Capitolo Ventuno - L'erede di Kikujima

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Capitolo Ventuno

"Il gioiello che dà la vita"

La prima cosa che faccio quando mi sveglio, dopo una notte insolitamente tranquilla in cui nessun incubo o sogno proibito hanno tormentato la mia anima, è quella di scendere nei sotterranei. Voglio capire la situazione prima di fare qualsiasi mossa ma prima di questo, parlare privatamente con Kimura è la cosa che mi preme di più. «Pronta» mi dice la ninfa eterea che ricordo di aver incontrato una volta nel giardino della House e che ora ho la conferma essere una driade.

«Grazie Dafne» le dico in modo gentile mentre lei fa un piccolo inchino dissolvendosi subito dopo. Mi ha aiutata a prepararmi per quella giornata piena di impegni in cui dovrò presenziare ad una riunione straordinaria in cui definiremo il da farsi. L'abito bianco, la corona e il ciondolo sono simboli che indosso con dignità ma l'anello col Rubino Stellato, quello non posso ancora sfoggiarlo: non quando una parte di me lo percepisce come il simbolo del tradimento e di ciò per cui è morto mio padre. Così lo rimetto nello scomparto segreto e mi avvio verso l'ala in cui alloggia il mio padrino, lentamente. Al contrario del solito, ora sento molte più voci e capisco che tante delle creature presenti, semplicemente non le riuscivo a vedere l'ultima volta in cui ero venuta. La House brulica di vita e di sussurri, lei stessa potrebbe dirsi viva e che respiri e il suo cuore pulsa proprio sotto allo strato di roccia preziosa su cui ora sto camminando.

Incrocio Dalia nel corridoio del lato est; è appoggiata ad una finestra intenta a osservare il cielo chiaro mattutino. «Dalia», dico rimanendo ad un paio di metri da lei «come stai?» chiedo come se non ci vedessimo da una vita. Noto subito la sua espressione persa, come se il suo solito modo sfrontato e irriverente l'avessero abbandonata.

«Mia... ti fai chiamare ancora così?» mi dice alzando un sopracciglio facendomi sorridere. «Mi sento una merda», - ecco i suoi soliti toni coloriti - «non posso credere che Toru ci abbia ingannati in questo modo; mi sento offesa e usata ma ancor di più, mi sento un'idiota. Il suo sangue Yuki gli ha dato un lascia passare per la House... e chi se lo aspettava? Erano anni, molti anni che non lo vedevamo e poi, qualche tempo fa, a dire il vero cinque anni se non sbaglio, questo ragazzo che si definiva un Simplex Yuki è approdato sulle nostre coste con una storia credibile e lo abbiamo accolto. Sinceramente non ho mai capito bene cosa ci facesse qui, mi sembrava una persona di mondo ma in fondo, forse il mio era solo egoismo.» Comprendo bene il suo ragionamento. Tutti questi anni sull'isola... credo abbia sofferto molto. «Era molto che mi girava attorno e io ci sono cascata come una stupida; tutto per usarci, ci credi? E temo che non sia ancora finita. Lui ti vuole, è ossessionato da te, lo è sempre stato e credo che la regina Yamino gli abbia promesso la tua mano... per lo meno questa è l'idea che mi sono fatta.» Rimango silenziosa mentre l'ascolto, notando l'amarezza nel suo sguardo, rimanendone colpita. Soffia un vento gelido fuori e qualcosa attira la nostra attenzione distogliendoci per un momento dai nostri pensieri. Due figure che passeggiano nella neve, incuranti della temperatura algida. Sono Haki e Zenco che ridono e parlano amabilmente.

«Hanno parecchie cose da raccontarsi quelle due» dico accennando un sorriso poi mi avvicino e le prendo la mano. «Dalia, nessuno poteva davvero sapere cosa sarebbe accaduto ma sono certa che riusciremo a sistemare ogni cosa e credimi» le dico cambiando totalmente tono di voce, «qualcuno pagherà per ciò che è successo; Codex o no, del sangue verrà versato.»

Mi squadra da capo a piedi cercando di capire chi sia la creatura che ora le è di fianco, come se fosse la prima volta in cui mi sta guardando veramente. Sto riacquistando i miei poteri e sento che altro sta scavando per risalire in superficie, qualcosa di latente e assopito fin da troppo. La congedo con una mano sulla spalla per dirigermi da Kimura.

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