Capitolo 18

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Amelia

Parole sussurrate.

"È crollata. Voleva aspettare che il signorino si svegliasse dal letargo, ma come puoi ben notare, non ce l'ha fatta!"
"Questo lo vedo anche io, ma non potevi, che so, aiutarla a mettersi comoda? Rischia di cadere da un momento all'altro!"
"Naaa, sono un gentiluomo io, non l'ho persa di vista un secondo. Ero pronto ad acchiapparla al volo."
"Deficiente."

Delle mani mi afferrano, oscillo nel mio limbo che profuma di lui.
Non svegliatemi.

"Tranquilla... non ti lascio."

Strisce pedonali illuminate da una luce debole.
Guardo l'ora. Se non mi affretto, perderò sicuramente la coincidenza. Attraverso correndo la strada che sembra non finire mai.
I tacchi producono un suono sordo che rimbomba come in una grande e vuota stanza. Cerco di fare in fretta, ma non riesco. I miei movimenti rallentano, incespico, e le mie gambe smettono di funzionare. Rovino a terra.
Degli abbaglianti si accendono all'improvviso ferendomi gli occhi. Non scorgo più nulla. Sbatto le palpebre per riacquistare lucidità, ma tutto attorno a me è confuso.
Sento il rombo di un motore mandato su di giri.
I polmoni accolgono e rilasciano aria a ogni accelerata; lo stomaco trema come un diapason trascinando le vibrazioni lungo i nervi del mio corpo.
Afferro le gambe, ma niente. Inizio a strisciare ferendomi inesorabilmente i palmi sull'asfalto.
Lo sporco con il mio sangue nel tentativo disperato di mettermi al sicuro.

Ma lo so, è troppo tardi!

Mani che scuotono, qualcuno urla.
Io urlo.

Apro gli occhi di scatto e tento di sollevarmi, ma sono costretta dentro delle braccia che mi circondano, cullandomi avanti e indietro. La bocca spalancata non emette più alcun suono, le guance bagnate, rigate da silenziose lacrime. Metto a fuoco e vedo solo le mie gambe, il resto scompare.

"Muovetevi... Muovetevi! Oddio, vi ho detto di muovervi!" La mia voce mi giunge roca.
"Basta, Amelia, basta, ti prego! Va tutto bene!"
"Josh"
"È tutto ok, ci sono io. Nessuno ti farà più del male."

Il silenzio della camera è spezzato solo dai miei singhiozzi.
La stretta al petto piano piano scema. Il viso di Josh mi si palesa di fronte pallido come un fantasma.

"Mi dispiace", soffio affaticata.

Le sue mani calde strofinano via le ultime lacrime dalle mie guance, e cerco conforto sul suo petto.

"Shhh, non dirlo neanche per scherzo."
"Ti spiace... Ti spiace prendermi la sedia, ho bisogno del bagno."

Quando esco lo trovo seduto vicino alla porta con la schiena premuta contro il muro ad aspettarmi.

"Meglio?"

Confermo con un cenno, mentre lui si alza per venirmi vicino. Si blocca e il suo sguardo corre sulle gambe lasciate scoperte dal tessuto stropicciato.

"A causa mia, vero?"

Non mi lascia neanche il tempo di rispondere che si è già posizionato alle mie spalle; afferrate le manopole della sedia, mi spinge verso camera sua.
Sparisce per un secondo netto, per poi tornare sui suoi passi con un Kit di pronto soccorso stretto tra le falangi.

"Posso pensarci io."
"Lascia che rimedi in qualche modo", e comincia a disinfettare i tagli con gesti attenti e misurati.

Terminato, getta in un secchio i batuffoli di cotone utilizzati, e prende a coprire le ferite con alcuni cerotti che svettano come un muto rimprovero sulla mia pelle pallida.

Il suo sguardo evita la mia faccia; non ci va un quoziente intellettivo superiore a centotrenta per capire che si sente in colpa. Le sue dita che accarezzano le mie gambe sono un'ulteriore conferma: sembrano chiedere scusa.

"Perfettamente Imperfetti" Volume I "Con Le Mie Forze"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora