Le nuvole avevano oscurato il cielo, portando con sé una giornata e più di pioggia. Non c'era nessuna traccia del bel tempo che una volta aleggiava ad Istanbul, ma al contrario, tutto intorno a loro era diventato oscuro, privo di ogni sfumatura.
Soprattutto la vita di Can, che da un momento all'altro aveva subito drastici cambiamenti che lo avevano portato ad una svolta finale: arrendersi. Nessuno avrebbe voluto quello per lui, ma Can non aveva scelta se non quella di andare contro il suo cuore e di continuare a lottare.
Inconsapevolmente, avvertì una forte scossa al cuore e la mente si accese, quasi come se fosse dinnanzi ad un camino scoppiettante. Aprì man mano gli occhi, non ricordandosi subito cosa fosse capitato. Ma quando incontrò Sanem, poggiata col viso sulla pancia, si stranì ancora di più e pensò alle ore precedenti. Lentamente, ogni ricordo si fece più vivo nella sua testa, ricordando in primis la discussione avuta con Sanem. Ma se avevano discusso come poteva trovarsi al suo fianco?
Can non trovava una risposta a quella domanda, sapeva che qualcosa era successa ma non aveva idea di che cosa. Portò una mano sulla guancia di Sanem, approfittando di quel contatto come niente al mondo. La sua pelle morbida quasi lo fece commuovere: era la mancanza.
«Sanem» provò a chiamarla, ma con scarsi risultati. Tentò ancora due volte, poi tre, ancora quattro. E infine cinque, Sanem aprì gli occhi. Si rese conto di essersi addormentata nel posto dove non si aspettava minimamente di crollare, perciò si alzò di scatto. I suoi occhi balzarono all'istante su quelli di Can.
«Come stai?»
«Come sto? Sembra che io abbia un martello nella testa per quanto batte. Tu piuttosto? Che ci facevi qui? Cos'è successo?»
«Sei rimasto sotto la pioggia Can, e questo ha portato a delle conseguenze. Hai avuto febbre alta e soprattutto, deliravi. Io questa mattina sono venuta qui, ma mi sono addormentata mentre ti guardavo. Perdonami, dovevo rimanere in allerta»
«Ma no Sanem, non dirlo nemmeno per scherzo» Nel frattempo, cercò di sistemarsi. Posò meglio la schiena sul cuscino. «Che ore sono?» aggiunse poi.
«Le undici Can»
«Ne? Ma io dovrei essere a lavoro! Allah Allah»
«Capisco quello che dicevano, sei assetato di lavoro, non ti ferma nessuno. Ma Can, non sei in condizioni di lavorare, quindi devi rimanere a letto ed io sarò al tuo fianco tamam?»
«Sanem yok, non serve davvero. Io devo andare a lavorare e tu avrai sicuramente qualcosa da fare. Per favore, fammi sentire meno incolpa e vai»
«Stai scherzando spero? Già da ieri ero in pensiero per te, da quando hai lasciato casa mia. Non avrei mai dovuto permetterti di andare via, Allah la vecchia Sanem mi ammazzerebbe»
«Non c'è nessuna vecchia Sanem, ma questa è una tua nuova versione che tutti noi dobbiamo saper apprezzare. Sanem la colpa non è tua, non hai deciso tu di non ricordare nulla. Tu sei sempre tu» Inaspettatamente, le loro mani si incrociarono e Can avvertì un brivido lungo la schiena, mentre Sanem arrossì. Era stata proprio lei a prendere l'iniziativa.
«Forse hai ragione, ma la colpa di questo avvenimento è mia Can. Se non avessi dato retta al bastardo che si è approfittato di me-»
«Che significa che si è approfittato di te? Sanem ti ha fatto qualcosa? Giuro che le mani gliele spezzo»
«No, al contrario, ha cercato di portarmi dalla sua parte, facendo ricadere la colpa su di te. Ammetto che all'inizio anch'io ero insieme a lui, ma poi parlandone con Leyla ho finalmente capito ogni cosa. Si vede che non ti conosco affatto, non ti ho dato retta. La tua Sanem ti avrebbe creduto subito»
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Cᴇʀᴄᴀᴍɪ, Tʀᴏᴠᴀᴍɪ Dᴇɴᴛʀᴏ ᴅɪ Tᴇ. Pᴜᴏɪ Fᴀʀʟᴏ.
FanficSe fosse stata Sanem a perdere la memoria, invece che Can, cosa sarebbe successo? La fenice come avrebbe potuto risorgere dalle sue stesse ceneri? E l'albatros sarebbe volato via, lasciando la sua compagna da sola, oppure l'avrebbe aiutata a guarire...