Capitolo 31

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La casa brulica di gente, al punto che io ed Eva per passare dobbiamo fare a gomitate. Bicchieri di plastica sono sparsi ovunque e la musica esageratamente alta non mi permette di capire cosa mi stia dicendo la mia amica, che, ad ogni modo, mi prende per mano trascinandomi con se. Davanti a noi riesco a vedere Tom e altri ragazzi di scuola che conosco.
«Ragazze!» ci saluta Tom con un bicchiere in mano, che mi affretto subito a prendere per poter bere qualcosa.
«Di chi è questa casa?» chiedo avvicinandomi a Tom.
«Non lo so, di uno di scuola credo.» risponde con una scrollata di spalle, e a questo punto mi viene il dubbio che ci siamo imbucati tutti. In qualsiasi caso non fa alcuna differenza con tutta la gente che c'è.

Saluto altri ragazzi presenti, che ben presto si lanciano in pista per ballare, o meglio per strusciarsi contro qualcuno. Eva mi prende per mano, trascinandomi con se, e subito mi ritrovo anche io a ballare tra quell'ammasso di gente. Vengono messe alcune canzoni che io ed Eva conosciamo, e a quel punto non ci limitiamo a ballare, ma anche a cantare a squarciagola ridendo come matte. Tom si avvicina a noi, posizionandosi dietro di Eva, e ballando con lei in un modo che mi fa sentire di dovermi girare dall'altra parte per dargli un po' di privacy.

È da un po' di tempo che ho il sospetto che ci sia qualcosa tra loro due, ma non ho mai chiesto nulla alla mia migliore amica, per non essere invadente. Se c'è qualcosa che deve dirmi, allora me lo dirà.

Girata dall'altra parte, mi ritrovo davanti un ragazzo che poggiando le mani sui miei fianchi inizia a ballare con me. Mi lascio trasportare dalla musica avvolgendo le mie braccia intorno al suo collo. Il ragazzo sussurra qualcosa al mio orecchio, ma non riesco a capire cosa mi stia dicendo per quanto è alta la musica, così scuoto la testa, un cipiglio confuso sul mio viso. Il ragazzo si allontana da me e se ne va, senza dare alcuna spiegazione. Lo guardo andare via, cercando di capire se ho fatto qualcosa di sbagliato, e, giunta alla conclusione che non ho fatto nulla di male, riprendo a ballare.

Tom ed Eva sono spariti, guardo verso le scale che portano al piano di sopra, e la scena che vedo mi fa smettere di ballare.

Vedo Rein non con una, ma con due ragazze avvinghiate al braccio, che sono intenti a salire le scale, sicuramente per trovare una camera libera. Lo guardo scomparire mentre ride e si diverte facendo scorrere le mani sui corpi di quelle due ragazze che a loro volta ridacchiano.

Mi allontano dalla gente che balla e dopo varie ricerche trovo la cucina, semideserta. Mi appoggio al lavello, guardando il mio riflesso sul vetro. Faccio qualche respiro profondo per calmarmi, non ce la posso avere con lui, non ne ho alcun diritto, non sono nessuno per dirgli cosa fare e cosa non fare. Perché fa così male allora?

Mi stampo un sorriso in faccia ritornando nella sala principale, dove ballo ancora un po' prima di dirigermi in giardino a prendere un po' d'aria. Questa casa è davvero enorme, con tanto di piscina, dove alcuni ragazzi stanno facendo il bagno tutti vestiti. Mi siedo su una sdraio, in disparte ammirando il cielo notturno pieno di stelle.

Non fa troppo freddo per essere una sera di fine novembre, ma non fa abbastanza caldo per buttarsi i piscina, anche se mi piacerebbe. Resto ancora un po' ad ammirare le stelle e i ragazzi introno a me, che si divertono, chiedendomi che tipo di vita conducano, cosa li porta ad essere qui in questo momento.

Sto per alzarmi e andarmene quando dal nulla spunta Rein davanti a me, i capelli tutti scompigliati, la camicia sgualcita e fuori dai pantaloni, e come ciliegina sulla torta alcune tracce di rossetto sul collo.

Ricaccio in gola tutto il risentimento, non facendogli capire come mi sento in questo momento, non c'è alcun bisogno che lo sappia. E poi sono sempre stata brava a fingere e a nascondere le mie emozioni, lui è solo uno sconosciuto che conosco meglio di altri, tutto qui, questo è il tipo di rapporto che abbiamo, continuo a ripetermi.
«Hey.» gli sorrido fingendo di essere felice di vederlo.
«Ciao. Non sapevo ci fossi anche tu.»  ribatte passandosi una mano sul collo, restando a qualche passo da me, che sono ancora seduta sulla sdraio.
«Mi ci ha portata Eva.» spiego guardandolo dal basso.

La fiducia è tuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora