Capitolo 21

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Amelia

"Amelia, sono quasi arrivato. Non muoverti e rimani al telefono con me."

Lo sento parlare, ma tutto intorno appare ovattato, come circondato da un alone che piano piano mi inghiotte.

Il rumore di auto in sottofondo, mormorii, una portiera sbattuta con violenza.

"Ami! Amelia, guardami! È sotto shock! Frank, portami dell'acqua per favore. Ascoltami, Ami, adesso prendi un bel respiro... Non ti fermare, così brava."
"Josh?"
"Eccoti. Ciao, splendida. Sistemeremo tutto, ma devi rimanere vigile, lo puoi fare per me?"

Finalmente riemergo dalla nebbia e come se fossi stata in apnea per troppo tempo il mio corpo comincia a chiedermi aria. La prendo a grandi sorsate: riempio i polmoni e li svuoto fino a quando il mio fisico riconquista un'azione da sempre innata.
Sbatto le palpebre più volte, gli occhi sulla mano dove va via via sbiadendo l'indirizzo che mi sono malamente appuntata. Me la porto al viso, inizio a leggere in loop, finisco e riparto, come a fissare nella testa una cosa importante che, però, rischio di dimenticare.

Una presa delicata mi costringe a girarmi.

"Bevi, Ami."

E come una bambina ubbidiente mi porto la bottiglietta alla bocca e butto giù un sorso dopo l'altro.

"Jack, ho bisogno di te. Ti mando l'indirizzo, ci vediamo lì."

Giro la testa tornando finalmente al presente, la via dell'officina ormai impressa nelle retine degli occhi.

"Come stai?" Josh mi scruta preoccupato.
"Devo andare dal meccanico. Ha detto che... che i freni non funzionano, no. Che sono stati tagliati. Che diavolo vuol dire?"
"Non lo so... Ti porto a casa e ce ne occupiamo io e mio fratello."
"No, no, voglio arrivare fino in fondo a questa faccenda. Portami con te."

Mi osserva attentamente alla ricerca di un mio tentennamento. Non lo troverà.

"Ok, andiamo." Si gira un istante verso qualcuno.

Seguo il movimento e trovo il povero Frank con uno sguardo preoccupato puntato sulla mia persona.

"Tutto bene, signorina Wilder?"
"Non lo so ancora, Frank, ma lo scoprirò."
"Si riguardi, e se avesse bisogno non si dia pena di chiamare."

Gli sorrido debolmente e annuisco piano.

Siamo in macchina diretti verso la periferia. Il silenzio è un macigno sullo stomaco; solo la presa salda di Josh mi tiene ancorata alla realtà.

Parcheggiamo in un piazzale polveroso e un secondo dopo la figura di Jack si palesa vicino alla mia portiera, la spalanca e mi ingabbia in un abbraccio.

E gli argini si rompono.

"Tranquilla, Witch, ci siamo noi con te. Ho già parlato con il meccanico, ma vorrei che sentiste anche voi cosa ha da dire."

Strofino i palmi sulla faccia, mandando a puttane il poco trucco che mi sono imposta di mettere per andare tutti i giorni a lavoro.

Fanculo il make-up!

Raggiungiamo la mia povera scatoletta ferita: l'hanno issata su un ponteggio. Davanti a lei un uomo stempiato, vestito con una tuta blu, si pulisce più e più volte le mani in uno straccio che ha visto tempi migliori.

"Buonasera."
"Signora, mi spiace se l'ho spaventata. Mi sono reso conto di essere stato indelicato. Certe cose non sono affrontabili per telefono."

Immagino di assomigliare a un fantasma se persino uno sconosciuto si sente in dovere di chiedere scusa.

"Perfettamente Imperfetti" Volume I "Con Le Mie Forze"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora