L'utilità del consultare le biglie

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Le trattative con i conrei non stavano procedendo per il meglio.

Lovro non era un avvocato, né s'intendeva di legge o di storia. Era un navigatore e, come i suoi antenati, aveva scelto di affidarsi alle stelle per trovare il suo posto nel mondo. In un universo in costante rotazione, non esistevano punti fissi e determinare la corretta rotta era un'abilità che richiedeva capacità di previsione, conoscenza dei moti celesti e un talento naturale nel collegare due punti con una linea retta nelle quattro dimensioni.

«Non sei un cartografo?», un annoiato Ata lo aveva chiamato per comunicargli le novità, «prendi quelle carte e guidaci attraverso le onde e i mostri marini».

Sentì le sue dita stringere una chiave inglese, pronte al rilascio contro lo schermo. Era arrivato fino ad alzare il braccio per caricare il colpo, quando realizzò quanto la battuta nascondesse un fondo di verità.

Un clang metallico lo attivò, portandolo a visionare nuovamente il documento.

Era un patto, non una missione in singolo: avrebbe dovuto trovare un punto di congiunzione fra due percorsi e fare in modo che proseguissero nella stessa direzione. Non mantenere un tragitto.

«Midah, lei è un genio!», esclamò, appuntando quali articoli rimuovere e quali correggere della sua vecchia bozza.

«Cosa odono le mie orecchie? È forse un complimento?».

Lovro lo mandò al diavolo.


Il loro arrivo non era passato inosservato e il comitato di benvenuto aveva dato fondo a ogni sua risorsa per non farsi trovare impreparato

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Il loro arrivo non era passato inosservato e il comitato di benvenuto aveva dato fondo a ogni sua risorsa per non farsi trovare impreparato.

Midah li aveva materializzati in quella che aveva tutto l'aspetto di essere una sala di controllo. Di cosa però, non era riuscito a sostare abbastanza a lungo per poter azzardare un'ipotesi. Si era riparato dietro al primo macchinario disponibile, sufficientemente ampio e robusto da permettergli una buona copertura dal fuoco nemico, ma anche costrittivo per i movimenti e la visuale. Non poteva nascondere, schiacciato fra la parete e il suo scudo, di essersi infilato in una situazione senza facile via d'uscita. Era sopravvissuto a cunicoli peggiori: in quello aveva ancora aria a disposizione.

Fece appello ai suoi altri sensi, nonostante l'ambiente sfavorevole: per quanto gli yomiti avessero un udito sviluppato, in grado di distinguere dal fischio del vento e il frastuono delle tempeste il passo di un predatore, su una nave il ronzio e le vibrazioni dei motori interferivano anche al livello del tatto.

Inginocchiandosi, impugnò la sua arma, poco rassicurato dalla mancanza di suoni. Avevano smesso di sparare e anche gli schermi tacevano. Sapeva che si stessero avvicinando, con il materiale plastico delle loro armature in grado di assorbire ogni impatto con il suolo, e lui avrebbe dovuto agire in fretta. Staccò lo stemma da capitano dal bicipite, sfruttando la placca lucida come specchio. Contò cinque figure: anche se fosse corso sparando, destabilizzando i suoi avversari, non avrebbe avuto tempo di aprire la porta, non con cinque pistole puntate sulla sua nuca. L'oscurità degli ambienti era favorevole non solo ai suoi occhi.

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