EDENHo imparato sulla mia pelle che certi colpi mortali arrivano nascosti da una carezza. Raggiungono l'anima ogni volta che apriamo uno spiraglio lasciandoci trovare e amare così come siamo: fragili in cerca di un posto in cui sentirci a casa.
Ma se c'è una cosa che ho capito è che sono stata troppo a lungo una sfumatura pronta a svanire sotto il colore degli altri. Adesso voglio essere più di un semplice tratto su una tela bianca. Merito anch'io qualcosa di buono. Essere il "ne vale la pena" di qualcuno.
«Posizione perfetta, continua», Terrence mi esorta a colpirlo, ancora e ancora. Nessuna traccia di stanchezza sul suo viso. Solo l'ostinata determinazione a farmi scaricare del tutto ogni traccia di risentimento e di distrarmi, abbastanza da non porre altre domande.
Petto sudato sotto una canottiera bianca, pantaloncini da tennis lui. Top e pantaloncini sportivi coordinati io, ci alleniamo in giardino ormai da diverse ore. Una distrazione utile dato che non posso fare molto da quando sono stata trasferita in questo posto.
Le opzioni erano: o questo o rimuginare in una piccola stanza. Francamente sono stanca di farmi le paranoie e sto cominciando ad accettare la realtà e a prendere le cose senza lasciarmi sopraffare dal panico.
Non so cosa stia succedendo, da quello che sono riuscita a carpire dalle poche conversazioni ascoltate di nascosto, Darrell non si trova da nessuna parte. Mio padre sta perdendo alleati e i miei fratelli sono stati costretti a rifugiarsi lontano da casa, dopo avere subito delle perdite a seguito di un attacco da parte dei Blackwell.
Al di là di tutto, sento la loro mancanza. Nella mia vita non ho avuto nessun altro a parte la mia famiglia. Trovarmi così distante, mi fa ripensare alle scelte sbagliate che ero disposta a prendere per non cedere quel briciolo di potere che avevo e che ho persino adesso.
Purtroppo, non hanno fatto molto per riavermi indietro. Spero un giorno di poterlo sbattere in faccia a mio padre, il quale si è sempre definito un uomo che ama la sua famiglia più degli affari. Entrambi abbiamo sempre saputo che è una bugia, eppure ancora un po' ci spero che possano arrivare e riportarmi a casa.
Mi distraggo a tal punto che con una mossa impercettibile finisco a terra.
Non provo dolore, grazie al tappetino ai nostri piedi, ma Terrence che cade su di me con la sua enorme stazza, quando gli faccio perdere l'equilibrio, lo sento eccome.
Invece di scrollarmelo di dosso per potere respirare, scoppio a ridere istericamente per il modo in cui ci siamo ritrovati avvinghiati.
Lui si scosta in fretta, affannato, le guance arrossate. Seduto accanto a me si sporge prendendo la borraccia. Beve un sorso d'acqua passando il palmo sulla fronte sudata. «Che cosa è successo?», chiede strizzando un occhio.
Mi sollevo a metà busto stendendo le gambe doloranti. Muovo le dita dei piedi nudi. «Sei stato veloce», massaggio la nuca.
Rimane con la borraccia a fior di labbra, scettico. «Per due ore hai mantenuto il ritmo dandomi dimostrazione di essere preparata alla lotta corpo a corpo. Non so se offendermi del fatto che mi hai tenuto nascosto questo e chissà quale altro dettaglio sulle tue abilità o insospettirmi di più per la bugia».
Faccio una smorfia. «Mi hai beccata», strappo un filo d'erba, decidendo di dire in parte la verità. «Ho preso delle lezioni di autodifesa guardando dei video su YouTube, non dovresti avere poi così tante aspettative», arrossisco nell'affermarlo, nonostante non me ne vergogni; l'ho fatto perché dovevo imparare a difendermi, e perché nessuno voleva darmi delle lezioni di nascosto da mio padre.
«Ma sono anche un po' sfinita. Era da tempo che non mi allenavo tanto intensamente e tu, be', sei proprio una macchina da guerra», concludo il mio discorso sconclusionato.
Terrence adagia la borraccia accanto al suo fianco destro e prendendomi la gamba sinistra comincia a massaggiarla. Appena i suoi polpastrelli sfiorano la caviglia, la cicatrice e il tatuaggio che ho fatto realizzare su di essa, vorrei scalciare perché non amo che si tocchi proprio il punto di rottura della mia carriera e di ogni mio sogno, ma rimango ferma a osservare.
«È assurdo quante stronzate si possano imparare semplicemente guardando video fai da te su qualsiasi cosa. Di questo passo non esisteranno più palestre, insegnanti o lauree in qualcosa», esclama passando all'altra gamba. «Ma hai fatto la cosa giusta e... a quanto pare hai scelto il video giusto. Anche se non hai ancora imparato a tenere i pensieri per te».
Lo spingo, poi gli tampono l'asciugamano sulla fronte, per ricambiare le sue premure sui miei muscoli indolenziti. «Non prendermi in giro. A ogni modo sbagli, ci deve pur essere qualcuno specializzato a fare da insegnante».
Solleva i palmi. «Va bene, principessa, non vuoi parlarne?», domanda a bruciapelo, ritornando in fretta all'argomento principale.
Mi sento in trappola. «Direi che è inutile. Me ne sto facendo una ragione e sto cercando di evitare qualsiasi contatto diretto con quella bestia».
Gratta la nuca. «Si è comportato da stronzo, di nuovo».
Fingo indifferenza. «Non è una novità. Non dovrebbe esserlo neanche per te dato che siete amici».
Piega la testa di lato. «Sei stanca, ma c'è ancora qualcosa che non ti fa arrendere, vero?»
Guardo il cielo. Oggi è di una triste sfumatura tra il grigio e l'azzurro; rappresenta perfettamente il mio stato d'animo. Chiudo gli occhi lasciandomi accarezzare il viso dai raggi che sfuggono di tanto in tanto dalla coltre di nuvole. «Mi ritieni stupida per questo?»
«No, non lo sei affatto. Sai, lui è come un animale ferito, pronto a sbranare chiunque gli si avvicini. Devi trovare il modo giusto di salvarlo. Solo che è difficile e a volte sembra che non sia possibile».
«Hai ragione. Qualcosa lo ha ferito. Non ne parla ma cova questo rancore e lo alimenta come fuoco».
«Ma non rinunci comunque ad avvicinarti a lui».
«Perché in fondo quando sei ferito, hai sempre bisogno di qualcuno».
Terrence adagia il palmo sulla mia spalla. Con il pollice mi regala una carezza sulla guancia. «È bello sapere che ha te. Potresti provare a parlare con lui. Magari scopriresti qualcosa che possa fartelo vedere sotto un'altra prospettiva».
Vorrei tanto conoscere meglio i vari aspetti della vita di Dante, ma alcune cose rimangono avvolte nel mistero. Dubito mi parlerà mai di ciò che lo fa agire con cattiveria.
Terrence storce lievemente il labbro prima di stiracchiarsi lasciando ai miei occhi la possibilità di guardare i suoi muscoli scolpiti e sudati quando sfila la canottiera e si tampona la pelle.
«Non dovrei essere io a dirlo, Dante ha vissuto troppe notti insonni, preso a pugni dalla costante sensazione di essere sbagliato. Dalla consapevolezza di non essere mai abbastanza. Così ha iniziato a sfogare tutto quel dolore scacciando via ogni traccia di bene ricevuta. Ha sbagliato ancora, ma è l'unico modo che ha per non sentire troppo, per non impazzire».
Lo scorrere della finestra a poca distanza ci interrompe. Una figura si staglia sulla soglia. Non sollevo lo sguardo. Intuendo di non avere più altro tempo a nostra disposizione, raccolgo le mie cose e ringraziando Terrence aspetto di restare sola per potere rientrare e rintanarmi in camera.
«Che succede?»
«Faron».
La sua voce profonda mi coglie impreparata, mi fa tremare. Succede sempre. È come un meccanismo istantaneo, come se toccasse appena un interruttore. E maledizione, so di non dover provare questo forte desiderio che si intensifica tutte le volte in cui compare mandando ogni progresso in frantumi. Nonostante sappia quanto sia pericoloso, non riesco a smettere di orbitargli intorno, in attesa che possa notare il mio minuscolo satellite pieno di crepe.
Dante ha pronunciato il nome del fratello come se gli provocasse dolore. Hanno litigato a causa mia? Qualcosa è andato storto nei loro piani? Ha scoperto chi è la talpa secondo gli indizi?
«Ha chiamato?»
«Uhm», glielo conferma con un verso gutturale. «Voleva anche parlarti per assicurarsi che stessimo tutti bene», marca le ultime parole, facendo intendere il significato e la gravità.
Terrence si stiracchia ancora, affatto sorpreso o toccato. «Ci penso io», dice girandomi intorno per superarmi. Prima che abbia la possibilità di fermarlo, mi saluta dandomi un bacio sulla tempia insieme a un buffetto ed entra in casa.
Mi sollevo tamponando la nuca con l'asciugamano arrotolato, provando a far scemare dalle mie guance quel dannato rossore appena affiorato. Non capisco... l'ha fatto per provocare lui o perché si sta affezionando a me?
«Continuerai a evitarmi?»
Arrotolo anche gli altri tappetini, sorpresa che mi stia rivolgendo la parola. «Non ho ottenuto quello che volevo e sto facendo i capricci. Sono viziata», replico acida, tirando fuori le parole che mi ha sbattuto in faccia.
«Pensavo...»
«Cosa? Che passassi oltre quello che continui a sputarmi addosso? Fammi un favore e non offendere ancora la mia intelligenza, Dante, smettila e trovati un altro passatempo».
Provo a superarlo. Lui mi sbarra la strada e sono costretta a guardarlo in quegli occhi magnetici, capaci di avvicinarmi a quell'abisso di perdizione.
Un solo sguardo. È così che mi trascina, che si porta via un pezzo di me. Vacillo, mi sento in bilico sotto il suo attacco feroce e sicuro.
«Mi piace giocare con te. Solo non capisco perché con me fai tanto la difficile visto che sai come manipolare chiunque e accetti qualsiasi briciola ti si lanci».
Forse è il fatto che provo rabbia per quanto è successo o forse è solo perché averlo davanti mi spinge a volergli fare del male. Perdo la testa. Mi avvento su di lui. Mi tuffo schiantandomi contro il suo petto, ma non riesco nemmeno a riempirlo di pugni perché con una mossa impercettibile, talmente veloce e studiata, mi immobilizza. Mi fa girare e premere la schiena sul suo petto, placcandomi. E quando parla, il suo fiato caldo colpisce la mia nuca e la sua voce bassa, misurata, raggiunge corde sopite per tanto tempo dentro di me, facendomi tremare quando dice: «Cosa credevi di fare? Datti una cazzo di calmata o sarò costretto a pensare a un metodo meno ortodosso, uccellino».
La sua non è una minaccia. È una nota a margine con tanto di asterisco.
«Voglio solo farti male come tu continui a farne a me», digrigno i denti provando a liberarmi. Ma è tutto inutile.
Il suo corpo trema e la sua risata mi solletica la pelle.
«Ecco, adesso mi prendi pure in giro. Sei un coglione insensibile!», esplodo sboccata, come non lo sono mai stata.
Non mi lascia ancora andare. Si avvicina invece al mio orecchio e dopo avermi annusato la pelle sibila: «Sei hai bisogno di sfogarti, almeno fallo nel modo giusto. Magari in ginocchio o su di me».
Avvampo, mi dimeno, ma l'unico risultato che ottengo è la sua imprecazione a denti stretti perché sto strusciando il mio sedere sulla sua erezione.
So che non la passerò liscia per questo.
Quando mi lascia andare strillo: «Sei un maiale!»
Scappo al piano di sopra e dopo una doccia fredda, per distrarmi decido di eseguire un'esercitazione con un programma di editing. Ma si rivela inutile al mio scopo. Sono così distratta da sentirmi male.
Le mie dita scorrono tra le varie cartelle e in breve mi ritrovo a controllarne una in particolare. Esito all'inizio, poi la apro. L'ho nascosta con un nome diverso rispetto al contenuto vero e proprio. Non è solo una confessione, è il mio ultimo colpo da sferrare nel caso in cui le cose dovessero mettersi male.
Qualcuno bussa alla porta. Chiudo tutto e guardandomi intorno come una ladra, intuendo di non avere lasciato niente in bella vista, vado ad aprire.
Trovo Terrence, lo sguardo basso, i capelli umidi e arruffati.
«Che c'è?», stringo le dita in grembo. Le torturo.
Mi blocca il polso, accarezzandomelo pigramente. «Ho del lavoro da svolgere».
Un modo come un altro il suo per dirmi che non ci sarà a cena.
Nascondo la delusione, accorgendomi in fretta che sta nascondendo qualcosa. «Mi lascerai qui con lui?»
«Non vorrei ma non ho alternative», digrigna i denti e impreca a bassa voce.
Prendo un lungo respiro. «Me ne starò confinata, ricevuto», ritiro la mano.
Terrence scrolla la testa. «Parla con lui», mi esorta. «Dovete trovare un punto di unione o le conseguenze saranno irreparabili».
Non mi lascia il tempo di una replica. Sporgendosi mi bacia di nuovo la tempia e si allontana.
«Ehi, Terry?»
Si ferma. «Sì, principessa?»
«Riguarda Jo?»
Si incupisce. «Non è affar tuo».
«Faron ha scoperto tutto, vero? Potrei aiutare. Credimi, io più di tutti ho bisogno di sapere a che gioco sta giocando. Insomma, mi ha messa in pericolo».
Terrence gratta il mento. «Parla con Dante. È lui il capo», ripete allontanandosi.
«Stai attento!»
«Lo sono sempre, principessa».
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Cruel - Come incisione sul cuore
ActionFamiglia. Onore. Dovere. Non esiste altro nella vita di Dante, figlio minore della potente stirpe Blackwell. Non c'è amore. Non c'è felicità. Solo macerie e il gelo a scorrergli nelle vene. Perché il passato tempra, insegna e spinge a calcolare...