MATURE CONTENT. | sequel to Compelled.
(IN REVISIONE)
Mi sentivo intrappolato come in uno di quegli incubi terrificanti in cui, per quanto corri e corri finché i polmoni non ti scoppiano, non sei mai abbastanza veloce.
Più cercavo di farmi strada t...
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«Hey Harry, se vuoi, vai pure», mi propose Lee, guardandomi di sbieco senza mettermi davvero a fuoco. Chissà da quanto tempo andava avanti così, senza che me ne fossi accorto.
Dai Coleman era un pomeriggio pigro. Al momento, in negozio c'erano soltanto due clienti, a giudicare dalla loro conversazione si trattava di escursionisti. Con loro Lee aveva trascorso un'ora a valutare i pregi e i difetti di due marche di zaini leggeri. Ma a un certo punto i due erano passati dalla discussione sui prezzi a una specie di gara di aneddoti tra esploratori. Lee sfruttò il momento di distrazione per defilarsi.
«Ma no, resto volentieri», risposi. Non ero ancora riuscito ad affondare nel mio guscio protettivo di annebbiamento e tutto, quel giorno, mi sembrava stranamente vicino e rumoroso, come se mi fossi tolto dei tappi di cotone dalle orecchie. Cercavo di non badare alle risate degli escursionisti, ma non ci riuscivo.
«Dico sul serio», sbottò l'uomo tarchiato con la barba rossastra, che spiccava curiosamente rispetto ai capelli castano scuro. «A Yellowstone ho visto i grizzly piuttosto da vicino, ma erano niente in confronto a quella bestia». Aveva i capelli arruffati e sembrava indossare gli stessi abiti da almeno qualche giorno. Era appena sceso dalle montagne.
«Impossibile. Orsi neri così grossi non se ne trovano. I grizzly che hai visto tu saranno stati dei cuccioli». Il secondo escursionista era alto e magro, con il viso abbronzato, cotto e seccato dal sole e dal vento. La sua pelle sembrava di cuoio.
«Davvero, Harry, appena questi due se ne vanno, io chiudo», bisbigliò Lee.
«Se vuoi che me ne vada...». Mi strinsi nelle spalle.
«A quattro zampe, era più alto di te», insisteva il barbuto, mentre raccoglievo le mie cose. «Grosso come una casa e nero come la pece. Andrò ad avvertire il ranger. Meglio spargere la voce: bada bene, non era su in montagna. Stava a pochi chilometri dall'inizio del sentiero». Faccia di cuoio rise e alzò gli occhi al cielo.
«Lasciami indovinare: stavi tornando a casa? Non mangiavi cibo decente e non dormivi su un vero letto da giorni, vero?».
«Ehm, scusa, come ti chiami... Lee?», disse il barbuto, guardando verso di noi.
«Ci vediamo lunedì», farfugliai.
«Mi dica», rispose Lee allontanandosi. «Dimmi, ultimamente hai sentito parlare di orsi neri, qui in giro? Un avviso, o qualcosa del genere?». «No, signore. Ma è sempre meglio tenersi a distanza e conservare bene il cibo. Le ho mostrato i nuovi recipienti antiorso? Pesano meno di un chilo...».
Le porte scorrevoli si aprirono e io uscii sotto la pioggia. Rannicchiato nel mio montoncino, corsi verso il pick-up. Anche la pioggia che martellava sul cofano faceva più rumore del solito, ma il ruggito del motore soffocò subito tutto il resto.
Non volevo tornare a casa, ancora deserta. La sera precedente era stata particolarmente pesante e non desideravo affatto rivisitare la scena delle mie sofferenze. Non era finita neanche dopo che il dolore si era placato abbastanza da lasciarmi dormire.