Capitolo 4

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Amelia

Non riesco a capire se delle farfalle hanno deciso di volteggiare indisturbate nella pancia o se il Martini sta facendo delle evoluzioni nel mio stomaco per lo più vuoto.

Stoler vive il mio sogno senza alcun merito. Un ripiego, ecco cos'è. Il viscido siede sulla mia promozione mancata; i riflettori lo illuminano a causa del mio destino avverso.

Mi sento rimessa in gioco, di nuovo i dadi in mano; la mia pedina si è voltata verso nuove caselle, in trepidante attesa di conoscere il risultato del lancio.
Un nuovo traguardo all'orizzonte. Un obiettivo che mi darà la carica e il coraggio per alzarmi tutte le mattine.
La forza di guardarmi allo specchio.

Con Robert ci siamo accordati in modo tale da giustificare la mia assenza dal ripostiglio, smistando le mie incombenze tra alcuni nomi che, a parer mio, sono da prendere in considerazione. Definito il piano nei minimi dettagli abbiamo cercato una scusa per difendere la mia presenza al suo fianco, lungo i corridoi dei piani alti. Messo tutto nero su bianco, dopo un abbraccio frettoloso, ci siamo dati l'appuntamento per la settimana seguente.

Ebbene sì, non ha voluto sentire ragioni e mi ha concesso il fine settimana per assorbire la notizia, rassicurandomi che terrà conto dei miei consigli e iniziato a cedere un po' del mio fardello ad altri collaboratori.

Torno a casa ancora eccitata e, telefono alla mano, chiamo Laila per proporre un'uscita da qualche parte, inventando la balla che mi devo fare perdonare per la serata precedente.
Non abbocca, mi conosce troppo bene, così mi lascio sfuggire che, forse, c'è qualcosa da festeggiare. Prima che mi si stacchi un orecchio a causa delle urla e le continue domande le confermo che sarò sotto casa sua verso le nove, per darle tutto il tempo di rincasare da lavoro e darsi una sistemata. Penso, come una stupida, che un'ora e mezza per agghindarsi le siano sufficienti, ma stiamo parlando di Laila, Miss la puntualità non é nel mio DNA, così il suo viso fa capolino solo un quarto d'ora dopo l'orario previsto, sollecitata da qualche casuale colpo di clacson e a una decina di squilli sul cellulare.

Tra una chiacchiera e l'altra, arriviamo in un ristorantino dove eravamo solite andare a mangiare, ma in cui non ho messo più piede dopo l'incidente.

In realtà ho fatto ben poche apparizioni pubbliche dopo quell'episodio. I locali per me sono stati banditi dalle priorità e l'apice delle mie uscite si sono rivelate: andare a fare la spesa nel negozietto di fiducia al fondo della strada, dai miei genitori e a lavoro.
Patetica!
In poche parole, un bel passo avanti per i miei bassi standard.
O forse no.
Sono a tanto così dal varcare la soglia quando le mie insicurezze si risvegliano.

"Dannazione!" Le mani iniziano a tremare, i palmi a trasudare agitazione. Senza che ne sia del tutto cosciente, li sfrego sul tessuto che mi fascia le gambe nel tentativo maldestro di alleggerirli dal panico che li riveste, ma quello si fa beffe della sottoscritta e imperterrito ritorna.
"Ami... Tutto bene?"
"N... Non ho... controllato la piega!" Mi tocco i capelli con fare nervoso, alla ricerca di una qualsiasi superficie riflettente.
"È perfetta, tranquilla", mi stringe il mento tra indice e pollice muovendo l'ovale da destra a sinistra alla ricerca di qualche capello fuori posto.

Sa benissimo che la mia è solo una scusa, così, terminato l'attento studio, si porta alle mie spalle spingendomi con delicatezza oltre la porta del locale. Non smette per un solo secondo di parlare vaneggiando su cose futili per distrarmi, qualcosa circa una tinta finita male di un habituè del negozio in cui lavora, infine soffia il nome con cui abbiamo prenotato a un cameriere impalato dietro il bancone del bar. Questo, una volta notatami, ci fa strada in maniera frettolosa, zigzagando nella sala fino al nostro tavolo. Scostate le sedie per permetterci di prendere posto, si dilegua alla ricerca di qualche altro cliente da servire.

"Perfettamente Imperfetti" Volume I "Con Le Mie Forze"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora