Capitolo 10

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Amelia

Solo lunedì.

È solo lunedì e il mio nuovo blocco per gli appunti è già diventato un ammasso di solchi blu. Tracciati con foga, di fretta, a volte quasi illeggibili, i segni della biro ricoprono ogni angolo disponibile, ogni superficie cartacea di mia proprietà.

Ecco il risultato per non essermi risparmiata un secondo.

Questa mattina sono partita con largo anticipo sulla mia solita tabella di marcia. Mi sono portata avanti, smistando tutto quello che mi era stato depositato sulla scrivania nei miei giorni d'assenza. Come pattuito con Robert, ho rinviato il materiale revisionato alle postazioni di competenza, a volte lasciando piccoli appunti con alcune indicazioni, così da non correre il rischio di essere richiamata durante il mio primo tour da ombra.

Perché è questo che sono diventata: l'ombra di Robert.

Ho passato le ore successive spiando le riunioni da un angolino del suo ufficio, pedinando i suoi passi lungo i corridoi, osservando furtivamente il suo modo di interagire con l'intero staff. Non mi sono persa nulla, tantomeno la facilità con cui il mio mentore prenda decisioni, la stessa che avrebbe impiegato un comune mortale a scartare una caramella.

Il telegiornale ha una scaletta precisa che solo poche volte viene ricombinata, per lo più a causa di eventi così tragici da dover ritagliare uno spazio importante nella mezz'ora prevista per l'intero svolgimento della diretta.

E lui, dall'alto della sua esperienza nel settore, non si perde mai in chiacchiere inutili. Se un pezzo è d'effetto viene promosso, altrimenti lasciato da parte per giornate dove ci sarà bisogno di servizi riempitivi. Invia troupe quando suona il telefono per qualche scoop interessante e controlla i servizi di quelli che sono già rientrati. Supervisiona l'efficienza dei collegamenti con gli operatori esterni, e nella fase del montaggio riesce a scovare i dettagli più insignificanti, ma che potrebbero danneggiare la buona uscita del pezzo.

Respira giornalismo, gli scorre nelle vene, è il telegiornale in persona.

Anche quando ho un attimo di respiro, con una tazza fumante di caffè in mano, non riesco a distogliere lo sguardo dall'uomo che mi ha sempre sostenuto da quando sono entrata in questo mondo.

È un burattinaio, meglio, un regista.

Da quando è partita la sigla, la sua testa si muove sincronizzata con gli attacchi dei servizi, come a dare il Ciak di inizio per una ripresa, e quando anche l'ultimo servizio è finito, e senti ripartire la sigla conclusiva, lui ha già girato i tacchi senza perdere tempo in inutili convenevoli.

E io ho assistito a tutto in religioso silenzio. Gli unici raffronti tra noi sono avvenuti attraverso foglietti scribacchiati in fretta e furia, come durante una lezione a scuola, e con occhiate eloquenti che sono meglio di un telegramma.

Ce l'ho messa tutta, ma la mia presenza, per quanto silenziosa, non è passata inosservata. Ho notato che spesso chi si è avvicinato a Robert mi ha lanciato sguardi furtivi e anche un po' sospettosi.

Uno in particolare mi ha martellato come il becco di un picchio su un tronco cavo: Mike.

Il viscido, un'ora prima della messa in onda, è entrato con il suo sorriso da divo, salutando con pacche e ammiccamenti vari lo staff che incrociava nel suo cammino, fino ad arrivare al cospetto del direttore generale per prendere le ultime disposizioni per il servizio. Appena si è reso conto della mia presenza, ha sgranato gli occhi dalla sorpresa. Io, d'altra parte, mi sono limitata a un breve cenno con la testa e un secondo dopo sguazzavo negli appunti disordinati. Ho rialzato lo sguardo per pura casualità, in tempo per vederlo recuperare il materiale e palesare uno dei suoi soliti ghigni, per poi dileguarsi con la mascella contratta e un cipiglio a dir poco contrariato.
Si è visto lontano un miglio che la mia presenza lo ha infastidito, ma non riesco a immaginarne la motivazione.

"Perfettamente Imperfetti" Volume I "Con Le Mie Forze"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora