Capitolo 15

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Amelia

Nell'abitacolo la musica aleggia sottofondo delle nostre parole taciute.

Ho la sensazione che la domanda che mia madre gli ha posto circa la sua famiglia sia qui, tra noi: un elefante comodamente seduto sul bracciolo tra i sedili.
Lo vedo prendere coraggio un momento e quello successivo scuotere la testa.
Non è pronto a confidarsi, e chi meglio della sottoscritta può capirlo.

Arrivati a destinazione mi aiuta a scendere, poi prende a giocare con le chiavi dell'auto con fare nervoso.

"Vuoi entrare?"

Soppesa la mia domanda, cosa mai successa prima.

"Stasera non posso. Sono rimasto indietro con il lavoro, e se per domani non avrò tutto pronto Jack mi uccide. Questo progetto... è davvero importante per lui. Vorrei parlartene, ma sono tenuto al segreto professionale e"

La scusa del lavoro, un'altra prima volta.

"Non ti preoccupare, capisco. Non crucciarti. Allora... ci sentiamo. Buona fortuna per il progetto."

Mi allontano per lasciargli lo spazio che mi sta chiedendo indirettamente.

"Amelia!"

Rallento fino ad arrestarmi e me lo trovo davanti. I suoi occhi sempre di un azzurro limpido ora sono opachi e stanchi. Si passa una mano sulla faccia come a cancellare tutto quello che gli frulla in testa.
Con le dita lo sfioro un po' incerta; non capisco cosa gli sta succedendo.

Vorrei saper leggere nella mente e avere così accesso ai suoi pensieri.

"Ehi, lo sai che se hai bisogno, io ci sono."

Un cenno d'assenso, le labbra che si sollevano agli angoli, ma senza raggiungere gli occhi.

"Ti chiamo domani, promesso."

Non riesco a togliermi dalla testa l'espressioni del suo viso.

A casa dei miei quando si è allontanato con la scusa del bagno sembrava... amareggiato. Come se vedere interagire me e i miei genitori gli facesse quasi male. Al suo ritorno si è calato di nuovo nell'ospite perfetto. Ma poi l'ho rivisto quel dolore, nella mia stanza, davanti allo scaffale dove anni prima avevo sistemato tutti i miei classici preferiti. Li ha sfiorati appena, una triste tenerezza dipinta sul volto.

-Mi dispiace, non possiedo volumi su Pitagora o Euclide nella mia biblioteca-, gli ho strappato un sorriso sincero con la mia battuta.
-Dobbiamo rimediare, allora.-

Sembrava tutto finito, come se quello che a tratti lo ha portato a rinchiudersi nella sua testa fosse stato spazzato via.
Almeno fino al mio portoncino d'ingresso.

Slitto per l'appartamento senza riuscire a stare ferma, senza riuscire a concentrarmi su nulla in particolare se non le chiavi della mia macchina ogniqualvolta che ci passo accanto.

Potrei fare un giretto e trovarmi casualmente davanti a casa sua.
Se finisco a casa sua e deve davvero lavorare... finisce che facciamo tutt'altro e gli toccherebbe passare la notte sveglio per rimettersi in pari.

Così mi sentirei stupida e in colpa, meglio evitare.

Quindi, che cosa faccio?

Afferro il cellulare senza rifletterci troppo e faccio partire la chiamata.
Uno, due, tre squilli.

"Ehi, Witch! A cosa devo questa telefonata? Hai qualcosa per me?"
"Ciao, Jack. Ti disturbo?"
"Che cosa è successo? Non ti è mai fregato di disturbare... Josh."

Lascio andare un sospiro.

"Vi frequentate da molto tempo? Lo conosci bene, vero?"

Sussurra un'imprecazione.

"Perfettamente Imperfetti" Volume I "Con Le Mie Forze"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora