ed elettrodomestici di ultima generazione abbinati, molti dei quali color acciaio; infine un bancone in marmo.
Nell'aria c'è odore di spray alla lavanda e di prodotto chimico al limone.
Mi avvicino al frigo per prendere una bottiglietta d'acqua e fermo il mio gesto.
Eden mi dà le spalle. Sembra impegnata a pulire a fondo e con tale foga il ripiano da non accorgersi del mio arrivo.
La vista mi suscita una risatina silenziosa. «Sei consapevole che su quella superficie puoi farci un'operazione a cuore aperto?», le domando, interrompendo qualsiasi momento tragico stia avendo con se stessa. È evidente che sia turbata per qualcosa.
Si volta di scatto, la spugna strizzata tra le mani coperte da guanti con delle ananas disegnate sullo sfondo verde acqua del lattice, l'espressione attonita. «Eh?»
«Stai pulendo quel ripiano da un bel pezzo, presumo. Dubito sia rimasto un misero batterio pronto a farci fuori».
Fa defluire l'acqua dal lavandino e asciuga la superficie con altrettanta energia. «Era sporco», ribatte monocorde, dandomi di nuovo le spalle come se la mia presenza fosse di troppo.
Non si era ancora comportata in questo modo.
«Non direi. Che ti succede?»
«Non so di cosa tu stia parlando ma... io e il piccolo germe qui abbiamo un conto in sospeso», prova a rimettersi a pulire, stavolta con uno strofinaccio.
«Ah no? Non lo sai? Parlo del fatto che sei passata da: "lavo solo i piatti e metto in ordine la cucina" a "divento una maniaca delle pulizie" in due minuti. Cosa ti ha fatto arrabbiare così tanto da avere bisogno di eliminare ogni traccia di sporco, anche quella inesistente?»
Non nasconde la sorpresa ed è in combutta. Comprendo la ragione. Al posto suo neanche io parlerei con una persona tanto scontrosa e scostante o che si è dimostrata poco conciliante e amichevole.
«Niente», si limita a rispondere, riponendo in una piccola scatola i prodotti appena usati per impilarla sotto il lavandino. Toglie i guanti e con una smorfia muove le dita coperte da uno strato bianco.
«Niente, ha un nome?»
Morde il labbro carnoso e sulla guancia le si forma una fossetta. «No», ribatte recandosi verso il bagno.
Dovrei lasciar perdere. Eppure non ci riesco. La tallono e aspetto che abbia lavato le mani e sia uscita in corridoio per attaccare come un avvoltoio. «Be', non mi dici che succede?»
Nasconde l'irritazione nel trovarmi appoggiato alla parete. «Non mi piaci, Dante».
All'inizio non sento niente. Non è una grossa novità per me. Grazie al mio pessimo carattere, nel corso degli anni, mi hanno attribuito svariati epiteti poco piacevoli. Non mi aspetto di certo che mi salti addosso come farebbero in molte per aggiungermi alla lista delle scopate epiche. Poi però qualcosa cambia. C'è tensione intorno. Si innalza rendendo elettrica l'aria che stiamo respirando.
«A me sta bene. Adesso dimmi cosa ti ha fatto infuriare», non demordo.
Soppesa i miei occhi e tentenna appoggiandosi prima su un piede poi sull'altro. «Non voglio essere trattata come se fossi una bambina a cui badare. Odio che si parli davanti a me come se non ci fossi e... non voglio essere un peso morto per te. Non l'ho deciso io di essere una Rose e a essere sincera non mi sono mai sentita tale. Tantomeno ho deciso di essere rapita e di trovarmi qui, con degli sconosciuti che mi hanno sedata, legata a un palo, osservata mentre mi toccavano, quasi stuprata in un vicolo e adesso si comportano come se niente fosse!», esplode con voce alta e un po' stridula, rimproverandomi per il modo in cui a tavola ho discusso con Faron e Joleen senza tenere conto della sua opinione. Non che fosse richiesta. Ma lei non sa che nelle mie vene scorre il sangue di uno che ha sempre comandato provandoci gusto e che spesso impongo ordini per abitudine.
«E non voglio nemmeno scendere a patti con Joleen e passare la giornata con uno come te».
Un colpo in testa avrebbe fatto meno male. Questo suo rifiuto in qualche modo mi colpisce. «Frena. Cosa intendi?»
«Sei un narcisista, cinico e arrogante. Non verrò a fare la spesa con te, quindi manda qualcuno e menti per entrambi o vacci da solo e lasciami in pace. Puoi farlo e sono sicura che nessuno avrà niente da ridire».
A forza di provocazioni riesce a tirare fuori quella rabbia che normalmente gestisco senza problemi. Mi pungola, mi spinge, mi fa barcollare e attende che io cada ai suoi piedi per poter cogliere al volo il momento. Riesce a dare uno strattone al mio autocontrollo.
Mi infurio. Se è una sfida quella che ha appena lanciato, accetto. «Invece adesso ti prepari e usciamo. Mi è venuta voglia di una bella carrellata di schifezze per fare un dispetto a mio fratello e a Joleen. Per quanto non abbia voglia di trascinarti insieme a me, dovrai seguirmi».
Incrocia le braccia premendole al petto. Mi fulmina con i suoi occhi che sanno di tempesta sul punto di scatenarsi. «Scordalo!»
Sbuffo. «Hai cinque minuti. Poi per quello che me ne frega puoi anche uscire in tenuta casalinga», inarco un sopracciglio soffermandomi sulle orribili ciabatte di SpongeBob.
Ci siamo già trovati in questa situazione, non vorrei chiedere ma è più forte di me: «Hai un fetish per quella spugna dalla risata terribile? Dovresti bruciarle quelle ciabatte».
Abbassa gli occhi seguendo il percorso dei miei e muove le dita dei piedi. Pur arrossendo, non abbandona la sua tipica posa carica di indifferenza. «Ognuno ha le sue debolezze», detto ciò con una nonchalance che mi lascia allibito, sale di sopra a prepararsi. Sculetta persino.
Sospiro lasciandomi cadere sul divano, con un'erezione dolorosa tra le gambe. «Questa Joleen e Faron me la pagano».
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Cruel - Come incisione sul cuore
ActionFamiglia. Onore. Dovere. Non esiste altro nella vita di Dante, figlio minore della potente stirpe Blackwell. Non c'è amore. Non c'è felicità. Solo macerie e il gelo a scorrergli nelle vene. Perché il passato tempra, insegna e spinge a calcolare...