diciotto

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Harry Styles.

In quel momento, la mia testa riaffiorò

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In quel momento, la mia testa riaffiorò. Assurdo. Ero certo di essere annegato.

La corrente non diminuiva. Mi scagliò contro altre rocce; ne sentivo i colpi sulla schiena, secchi e costanti, e sputavo acqua dai polmoni. Ne avevo ingurgitata tantissima, era un vero fiume che sgorgava dalla bocca e dal naso.

Il sale bruciava, i polmoni bruciavano, la bocca era così piena da impedirmi di respirare e le rocce contro la schiena facevano male. Non capivo come ma, malgrado la corrente, sembrava che non mi muovessi. Vedevo solo onde che si allungavano verso il mio viso.

«Respira!», ordinò una voce folle d'angoscia e quando la riconobbi mi sentii pugnalare dal dolore: non era Louis.

Non potevo obbedire. La fontana che mi sgorgava dalla bocca non mi lasciava pause per riprendere fiato. L'acqua nera e ghiacciata mi riempiva il petto e bruciava.

Un altro colpo delle rocce sulla schiena, proprio tra le scapole, e tossii l'ennesima sorsata d'acqua dai polmoni.

«Respira, Harry! Avanti!», implorò Ezra.

Il mio campo visivo si riempì di macchie nere, sempre più grandi, che nascondevano la luce. La roccia mi colpì di nuovo.

Non era fredda come l'acqua, anzi, la sentivo calda a contatto con la pelle. Mi resi conto che era la mano di Ezra, che cercava di liberarmi i polmoni. Anche la sbarra d'acciaio che mi aveva ripescato dal mare era... calda... mi girava la testa, le macchie nere coprivano tutto...

Stavo di nuovo morendo? Non mi andava. L'ultima volta era stata migliore. C'era solo oscurità e nessuna visione piacevole. Il rumore dell'infrangersi delle onde sfumò nel buio e diventò un sussurro silenzioso che sembrava provenire dalle mie stesse orecchie...

«Harry?», chiese Ezra, ancora nervoso ma più tranquillo di prima.

«Haz, tesoro, mi senti?». Il contenuto della mia testa sgusciò e rotolò in un impeto di nausea, come per unirsi alle acque agitate...

«Da quanto ha perso conoscenza?», chiese qualcuno. L'altra voce mi sorprese e la scossa mi diede un briciolo di lucidità in più.

Mi accorsi di essere fermo. Non ero più in balia della corrente e il dondolio era soltanto nella mia testa. La superficie su cui stavo era piatta e solida. La sentivo ruvida, sotto le braccia nude.

«Non lo so», rispose Ezra, irrequieto. La sua voce era molto vicina. Un paio di mani - tanto calde da poter essere le sue - mi scostarono dalle guance i capelli bagnati. «Da qualche minuto, credo. Non ci è voluto molto per riportarlo sulla spiaggia».

Il ronzio soffocato che sentivo nelle orecchie non veniva dalle onde: l'aria era tornata a frequentare i polmoni. Bruciava a ogni fiato: le pareti della gola erano scorticate come se le avessi strofinate con la lana di vetro. Eppure respiravo.

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