Capitolo 29

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DANTE

Ho sempre vissuto in mezzo a macerie, resti aguzzi su cui puntualmente sono inciampato, mi sono tagliato e fatto male. So come ci si sente quando hai un'arma puntata nel cuore e fingi di non avere rimpianti, di avere vissuto a pieno la tua vita. So come ci si sente quando ogni cosa cade a pezzi e niente sembra più incastrarsi perfettamente al suo posto. Quando tutto diventa buio, silenzioso, pericoloso. Io... lo so. Ma ci sono istanti in cui non riesco più ad accettarlo e cambiare le cose, diventa una priorità.
A passo spedito, seppur riluttante per il fatto di dovermi allontanare da lei, raddrizzo le spalle, mi ricucio sulla pelle la mia solita corazza fatta di crudeltà, e senza bussare,  come se fossi il padrone del mondo, spalanco la porta facendo irruzione nella stanza dalla quale provengono dei singhiozzi.
I miei occhi attenti vagano alla ricerca della traditrice che ha messo in pericolo il mio piano di fare giustizia. Quando la trovano, non posso ammettere di essere soddisfatto perché se ne sta rannicchiata in un angolo, con i polsi legati dietro la schiena, i capelli scompigliati, il vestito lungo color magenta tutto stropicciato. Non ha il solito aspetto dell'amica che credevo fosse.
Nessuno di noi ha mai sospettato niente. Ma si sa, l'amore spinge a fare cose folli. Molte delle quali orribili e dettate dalla delusione.
Dentro questa stanza, non è sola. C'è ancora Faron. Mio fratello, se ne sta seduto di fronte, sulla comoda poltrona che ha spostato al centro dello spazio adibito a salotto, dopo avere ridotto il resto dell'arredamento un ammasso di spazzatura. Tiene lo sguardo perso e fisso su di lei, di tanto in tanto prende a massaggiare le nocche insanguinate per tenere sotto controllo la furia accumulata nelle ultime ore.
Non è stato facile per lui venire a conoscenza della verità. Ha trovato sfogo distruggendo quello che trovava davanti a sé e ha fatto in modo che Joleen assistesse e si rendesse conto di come gli ha ridotto il cuore.
«Finalmente!», esclama alzandosi come una molla, passando le mani tra i capelli, in un gesto rapido.
Joleen indietreggia, evitandolo. Dalla sua gola però sfugge un singhiozzo. Ha il mascara colato sotto le palpebre e l'aria di chi sa di essersi messa contro dei diavoli.
«È pronta. Falle vuotare il sacco, senza condizioni», mi dice con un tono distaccato e autorevole. «Quando hai finito, falla pure sparire».
Comprendo il suo comportamento. So che prima di tutto questo si è legato a lei per il bene della famiglia e con il tempo ha imparato ad amarla. Anche se da oggi in poi troverà sempre il modo di negarlo; non solo per orgoglio. So anche che prenderà male quello che scoprirà sul mio conto. Prima dovrò confessarlo a Eden.
«Ti sei divertito senza di me», esclamo, aggiustando teatralmente i polsini della camicia. «Hai finito? Non è rimasto niente in sospeso tra voi due?», indago, guardingo.
Faron volta la testa verso Joleen. Alle nostre spalle sentiamo il suono attutito della porta che si apre e si richiude pochi attimi dopo.
Non mi serve voltarmi per sapere chi ci ha raggiunto.
Il mio cuore, si rianima. Impazzisce. Fibrilla.
Come un magnete mi ritrovo sempre più vicino a lei. Lei che è così bella e lo diventa sempre di più ogni volta che i miei occhi si posano sul suo viso, sul suo corpo e la mia anima si abbraccia alla sua, così pura e in cerca di un riparo.
«È finita», dice a denti stretti mio fratello, allontanandosi dalla poltrona e da lei. Solleva il viso in direzione della porta. «Ho bisogno di una boccata d'aria», adagia la mano sulla mia spalla. «Non permettere ai sentimenti di prevalere. Usa la testa e non concederle niente di quello che chiede. Non avrà altro che disprezzo in cambio», mi redarguisce, un po' come faceva quando eravamo dei ragazzini.
Davanti a me, rivedo quel lato di mio fratello che non usciva da anni. Perché ci sono delusioni che colpiscono duro il cuore, rompendo di netto l'equilibrio dell'anima che in fondo all'amore un po' ci aveva creduto.
«Sa qualcosa di importante su nostro fratello, ma non sono riuscito a cavarglielo dalla bocca perché continua a ripetere che non avrei dovuto trattenerla. A quanto pare è il suo unico vantaggio», piega le labbra in una smorfia simile a un ghigno. «Fedele a un morto», scuote la testa con disprezzo e per non riprendere la tortura su di lei, si allontana a grandi falcate. Si ferma però a pochi passi da Eden, scrutandola dalla testa ai piedi. «Questo vale anche per te, principessa. Non è più nostra amica. Qualunque cosa dica o faccia, puntate al vostro obiettivo, la verità», la supera di un passo, poi torna da lei. Si sporge in avanti e le parla direttamente nell'orecchio, pur facendosi sentire da tutti: «Dimostra chi è la tua famiglia adesso. Dimostra chi ami veramente o la prossima potresti essere tu».
«Far!», Terrence gli dà uno spintone. È sul punto di farlo a pezzi per avere trattato male la ragazza che è entrata nelle nostre vite non per volere, ma per un piano.
«Non fare il coglione con lei. Se aveva intenzione di scappare o tradirci, lo avrebbe già fatto. Ma ha dimostrato di meritare il suo posto in più di un'occasione. Questo lo sai».
«Non scaldarti, cucciolo. La sto solo avvisando. Non tollererò più nessun'altra sorpresa».
«Non dici sul serio!», replica con ostinazione Terrence.
Conoscendo il suo temperamento, so che Faron non è impazzito. Allontanarsi da qui, gli farà liberare un po' la mente. Perché non è solo confuso o ferito. Lui si è perso.
Eden, pur sembrando una bambina di fronte alla stazza di mio fratello, non si lascia di certo intimidire; intuendo il suo stato d'animo, gli sfiora appena il braccio. «Potresti aiutarmi a trovare qualcosa per il mal di testa?», chiede di proposito per distrarlo.
«Senti dolore?», lui si scioglie con apprensione, sfiorandole la nuca.
Mi rendo conto che la scena mi provoca un forte senso di gelosia dal quale non riesco a liberarmi. Passo il palmo sul viso, infastidito. Mi sento anche in colpa. In breve, riaffiora quella sensazione di essere stato un fottuto egoista.
Joleen, forse notando il modo in cui sto tenendo a freno l'irritazione e le parole, coglie al volo l'opportunità per mettermi alla prova e per mettere zizzania tra di noi. Cosa che ha sempre fatto. Con dispiacere, me ne rendo conto solo adesso.
Sapevo che non avrei dovuto fidarmi di nessuno.
«Da quando accetti certi affronti?»
La fisso in cagnesco. «Da quando sei una serpe?»
Volto la testa e comincio a impartire ordini. Non è più il momento di scherzare o farsi le paranoie. «Far, trova Nigel e Andrea. Controlla che abbiano finito. Li voglio qui. Terry, non perdere di vista Eden e invia il segnale, fa' in modo che gli altri perlustrino il perimetro e stiano attenti. È tutto troppo tranquillo e sospetto».
Faron si ricompone ed esce dalla stanza senza più guardarsi indietro o porre ulteriori domande. Sa già qual è il suo compito. Terrence invece, tenendo Eden vicino a sé, estrae dalla tasca il suo telefono e comincia a digitare. Di tanto in tanto volge la sua attenzione fuori, oltre le vetrate, scrutando nel buio della notte.
Anche lui sa che c'è qualcosa che non va.
Abbassandomi sulle ginocchia faccio arretrare Joleen all'angolo, con un verso simile a quello di un animale in pericolo. Osservo il pavimento pieno di cocci rotti, i resti della siringa con la quale voleva mettere al tappeto Eden per trascinarla chissà dove.
Io non c'ero. Non ero al suo fianco, non la stavo proteggendo.
Mantengo il controllo e quel fastidioso senso di colpa che riaffiora con la costante di un'onda, pronta ad abbattersi contro gli scogli della mia coscienza.
«Ti darò la possibilità di uscire viva da qui dentro», comincio, spostando un pezzo di vetro che potrebbe essere usato come arma.
Faron non avrebbe dovuto farlo. Stare qui dentro è una fottuta trappola.
Le sollevo il mento con un dito. «Per farlo, dovrai dirmi qual è il piano di Darrell, dove avevi intenzione di portare Eden e dove si trovano i resti di mio fratello. Non necessariamente in quest'ordine».
Joleen coglie l'opportunità della mia vicinanza per sputarmi in faccia. «Preferisco portarmi nella tomba ogni informazione, piuttosto che darla in pasto a dei bastardi. Dovevate esserci voi al suo posto!»
Stringo la presa facendola lamentare. «Ora ti dirò cosa ti porterai nella tomba se non parli», comincio estraendo dalla tasca interna del completo elegante il telefono. Premo il tasto di invio proprio davanti alla sua faccia, facendole leggere il mio messaggio con l'ordine di raggiungere e trattenere la sua famiglia.
«I tuoi genitori bastano? Per la cronaca, mio fratello non ti ha mai amata. Eri solo il suo giocattolo».
Joleen prova a darmi uno spintone per farmi cadere il telefono dalla mano, ma stringendole il collo in una presa ferma con l'altra, glielo impedisco.
«Loro non hanno nessuna colpa».
Rimetto il telefono in tasca e le sorrido. «Adesso inizi a ragionare, vedo», tiro su con il naso. «Allora», estraggo la pistola giocandoci, «prima domanda: dove avevi intenzione di portare Eden?»
Inumidisce le labbra deglutendo a fatica ed esitante, prende tempo; necessario per escogitare qualcosa. «Se non rispondi dirò ai miei uomini di iniziare da tua madre. Conosci i metodi dei Blackwell. Qualche volta ti sei divertita partecipando ai giochi. Prima di negare, sappi che esistono delle prove video. O forse credevi di uscirne senza un graffio?», la incalzo.
Non farei male a una donna neanche sotto tortura. Ma Joleen non ha mai conosciuto il vero Dante, l'uomo che non si è mai sentito un Blackwell. Non capisce che sto bluffando, che sto facendo pressione sulla sua mente per evitare una strage.
Sono così vicino alla verità e a chiudere questa storia, da non potere commettere un solo passo falso.
Ormai da tempo, vivo accumulando. Accumulo attimi duri, dolorosi, sconfortanti. Accumulo delusioni, rancore e odio. Accumulo e aspetto il momento in cui tutto il peso trattenuto spezzi quella corda che tiene allacciato ogni pezzo della mia vita.
Non bisogna mai fare lo stesso errore due volte, mi ha sempre detto mia madre. Ed è quello che sto cercando con tutte le mie forze di non fare.
Joleen spalanca gli occhi inorridita. «No», singhiozza, «lei non c'entra niente!»
«Neanche Eden. Allora?»
Mi guarda con disprezzo. «Appartiene ai Rose! Hanno ammazzato tuo fratello e non ti hanno mai restituito il suo corpo. Vuoi davvero proteggerla e sapere cosa avrei dovuto farle, anziché consegnarla direttamente al suo promesso sposo e vendicarti sparando loro un proiettile in fronte?»
Con la pistola le sfioro la tempia. «Bada a quello che dici. Hai a disposizione pochi minuti prima che i miei uomini raggiungano la tua famiglia. Come sai, mi piace tenere tutto sotto controllo e ho squadre piazzate ovunque».
Digrigna i denti. «Sappi che se succede qualcosa anche solo a uno di loro, non ti perdonerò mai e ti renderò la vita un inferno».
«E tu sai chi ha il coltello dalla parte del manico. Non sei nella condizione di minacciare o negoziare».
«Cazzo», impreca, intuendo di essere stata sconfitta. Riflette un momento, infine cede. «Avrei dovuto sedarla e lasciarla in una stanza. Distrarvi mentre due uomini, al mio segnale, sarebbero entrati dalla vetrata e l'avrebbero presa e portata da lui. Non so altro», distoglie lo sguardo da quello di Eden, forse vergognandosi.
«Lo avresti fatto davvero», afferma affranta quest'ultima, posando lo sguardo sulla siringa in frantumi.
«Terry, che ne dici di vedere se i nostri uomini sono arrivati a destinazione. Puoi aggiungere l'ordine di far portare sua madre al club. Zio Pascal sarebbe contento del regalo. Non si sono conosciuti al liceo?»
Joleen scrolla la testa e, ancora una volta, prova ad avventarsi su di me con tutto il peso del suo corpo. Strattona le fascette che ha intorno ai polsi, provocandosi un'escoriazione e un lamento. Dopo appena una manciata di secondi, un tremore improvviso, dato da una bassa cupa risata, rianima il suo corpo. I suoi occhi da gatta si strizzano rendendo affilato il suo sguardo. Nel momento in cui solleva la testa, mi fissa in modo spietato. «Tu non lo farai e sai perché? Perché devi tenere in vita quella puttanella di cui ti sei innamorato quando non eri altro che un ragazzino perso e in cerca dell'approvazione del padre. Perché devi salvare la tua famiglia. Perché se volete uscirne vivi, non potete fare altro che arrendervi», alza sempre di più la voce come se fosse in un'aula di tribunale. «Io sono l'unica che sa come impedire che avvenga quello che ha in serbo per voi Darrell».
Mi si ferma il fiato perché questo era uno dei miei incubi. Trovarmi in bilico o a scegliere la cosa giusta da fare, proteggere chi amo in silenzio, accettando ogni conseguenza; persino la morte.
«Quindi... adesso mi dirai cosa ha in mente», gioco con lei, non mostrandole quanto sia turbato.
Strattona di nuovo la presa intorno ai polsi. «Le hai sottratto la principessa, che cosa ti aspettavi. Che avrebbe accettato che te la scopassi senza battere ciglio? Non dovresti sottovalutarlo, Dante. Proprio come non dovresti dimenticare i dettagli del suo piano», inumidisce le labbra. «So che hai capito. Perché rischiare così tanto per lei?»
Nella stanza entrano Nigel e Andrea. Si sono cambiati ed entrambi sono armati e pronti. «Abbiamo portato i rinforzi», esclama il primo mostrando il borsone con l'equipaggiamento.
«Non ho inviato nessun messaggio. Questo per Darrell è... come dire, un allarme, mentre per voi...», ridacchia Joleen, continuando a stuzzicarmi, «vi farà fuori uno a uno! Consegnategliela e forse vi risparmierà e non avrete una morte lenta».
«Non stai dicendo niente di nuovo», la interrompe Eden. «Mi sembra ovvio che sia nascosto qui da qualche parte, pronto ad agire dopo che qualcun altro si è sporcato le mani al posto suo. Altrimenti come avrebbero fatto i suoi uomini a portarmi subito da lui?», prosegue, sentendosi presa in causa.
Con aria offesa, fa un passo avanti. «Mi chiedo solo... hai davvero barattato la vita della tua famiglia con la mia? Sei così stupida! Lo conosco abbastanza da sapere che i tuoi sono più in pericolo di quanto pensi». Con sguardo severo si rivolge a Terrence: «Assicurati che i vostri uomini siano ancora vivi», dice come un vero capo. In lei, rivedo suo padre. «Ordina loro di fare attenzione perché cadranno dritti nella trappola. I genitori di Jo sono già sotto le grinfie di Darrell. Il suo piano non era solo prendere me, ma fare fuori anche voi usandoli come esca».
Terrence si mette all'opera senza esitare o chiedere il permesso al sottoscritto. Sa che questa è una priorità. Dopo appena pochi istanti, le sue dita esitano sullo schermo, alza lo sguardo sul quale affiora una sfumatura cerea e muove appena la testa da una parte all'altra. «Qualcosa non va», afferma. «Vado ad assicurarmi che stiano tutti bene», lancia un'occhiata tagliente a Jo. «Prega che i tuoi siano ancora vivi, stupida traditrice».
«Fa' attenzione».
Guardo le sue spalle tese mentre si allontana dalla stanza dopo avermi chiesto silenziosamente il permesso di entrare in azione.
Gli occhi di Jo si sgranano. «Ti dirò a breve cosa baratterò io quando mi sarò liberata», ringhia verso Terrence, ormai fuori dalla stanza. «Mi ha dato la sua parola», strepita.
Eden sorride, ma è uno di quei sorrisi che non arrivano dal cuore. «La parola di uno che ha tentato più volte di stuprarmi. La parola di un bastardo che non ha esitato un solo istante a spingermi da una scala per spezzarmi. La parola di un assassino», la voce le si affievolisce e nei suoi occhi divampa in maniera accecante, la furia. «Ha ragione Terrence, dovresti iniziare a pregare. Darrell non è credente e quando si accorge di non essere stato accontentato, reagisce come un bambino viziato punendo chi lo ha deluso», mantiene compostezza, mentre spiega con una certa sicurezza quello che tutti sappiamo che accadrà comunque.
Jo ha gli occhi pieni di terrore ora. Sbatte le palpebre. «No. I patti erano diversi. Stai solo cercando di spaventarmi», prova a tranquillizzare se stessa, cominciando a dondolare come una bambina.
«Darrell non fa mai patti con nessuno. Lui prende ciò che vuole e si sbarazza in fretta di quello che non serve. Vi avevo avvisati», replica aspra. «Se gli uomini di Dante sono in trappola, preparati a dire addio ai tuoi genitori».
Jo emette un urlo e su gambe malferme si mette in piedi. Liberata dalle fascette, grazie a un vetro che non avevo notato perché alle sue spalle, le si lancia addosso.
Andrea, con uno slancio è subito su di lei. Riesce a disarmarla, ma Jo sembra più forte e la spinge rabbiosa contro i resti affilati della vetrina, sulla quale si schianta ferendosi un braccio. Nigel corre in suo soccorso, mentre io sbarro la strada a Joleen afferrandole i polsi, dopo averla strattonata per i capelli, voltandola con la schiena contro il mio petto. Tenendola ferma, la pistola contro la sua tempia, le sibilo: «Hai una sola possibilità, dimmi dove hanno lasciato i resti di mio fratello e potrai correre dai tuoi genitori prima che vengano ammazzati. Mi assicurerò che i miei uomini li portino al sicuro. Vedila come un'opera di carità. Un ultimo favore da parte mia».
Piange e urla dimenandosi. «Vi ammazzeranno tutti! Farò in modo che lei sia la prima!», minaccia puntando il dito su Eden. Protendendosi in avanti, prova a mollarmi un calcio.
Non mi lascio cogliere impreparato. Conosco qualsiasi tecnica e la blocco, impedendole di muoversi.
Eden nel frattempo è corsa accanto a Nigel. Lo aiuta, guardando rabbiosa Joleen, mentre tampona e allaccia uno pezzo del suo vestito che ha strappato senza esitazione, intorno al braccio di Andrea.
Prima che qualcuno possa muoversi, all'interno dell'hotel, esplode il caos.
Un allarme prende a suonare ripetutamente. Una nuvola di fumo, denso, soffocante, si insinua da sotto la porta e in breve riempie la stanza.
Siamo sotto attacco.
Gli occhi bruciano, rischiano di lacrimarmi. Jo strilla cominciando a tossire rumorosamente. «Che sta succedendo?»
Nigel il più vicino, corre verso la vetrata per riuscire ad aprirla prima che uno di noi muoia soffocato. Questa si infrange pochi istanti dopo bersagliata dai proiettili.
Mi lancio subito a terra e controllo che anche gli altri abbiano fatto lo stesso.
Trovo Eden su Andrea, le sta facendo scudo con il suo corpo mentre Nigel strisciando con i gomiti sul pavimento, le raggiunge.
Prima o poi, arriva la sconfitta. Ed è umiliante esserne preso in pieno, sentirmi come se fossi sul punto di diventare tutto quello che ho sempre temuto, tutto quello che mi hanno urlato: incapace di comandare e di difendere la mia famiglia.
Seamus sarà il primo a sbattermi in faccia questo fallimento. Riderà di me e ancora una volta non si accorgerà di avermi fatto a pezzi. Perché è così che continuo a sentirmi ormai da tanto tempo. Ho solo seppellito ogni insicurezza, perché quando vivi in mezzo a un branco di lupi, non puoi mostrarti come un agnello. Devi sbranare per non essere sbranato.
L'inquietudine, questa volta prende forma, e torna insieme alla preoccupazione. Non mi è mai piaciuto correre rischi inutili, purtroppo non posso prevedere quello che accadrà quando avrò risposto al fuoco.
Non ho neanche il tempo di restare calmo, a elaborare nel dettaglio un piano, perché ci troviamo in svantaggio numerico.
Devo fare subito qualcosa. Mi dico entrando in azione.
«Nig?»
«Illesi. Dobbiamo trovare una via di fuga».
Stringo i denti quando avverto una fitta al braccio. «Siamo circondati. Ci toccherà agire alla vecchia maniera», con una smorfia, controllando di non perdere sangue e di avere solo una ferita superficiale, scavalco uno dei divani e mi nascondo trascinando Joleen con me. Dopo appena pochi istanti, un'altra pioggia di proiettili esplode, forando qualsiasi cosa intorno. Libero i polsi dalla mia stretta a Joleen per permetterle di muoversi. Nonostante i miei tentativi di tenerla al sicuro, mi respinge e si mette in piedi. «Ve lo avevo detto che vi avrebbero ammazzati uno a uno. Tutto questo per lei!», riesce a fare un solo passo avanti per scappare. Spalanca gli occhi e abbassa il viso guardandosi incredula l'addome. Indietreggia di un passo e cade in ginocchio.
«Jo!», urla Eden alla vista di lei ferita.
Mi sporgo e l'afferro prima che possa cadere sui pezzi di vetro. Ma non c'è niente da fare. In breve emette un verso carico di dolore, seguito da un rantolo. Mi fissa, consapevole di non potersi più salvare. «Non è... i Rose», sussurra prima di restare immobile.
«Cosa?»
Sento Andrea trascinarsi dietro il secondo divano e abbracciare Eden, la quale sta tremando come una foglia. «Consegnatemi», sussulta strizzando gli occhi a ogni sparo. «Basta!», piagnucola come una bambina portando le mani sulle orecchie per tapparle. «Fatelo smettere», singhiozza. «Vi prego».
Chiudo gli occhi a Joleen e stringo i denti. «Nessuno consegnerà nessuno!»
Nigel passa il palmo sul viso. «Cazzo!», urla. «Andiamocene di qua», prosegue mentre l'intera struttura trema, colpita da una bomba.
Impugnando la pistola corro da loro, consapevole di attirare i cecchini.
Un'altra raffica di proiettili infatti, ci raggiunge. Afferro Eden, con uno strattone l'avvolgo tra le mie braccia facendole scudo, tenendola nascosta. Quando il rumore cessa, seguito dalle urla che si susseguono là fuori degli uomini arrivati per proteggerci, i quali stanno contrattaccando, controllo immediato che lei stia bene, che non si sia ferita. Soprattutto mi accerto che smetta di tremare perché nel panico.
Non appena lo faccio, i miei occhi catturano l'immagine di una donna stanca, che ha tanto dolore trattenuto dentro. Non sa come gestirlo. Come lasciarlo andare. Non sa come eliminare quel senso di pericolo che le si è attaccato addosso.
Ha un taglio sulla parte destra della fronte. Un rivolo di sangue le scivola lungo il sopracciglio, supera l'occhio e come una lacrima, accarezza la sua guancia.
Non mi permette di controllare, presa com'è ad agitarsi, a non respirare normalmente. Sprofonda il viso contro il mio petto, come se ciò potesse proteggerla da qualcosa di terribile oltre gli spari, le urla, il fuoco che divampa intorno, la puzza di fumo, la morte. Il suo viso, sporco di sangue e polvere, è premuto in quel punto preciso e forse un po' troppo vicino al mio cuore; così tanto da ricordarmi di respirare per entrambi e provare a calmarne i battiti frenetici.
«Fallo smettere», piagnucola. «Ti prego, fallo smettere».
All'inizio non dico una parola, non cerco di rassicurarla con una frase scontata e del cazzo, con il solo scopo di calmarla, perché allo stato attuale delle cose, sta andando tutto a puttane.
Odio tutto questo. Odio non avere il controllo. Sentirmi così in bilico e a rischio da non potere dare nessuna certezza.
Le passo con sicurezza le dita tra i capelli, premo sulla sua schiena e la cullo al petto lentamente. «Non voglio mentirti, uccellino».
In realtà non voglio più farlo. Al contrario vorrei tanto cogliere il momento e dirle tutto. Ma sarebbe un altro disastro annunciato. Perché, mentre sussulta tra le mie braccia, ho la risposta a molte delle domande che si sono innalzate dentro di me sin da quando l'ho rivista la notte in cui l'ho rapita e mi ha fissato come un estraneo. Tutto è riaffiorato quando ha avuto a che fare con Coleman, poi c'è stato l'episodio in cui ha avuto quel brutto attacco di panico la volta in cui quel tizio aveva messo le mani addosso a quella ragazza.
Eden non ricorda quasi niente del suo passato, in particolare del giorno in cui ha rischiato di essere seppellita insieme alla madre. Lo stress post-traumatico deve averle fatto eliminare quei terribili istanti di cui hanno parlato per mesi su ogni dannato notiziario, prima del silenzio stampa, del lutto, della vendetta sulla nostra famiglia.
Purtroppo sembra stia tornando in un momento di pericolo e a causa degli spari. Proprio quello che non ci voleva, mi dico abbracciandola ancora più forte. Come se potessi essere quel muro in grado di non fare oltrepassare le sue paure.
«Sono un problema per il tuo cuore», le sussurro esponendomi, accarezzandole la testa. L'odore dello shampoo alla pesca e quello suo personale, raggiunge le mie narichi. Lo inalo come un tossico. Gli permetto di fondersi a ogni singola cellula, di appartenermi quel tanto che basta da intrappolarmi.
Sto così bene da averne paura.
«Prima di incontrarti non me ne rendevo conto. Adesso so di essere il miserabile bastardo che ti ha rapita con un piano ben congegnato e si è lasciato fottere come uno stupido», sospiro, stringendola un po' di più al petto. «Anche se non ci credi, sono pronto a proteggerti da tutto. Persino da me stesso».
Il suo fiato caldo, arriva lento sul mio petto.
«Respira», le ordino, affondando le dita sulla sua schiena nuda. «Respira e apri gli occhi. Non fare la ragazzina, mio piccolo uccellino», le sussurro all'orecchio.
Trattiene il fiato, stringendo le dita talmente forte da sgualcirmi la camicia ormai imbrattata.
«Cazzo!», impreco. La mia mano risale lenta lungo la sua spina dorsale fino alla nuca. La costringo a inclinare la testa. «Guardami!»
So che non è questo il momento, ma devo aiutarla, devo recuperarla se vogliamo metterci in salvo. Dato che continua a tenere gli occhi chiusi, contro ogni buon senso, abbasso il viso. Premo la fronte sulla sua. «Non permettere alla paura di avere la meglio su di te. Adesso, apri, gli, occhi!», scandisco bene ogni singola parola con un furore che non credo di avere mai avuto per nessuno. «Ti proteggo io. Ma apri gli occhi», ripeto perentorio. «Se lo farai io...»
Singhiozza. «Smetterai di negare a te stesso un po' di felicità?»
Abbasso le spalle. «Pensavo a qualcosa di meno impegnativo. Ma se è questo che vuoi davvero», sospiro esasperato.
Morde il labbro. Valuta, continuando a tenere chiusi gli occhi. Sa di non potersi fidare della mia parola. Più volte l'ho delusa, tradita.
Mi sfugge un sorriso. Perché lei è in grado di fare anche questo. Nonostante il caos. Nonostante i ricordi. Nonostante il dolore. Nonostante il pericolo.
Le lascio una carezza delicata sulla guancia. Non appena me ne rendo conto però è tardi e lei mi sta fissando come se avesse davanti un'altra persona. «Di», sussurra in modo dolce.
«Andiamo, uccellino. Quando saremo al sicuro, discuteremo di tutto quanto. Ho ancora una cosa da dirti e potrai incazzarti, piangere e fare tutto quello che senti. Poi però dovrò sculacciarti perché mi stai facendo mettere in ridicolo di fronte ai miei uomini», mi volto.
Nigel che ha assistito in silenzio, comprendendo la ragione del mio comportamento, mi fa cenno di essere pronto. Insieme a lui, anche Andrea, sempre più pallida.
«Dobbiamo dividerci. Andate verso gli yacht, avvisate il clan degli attacchi, controllate che stiano tutti bene e avviate il piano B, ci ritroviamo al covo».
«Stai scherzando? Dobbiamo proteggervi. Saremo noi quelli a...»
Sto già negando. «Andrea è ferita. Ha la priorità. Io e Eden ce la caveremo. Vero?», mi rivolgo a lei.
Ha ancora il viso segnato dal panico ma annuisce. «Mi servirà un'arma», afferma esitante, ignorando il corpo senza vita di Jo a pochi passi.
Andrea estrae la seconda pistola dalla fondina e gliela porge. «Riporta a casa la mia bimba e te ne regalerò una per Natale», le dice, smorzando un po' della tensione che si respira come nube tossica.
Eden impugna l'arma come se l'avesse già fatto più di una volta e in più di un'occasione; non solamente insieme a Terrence al poligono. Non chiede come mai una neo sposa abbia un'arma con sé.
«Mi accontenterò di un plaid e un nuovo romanzo da leggere», risponde. Raddrizza la schiena e con un cenno ci prepariamo a uscire dalla stanza dopo avere recuperato il resto delle armi dal borsone.
«Fate attenzione», ordino a Nigel.
In posizione, usciamo dal corridoio pieno di corpi e fumo. Qualcuno spara. Nigel ed io agiamo in fretta. Giunti all'entrata, abbiamo appena il tempo di correre verso l'esterno prima che un'esplosione distrugga l'intera struttura.
Durante la fase di volo mi fischiano le orecchie. L'impatto con il terreno non è dei migliori, ma riesco a rotolare e a rialzarmi, più che pronto a difenderci. Con la coda dell'occhio mi assicuro che Eden sia al mio fianco e insieme corriamo in direzione del parcheggio.
Avvisto degli uomini nascosti dietro il muro e sparo loro colpendoli prima che possano premere il grilletto. Eden fa lo stesso con la precisione di un cecchino, freddandone un paio.
Notandomi sbalordito, accenna un sorrisino. Ed è così bella, anche se con i capelli in disordine e le ginocchia sbucciate, da rimanerne soggiogato. «Lo sapevi che con una Rose bisogna fare attenzione», spiega.
«Avresti potuto freddarmi nel sonno, come ho fatto a non pensarci», avvisto il SUV, pesco la chiave dalla tasca e stringendo la sua mano aumento il passo.
Di colpo Eden urla. Non faccio in tempo a evitarlo, vengo colpito alla mascella dal calcio di una pistola.
«Prendetela!»
Mi ritrovo a terra, sputo sangue, ma sono talmente incazzato per essermi fatto cogliere alla sprovvista da vederci rosso. Urlo come un pazzo e agisco. Svelto, scatto come un serpente, mettendo al tappeto lo stronzo appartenente alla banda di Darrell, mentre Eden spara ai due che hanno osato toccarla.
Disinserisco l'allarme al SUV, tenendo d'occhio l'area circostante.
Qualcosa sibila vicino alla mia guancia proprio quando sono sul punto di aprire la portiera. Il vetro del finestrino si frantuma, scattano gli allarmi di tutte le auto posteggiate. Eden mi spinge giù, mi scherma con il suo minuscolo corpicino, sento il suo affanno mentre spara rispondendo agli uomini nascosti che stanno bersagliando il SUV, mentre io a tentoni le apro la portiera.
«Stai bene?», chiede affannata e con una smorfia, aiutandomi a rialzarmi.
«Uhm», annuisco con un grugnito entrando dopo di lei in auto.
Altri spari spezzano il silenzio proprio mentre avvio il motore e parto sgommando dal parcheggio pieno di corpi, fiamme e fumo nero proveniente dall'hotel. Nel frattempo, avvio l'unica chiamata che mi preme fare per sapere se i miei uomini sono al sicuro.

Cruel - Come incisione sul cuore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora