Capitolo Nove - L'Erede di Kikujima

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Capitolo 9

"Memorie da Kikujima"

«Buongiorno Mia, ben arrivata; accomodati» mi dice la signorina Cat aprendo la porta. C'è una bella luce nel suo studio; è un'ambiente chiaro e rilassante in cui percepisco un'infinita pace. L'incenso produce un filo sottile di fumo denso e mi accorgo che il profumo avvertito all'ingresso, proviene da lì.

«Buongiorno,» rispondo un po' imbarazzata «questa fragranza è davvero buonissima.» Mi guarda con le sopracciglia alzate e fa un cenno di assenso.

«Si chiama "Schiuma di Mare"; per lo meno, è quello che c'è scritto sulla scatola» emette un risolino alzando le spalle. «Non ti dico cosa devo fare per averli... Amazon, di certo non consegna fino a qui!» borbotta agitando la scatolina, poi mi invita a seguirla verso una zona retrostante a un paravento intarsiato. Sono ancora molto turbata rispetto a ciò che mi è successo questa mattina e credo che partirò a raccontarle proprio quello ma prima che possa cominciare, spinta da un irrefrenabile desiderio di spiegazioni razionali, lei mi invita a togliermi le scarpe. «Puoi stenderti qui» mi dice indicando una poltrona che mi ricorda vagamente quelle che usavano i barbieri dell'800; tipo quelle del film "Sweeney Todd". «Oggi vorrei provare a conoscerti meglio e magari riusciremo anche a definire i punti principali che sembrano aver creato nodi e opposizioni nel tuo spirito, nel tuo percorso» non perde tempo a dirmi, sorridendomi, accomodandosi su una poltroncina accanto a me. Sono così agitata che in effetti mi dimentico di essere un'estranea e quindi, un po' di presentazioni sono d'obbligo. Mi siedo, quasi mi sdraio, contemplando i dipinti astratti appesi alle pareti, sulle grandi tele a sfondo chiaro. L'immensa vetrata si affaccia direttamente sul giardino in cui ho fatto lezione stamattina, ma la visuale è limitata da alcune rigogliose piante a foglia larga che sembrano creare un piccolo labirinto. «Allora,» mi interrompe lei riportandomi all'attenzione «ti va di raccontarmi qualcosa di te?».

Sospiro e improvvisamente la gola mi si secca; quella strana sete terribile è tornata. «Potrei avere dell'acqua?» le chiedo come a evitare l'argomento, ma non è davvero mia intenzione e spero lo capisca.

«Certamente» mi dice passandomene uno di vetro scuro. «Questa sete... L'hai sempre avuta?» mi chiede accomodandosi meglio. Ci penso un attimo e poi, annuisco come se solamente ora me ne fossi resa conto realmente.

«Da quando ho messo piede sull'isola è aumentata; è come se l'acqua non riuscisse mai a dissetarmi abbastanza. Ho sempre pensato che fosse a causa delle pillole che prendo; per merito dell'apprensione di mia madre, non sono mai stata una persona sregolata o eccessiva, anzi, direi abbastanza moderata, anche se... Non nego che ultimamente questa mia indole è stata messa a dura prova» rispondo cominciando a sfogarmi sulle pellicine intorno alle unghie.

«Ti va di raccontarmi qualcosa in particolare? Magari proprio su tua madre o su tuo padre?» mi domanda guardandomi col suo sguardo languido e profondo, accogliente.

Forse è proprio quello di cui ho bisogno e senza nemmeno accorgermene mi ritrovo a esprimere a quell'estranea, pensieri e timori che nemmeno a mia madre o a nessun'altro, ho mai voluto raccontare. Passo un'ora abbondante a farle il resoconto di tutto quello che è successo nell'ultimo periodo, dalla telefonata della polizia, fino al mio arrivo sull'isola per poi tornare nuovamente indietro. Le parlo dei miei primi incontri con Dani, a volte sorrido e scuoto la testa, arrossisco ancora e poi, le lacrime scendono dai miei occhi senza riuscire a fermarsi.

Lei mi passa una scatola con delle veline e io ne approfitto volentieri, tra un sorso d'acqua e l'altro e un soffio del naso.

«Quello che mi stupisce è che mi hai parlato molto di questi tuoi ultimi dieci anni, ma prima? Com'era la tua vita prima della...» Stringo le labbra.

L'erede di KikujimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora