Capitolo sedici - L'erede di Kikujima

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Capitolo 16

"Tutte le foto che mi hai fatto"

Ho la testa che mi esplode. Mentre mi alzo passandomi una mano sulla fronte, sbatto più volte le ciglia, cercando di ricordarmi dove sono. Inspiro profondamente e provando a dare un senso al sogno tremendo che ho appena fatto. Cerco la sveglia e rimango interdetta per l'orario che leggo. «Merda!» strido a denti stretti verso la dannata sveglia che non ha suonato... nemmeno questa volta!

Oggi avrò l'interrogazione di matematica sulle funzioni, e ovviamente, la mia pancia è già stata colta dall'ansia. Una volta di sotto, saluto mia madre al volo (lei scuote la testa rassegnata), recupero una brioche dal tavolo perché vista l'ora, non avrò tempo di fermarmi al bar (e comunque, stamattina il cappuccino è fuori discussione!) ed esco di corsa.

Mi dirigo velocemente verso la metropolitana; l'aria primaverile mi sferza il viso, ho già indossato la giacca leggera, mi sono lasciata tentare dai primi caldi, quelli che hanno fatto spuntare i boccioli precoci che ora stanno temendo per la loro vita. Con un fremito mi infilo sotto alla città, dove il caldo si fa subito opprimente a scapito dell'afrore. Dopo quattro fermate eccomi di nuovo fuori, nella zona più triste di tutta la metropoli, grigia e satura di macchine strombazzanti che passano veloci sugli stradoni a doppio senso, dove gli alberi ai lati, praticamente non esistono. Corro sul marciapiede stretto con lo zaino, oggi è particolarmente pesante, che passa da una parte all'altra della schiena ad ogni passo e mentre mi avvicino al cancello che sono certa si starà già per chiudere, ripasso mentalmente le regole e le proprietà di x, y e z e ad ogni metro che manca all'ingresso, la mia mente si annebbia. Poi, una spinta alla spalla sposta la mia attenzione verso qualcuno che mi scavalca mentre sto per infilarmi nel portoncino di vetro che dà nell'atrio luminoso.

«Ciao Nippon!» mi dice un ragazzo biondo, svoltando verso le scale di destra, su per il secondo piano, dove le quinte, assieme alle aule dei laboratori hanno il loro regno. Fremo di nervoso ogni volta che mi chiama in quel modo, lo stronzo. Non ho nemmeno il tempo di rispondere andando oltre al rossore che mi infuoca le guance, che Daniel è già sparito. Daniel... il ragazzo più figo e insopportabile di tutta la scuola!

I corridoi sono vuoti ma il brusio che arriva dalle classi è inconfondibile; faccio giusto in tempo a vedere la professoressa Micheli che a passi stretti, limitati dalla gonna a tubino color grigio topo, si avvia verso l'aula della A. Le compaio alle spalle come un'ombra, creandole un sussulto, prima che la porta venga serrata con un sonoro "clang". La sua occhiataccia mi accompagna fino al banco. Le successive due ore ci inchiodano alla sedia, testa chinata, matite che ticchettano e mormorii sommessi, immediatamente soffocati dalla Micheli, attenta e vigile come un falco.

"Driiiin" suona la fine della tortura.

Quelli che non l'hanno ancora fatto, consegnano il foglio protocollo con all'interno le schede compilate e ritornano al banco cominciando a chiacchierare sulla verifica con i compagni che hanno attorno. «Ehi Mia, com'è andata?» mi chiede Anna Cavallo, la secchiona della classe, una delle mie amiche più care. Sono certa che lei, come al solito, otterrà un 10, mentre io... Poso la fronte sul banco che sa di alcool e non rispondo nemmeno quando la mano di Lara Bianchi mi sfrega le spalle comprensiva.

«Amica mia, ci terremo compagnia durante i recuperi» commenta mollemente cominciando a dondolarsi sulla sedia.

«Col cazzo che mi faccio recuperi!» le dico tirandomi su, poi prendo il diario per farmi un'idea di ciò che mi attende nel pomeriggio.

«Calma amore mio, almeno non saremo sole con...» e indica il gruppetto di bulli che sicuramente non passeranno l'anno. Mi passo le mani sul viso allontanando l'idea di trascorrere i pomeriggi supplementari con quelli là, tra insulti e scherzi sociopatici tipici di quei deficienti.

L'erede di KikujimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora