Capitolo 23

59 7 6
                                    

Josh

No, no, no, no, no!

Non di nuovo! Non può accadere di nuovo.

La figura di mia madre che rimbalzava contro la parete della cucina, dopo l'ennesimo colpo.
Lei che con la stessa forza viene sbalzata contro lo schienale.

Il sangue di mia madre che inarrestabile colava dal taglio sullo zigomo.
Il sangue che fuoriesce dal suo corpo.

Le grida di mia madre.
Il grido di Amelia.

Corro, mi lancio verso la carrozzina che a causa dell'urto indietreggia sull'asfalto macchiato da schizzi rosso cremisi.

Una macchina parte sgommando nel senso opposto.

"Jack!"
"Resta con lei, chiama aiuto! Io seguo quella cazzo di macchina!"

La portiera che sbatte dietro la figura di mio fratello, il motore mandato su di giri, e restiamo soli.

Il sangue scorre copioso dalla ferita. Agguanto la mia camicia e me la strappo via di dosso, per usarla come tampone nel tentativo di arrestare il mare rosso che trabocca.

Ha un dannato buco nella spalla.

Con la mano libera frugo nello zainetto, afferro il cellulare e chiamo i soccorsi.

Indirizzo, nome e cognome, la centralinista mi tiene occupato per minuti che sembrano ore. Tutto mi appare rallentato. Un incubo.
Chiudo la conversazione sentendomi impotente. Non so cosa fare.
Il cuore in gola. Ingoio i palpiti.

Sono inutile.

"Non farmi uno scherzo del genere... Mi hai sentito, Ami? Apri gli occhi, splendida. Fammeli vedere! Perché sei così testarda? Sapevi che era pericoloso uscire!" Lascio andare tutta la frustrazione, prendendomela con la sua cocciutaggine.

Il colore della sua pelle è sempre più pallido; lo straccio che tengo premuto sulla ferita sempre più scuro.

"Devi resistere, mi senti? Non puoi lasciarmi. Devi ancora fare quella dannata diretta." È colpa mia. Lei è stata ferita per un mio errore di valutazione. "Lo sai perché abbiamo fatto quell'assurda richiesta?" Cerco redenzione, con la speranza che in qualche modo mi senta, che le mie ragioni si insinuino nello stato di incoscienza in cui è caduta. "Per te. Per farti vedere che sei la migliore. Nessuna scorciatoia." Mi giustifico. "Io e Jack volevamo mostrare a tutti che sei tu la numero uno. Ma se ti avessimo promossa senza una prova tangibile, avresti rifiutato il posto. Avresti avuto dei dubbi... su di te, su di noi... su di me! Quindi combatti, Amelia! Dio, non lasciarmi, ti prego, non lasciarmi!"

Delle sirene ancora lontane squarciano il silenzio, strappandomi dai miei sproloqui. Qualche vicino si affaccia sulla strada, disturbato dal suono che rimarca la gravità che ci vede protagonisti. Mormorii di sottofondo, occhiate inquisitrici mi rimbalzano addosso. Una macchia di colore e il proprietario della casa accanto, un uomo con cui avrò scambiato a dir tanto due parole, prende a dimenare le mani in aria per attirare i soccorsi nella giusta direzione. Una signora si avvicina cauta e strabuzza gli occhi alla vista della mia donna ferita.

"Victoria, vai a occuparti della casa del signor Carter."
"Oh, Mike, che cosa sarà mai successo? Il nostro è un quartiere tranquillo... Hai visto quelle macchine come sono andate via? Potevano investire qualcuno!"
"Cara, vai a cercare le chiavi e chiudi la casa, non vorrai che qualcuno abusi della sua assenza e gli rubi i suoi averi?"
"Certo che no... Signor Carter, ci pensiamo noi. La sua proprietà è in buone mani."

Annuisco per pura cortesia; al momento casa mia potrebbe prendere fuoco e non me ne potrebbe importare di meno.

Ancora una volta la voce del mio vicino spezza lo strillo della sirena mentre cerca di farsi scorgere dall'autista.

"Perfettamente Imperfetti" Volume I "Con Le Mie Forze"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora