Capitolo Uno -L'erede di Kikujima

127 6 21
                                    


L'erede di Kikujima

CAPITOLO UNO

"Tempismo perfetto... Ironicamente parlando"

"Drinn... Drinnn!"

«Chi cazzo è che rompe a quest'ora?!» impreco mentre cerco di abbassare il volume della cassa Bluetooth che per la terza volta di fila riproduce "Don't let me be missunderstud" di Santa Esmeralda; categoricamente scelta dalla colonna sonora della Play List di Kill Bill.

Mentre finisco di versarmi il secondo caffè lungo nella stessa tazza già usata un paio di ore prima, finisco per inciampare nell'angolo sollevato del tappetino della cucina, col risultato di una grande chiazza scura che inesorabilmente si spande sul bancone a ridosso dei fornelli ancora ustionanti.

«Dannazione!» sibilo incurante del telefono che continua a trillare. «Arrivo!» sbuffo dopo aver asciugato alla meglio il fornello con almeno sette fogli di carta assorbente.

Finalmente mi appollaio al bancone accanto alla finestra sullo sgabello dalla seduta in plastica che oltre che ad essere freddo al tatto, mi procura una fastidiosa sensazione appiccicosa alle cosce, scoperte a causa del caldo crescente già ingombrante in città. E sono solo le dieci del mattino di una qualsiasi domenica di maggio!

«Cazzo! Merda! Il prefisso della Svizzera; possibile che ogni volta che cerchiamo di parlarci non riusciamo mai a trovarci?». Mi riferisco al mio ragazzo che ora al contrario di me, si trova in un posto freschissimo, ad un'altitudine maggiore in modo esponenziale, tra neve, sole, bollicine e sicuramente qualche stupido film demenziale. Ovviamente è a sciare, godendo di questi ultimi giorni di apertura delle piste. La mia non è assolutamente invidia, no. Chi vorrebbe essere in un paradiso immacolato, a due passi dal cielo, invece che piegata su uno schermo a comporre meravigliosi collage per tutte queste coppie sorridenti appena convolate a nozze. Ovviamente io. Aveva bisogno di staccare, lui; ci voleva una pausa, poverino. E io qua a sgobbare tra scatti di intimo fuori moda, sorrisi di circostanza, un susseguirsi di scene trite e ritrite, in cui alla fine, anche se "puntiamo sull'autenticità", quella viene sempre messa da parte quando poi si tratta di apparire.

"Pazienza" sbuffo guardando le due chiamate perse subito prima di finire il poco caffè che sono riuscita a salvare, certa che se anche dovessi richiamarlo, garantito come l'oro, nessuno si farebbe vivo dall'altra parte.

Clicco la "X" in alto a destra del monitor e chiudo la cartella del nostro ultimo lavoro; imbarazzante lavoro. Un matrimonio di quelli che nemmeno nei peggiori programmi sui canali dei reality reggerebbero il confronto: un preventivo da quattromila euro, tra album, accessori, video... Ovviamente ben contenti di fare il nostro lavoro ma, oddio, che giornata stressante che era stata quella.

Guardo fuori dalla finestra dove la vista, ahimè, lascia spazio solamente ai molteplici palazzi decorati da fili del bucato, tendoni sbiaditi, schiamazzi, clacson e rumori di rotaie, ciclici e rassicuranti. Nonostante il nostro bilocale sia al settimo piano, la giungla cittadina non ci permette di essere completamente isolati ma che dire, c'è qualcosa di meglio che scendere di casa e avere ogni tipo di comodità? Ovviamente no.

Sospiro e decido in fine di richiamarlo e "sorpresa", entra la segreteria. Nel frattempo, col vivavoce acceso, mi lego i capelli, ancora troppo corti per permettermi un vero e proprio chignon, ma che grazie all'aiuto di un paio di forcine, il gioco è fatto.

Ancora nulla; stacco la chiamata e nemmeno a dirlo, ci riprovo di nuovo; sia mai che qualcuno possa pensare che lo si snobbi, il mio bambino... Io snobbare lui; certo! "Pazienza" ripenso, decidendo di mandargli un vocale che chissà quando ascolterà.

L'erede di KikujimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora