Due cose sono infinite: la pazzia e la perseveranza umane. Così venne accolta il suo primo giorno, nell'ufficio del suo supervisore. Al centro dell'unica parete non trasparente del suo ufficio, in inchiostro nero su sfondo giallo, era impressa la storpiatura della famosa massima¹. Un avvertimento che non avrebbe potuto mostrarsi con più chiarezza. Aveva sorriso, questa è la mia gente, quando dopo un solo semestre le aveva proposto di unirsi al suo gruppo di lavoro.
Giunta nell'hangar, sentì il suo sangue vibrare al richiamo di quell'ampio spazio grigio, che l'aveva vista per anni gesticolare pigramente ed esprimersi a grugniti, all'interno di quelle bombe a orologeria che chiamavano navicelle. Innumerevoli notti dal sapore di caffeina spese a pianificare, modellare e sperimentare, sotto un cielo di vetro che sembrava protendersi senza fine verso lo spazio profondo. Una misera barriera a proteggerli da quella follia, che l'aveva spinta a scegliere l'autonomia dei viaggi in piccoli gruppi, su un veicolo che conosceva come il palmo della sua mano. Veicoli mai progettati per affrontare altro oltre all'atmosfera terrestre.
Nella loro continua scalata verso le spalle dei giganti², non si erano resi conto di quanto li avessero superati. Non vi era però nessuna pianta di fagiolo ad assisterli nella loro rovinosa caduta. E quindi avevano scelto di volare. E continuavano a sceglierlo, di anno in anno, con una determinazione un coraggio che era riflesso sui volti degli studenti del quarto e del quinto anno, radunati per rispondere a un appello di aiuto mandato da una galassia con cui avevano poco in comune.
Aykari non sarebbe rimasta a guardare, anche se sapeva non sarebbe stato facile.
«Laner, Tanya: TFA Pelican. Lantirre, Maxìme: TFA Concorde».
La sua sospensione comportava anche la non idoneità al servizio: non si sorprese quando il suo nome non venne chiamato.
«Lesim, Kos: TFA Royal». Non si voltò verso la sua amica, sapendo che avrebbe trovato solo agitazione e preoccupazione ad accoglierla. Aspettò invece che l'istruttore finisse il loro scaglione, pregando sarebbero bastate le sue parole per trovare un punto di accordo.
«Signore?». Il suo obiettivo, un uomo sulla trentina, dai corti capelli castani a spazzola e rughe che raccontavano di broncio perenne, non suggerivano una propensione al dialogo.
«Mi dica, allieva». Aykari aveva davvero una passione per le battaglie perse in partenza. Al disinteresse altrui, chiunque si sarebbe scusato e avrebbe rinunciato.
«Il mio nome è Aykari Lange. Non sono stata chiamata».
L'altro sbuffò, recuperando la tavoletta che aveva riposto sotto al braccio. Schioccò la lingua sul palato mentre scorreva i nomi.
«Lei è stata sospesa, allieva».
«Lo so, ma è un'emergenza e il mio rendimento negli scorsi anni-». Un verso di protesta la interruppe.
«Sospesa, Lange, sospesa». Si degnò di guardarla dall'alto al basso, prima di spegnere lo schermo e marciare nella folla che correva da una parte all'altra degli spazi metallici dell'hangar.
Eriki la strattonò, ma lei lo notò appena. Giocare seguendo le regole non l'aveva portata dove si trovava, nel bene e nel male. Si era davvero illusa l'avrebbe aiutata in quell'occasione?
«Ay?». Si concesse un secondo per ricomporre la sua espressione e cancellare ogni traccia di rabbia dal suo volto.
«Va tutto bene, Kiki. Non preoccuparti», abbozzò un sorriso, evitando i suoi occhi, «come dicono sulla Terra, in bocca al lupo. Mi racconterai com'è andata al tuo ritorno, eh?». Un'idea si stava formando nella sua mente, delineandosi sempre più al passaggio delle casse con gli equipaggiamenti.
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Materia degenere
Fiksi Ilmiah- Quos vult Iupiter perdere - «Da cosa altro potremmo essere definiti, se non dalla nostra biologia?». L'universo aveva scelto il neo capitano Su'hahru, quel giorno, per intonare il ritornello della canzone che le aveva dedicato. L'universo aveva sc...