Capitolo 18

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EDEN

Sono in soggiorno, teneramente appollaiata sul divano; alle spalle una montagna di cuscini morbidi e intorno una serie di confezioni dei più disparati snack poco salutari.
I film, mi hanno sempre tenuto compagnia, alleviato ogni malumore, fatto sentire qualcosa di diverso dalla rabbia, dalla frustrazione e dal senso di impotenza che da anni hanno invaso la mia vita, trasformandola in un orrore senza un'apparente fine.
Di solito, per il mio compleanno, mi piace chiedere in regalo vecchie videocassette. Niente orecchini o diamanti acquistati da qualche parte nel mondo. Niente collane o cimeli appartenenti a qualche principessa. Niente di così costoso.
Ovviamente per mio padre è qualcosa di obsoleto, poco produttivo, per cui non ascolta più di tanto e continua a fare di testa sua. Non ha capito che a seguito dell'incidente è stata l'unica via di fuga che ho trovato. Questo lo sanno i miei fratelli e lo sa persino la mia matrigna, Vanessa, la quale nel suo piccolo mi sta aiutando nel processo di guarigione.
Sento dei passi pesanti sul marmo, non mi volto neanche, so già chi troverò sulla soglia, in procinto di raggiungere il soggiorno e di riempirlo con il suo profumo costoso e la sua arroganza.
Continuo a giocare nervosamente con la collanina che ho al collo e a guardare distratta Notthing Hill. Una grossa ciotola di popcorn rimane in bilico e mezza vuota sul mio grembo.
«Continuerai a fissare lo schermo con quel vecchio film, fingendo di non avermi sentito arrivare o alzerai il culo per venirmi a salutare?», mi interrompe Darrell, con il suo tono franco, privo di anima.
Prendendomi il mio tempo, metto in pausa il film, mi volto a guardarlo solo per valutare attentamente ogni sua azione, specie quando replico in tono acido, per non farmi schiacciare come una miserabile pulce da lui: «Mi dispiace, ho dimenticato le ciabatte in camera e ho appena fatto la pedicure», sprofondo con la schiena e scostando la ciotola, abbraccio il cuscino.
Darrell rimane immobile sulla soglia. Non mi volto, so già che il suo sguardo mi sta trapassando. «Mi stai rispondendo con quel tono di proposito perché sai che non lo sopporto. Non continuare, non è il giorno giusto per farmi incazzare, fiorellino».
Sporgo la mano, afferro e caccio in bocca una manciata di patatine alla paprika. «Certo che no. Non lo è mai», biascico, nel tentativo di sembrare innocente. Torno a voltarmi e premo il pulsante play per continuare la visione del film.
«Sto aspettando. Vieni qui».
Smetto di masticare per un secondo, fingo di non avere sentito. Spero ci sia uno dei miei fratelli nei paraggi, magari Ace a difendermi. Non voglio restare da sola con lui.
Da quando mio padre lo ha accettato in famiglia, obbligandomi ad avere a che fare con lui, è imprevedibile. Siamo cresciuti insieme, vero, ma fino a un po' di tempo fa riuscivo a evitarlo. Adesso le cose sono cambiate e se ne sta sempre in agguato.
«Eden...»
«Che c'è?»
I suoi occhi fiammeggiano sentendo il mio tono insolente. So che dovrei fare attenzione, che dovrei portargli un po' di rispetto perché presto sarà mio marito, ma non riesco più a controllarmi. Non sopporto questa situazione, odio sentirmi braccata. Nessuno ha mai chiesto la mia opinione in merito e mi sento svilita.
Ci sono giorni in cui vorrei tanto usare il mio blog per chiedere aiuto. Desisto solo perché amo la mia famiglia. Ma quanto ancora riuscirò a sopportare? Non è stato abbastanza ciò che ho dovuto passare? E poi, chi mai verrebbe in mio aiuto?
«Ti ho detto...»
Non riesco a fermarmi. I popcorn volano fino a lui quando glieli getto in faccia con impeto. «Scusa, non ho sentito. Ero impegnata a guardarmi un cazzo di film senza rotture di palle. Ti ho già detto che odio quando qualcuno mi interrompe. Goditi i popcorn dalla soglia, stronzo».
So già di aver per fatto un errore quando la sua reazione non è urlarmi contro.
Darrell stringe i pugni avanzando a grandi falcate e io trattengo il fiato preparandomi a parare qualsiasi colpo.
«Eden?»
Mi riscuoto e per poco non do un pugno in faccia a Faron. Mi ha appena slegato il foulard intorno agli occhi. Li abbasso lentamente per mettere a fuoco.
Tengo ancora in grembo uno dei post-it di mia madre. Forse dovrei smettere di rileggerli o di portarmene sempre uno dietro come un orsacchiotto. Dovrei chiudere tutto in un cassetto, come ho fatto con i sogni e andare avanti. Giorno dopo giorno.

Cruel - Come incisione sul cuore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora