ventitré

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Harry Styles.

Ci trovavamo in un corridoio anonimo e molto luminoso con le pareti bianche e il pavimento di moquette grigia

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Ci trovavamo in un corridoio anonimo e molto luminoso con le pareti bianche e il pavimento di moquette grigia. Sul soffitto spiccavano comunissime lampade al neon, ben distanziate una dall'altra.

Fui lieto che la temperatura si fosse alzata. La stanza era molto più accogliente rispetto all'oscurità di quelle spaventose fognature di pietra.

Louis non sembrava d'accordo con me. Lanciò un'occhiata cupa in fondo al corridoio, verso la sagoma snella e fasciata di nero che stava accanto all'ascensore.

Mi trascinò con sé, mentre Niall mi proteggeva sull'altro fianco. La pesante porta cigolò e si chiuse alle nostre spalle, accompagnata dal rumore greve di un chiavistello.

Diana ci aspettava all'ascensore che teneva aperto con una mano. La sua espressione era apatica.

Saliti sull'ascensore, i tre vampiri al servizio dei Volturi si rilassarono ulteriormente. Aprirono le mantelle e lasciarono scivolare i cappucci.

Astrix ed Aleksej erano entrambi di una carnagione leggermente olivastra che creava uno strano connubio con il loro pallore.
I capelli di Astrix erano neri e corti, quelli di Aleksej gli arrivavano alle spalle. L'iride rosso cupo diventava quasi nera in corrispondenza della pupilla. Sotto le mantelle portavano abiti moderni, chiari e anonimi.

Mi rannicchiai in un angolo, stringendomi a Louis. Non aveva smesso di massaggiarmi il braccio. Né aveva staccato un momento gli occhi da Diana.

Il viaggio in ascensore durò poco. Dopo una breve salita sbucammo in quella che sembrava l'anticamera di un ufficio di lusso. Le pareti erano rivestite da pannelli di legno, la moquette sul pavimento era verde scuro. Al posto delle finestre campeggiavano panorami grandi e luminosi della campagna toscana. C'erano poltroncine di pelle chiara disposte a piccoli gruppi, e sui tavoli laccati spiccavano vasi pieni di fiori dai colori accesi.

Il profumo che irradiavano mi fece pensare a un'impresa di pompe funebri.

Restai sorpreso quando vidi una donna dietro un'alta scrivania di mogano lucido al centro della stanza.

Era alta, abbronzata, con gli occhi verdi. In qualsiasi altro contesto l'avrei trovata bella, ma non lì. Perché era un essere umano, esattamente come me. Non riuscivo a capire cosa ci facesse in quel posto una donna, totalmente a proprio agio, circondata da vampiri.

Li accolse con un sorriso gentile. «Buon pomeriggio, Diana», disse. Non fu affatto sorpresa dallo strano gruppo che formavamo. Nemmeno da Louis, il cui petto nudo riluceva fioco sotto i neon bianchi, né da me, sciatto e, al confronto, orribile.

Diana annuì. «Ciao, Monica». La seguimmo mentre puntava verso una porta di legno a doppia anta in fondo al locale.

Passando davanti alla scrivania, Astrix strizzò l'occhio a Monica, che fece un risolino.

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