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La speranza è l'ultima a morire.

Ogni volta che leggeva quelle parole, Can avvertiva un vuoto dentro di se inspiegabile. Fu come cadere da un grattacielo senza però mai raggiungere terra.

Se Sanem era ancora sott'acqua senza riuscire a tornare in superficie, Can era in procinto di atterrare senza riuscirci mai. Quelle due sensazioni, così diverse ma tanto simili, avevano procurato nei ragazzi delle ferite che non smettevano di sanguinare. Ferite che solo l'altro poteva rimarginare, anche lasciando spazio ad una cicatrice che mai sarebbe andata via.

Non appena la tazza sfiorò le sue labbra che ebbero il primo contatto con la camomilla, Can sobbalzò per quanto era bollente: e quel bollente fu come una scottatura. Un segno sulla pelle che avrebbe lasciato un ricordo amaro di quel momento. Sbuffò, riprendendo successivamente a bere.

«Finito di piangerti addosso?» Lo riprese Aziz, consapevole di quello che provasse il figlio. Aveva provato nella sua vita passata, il dolore e la differenza nel rimanere distanti dall'amore della propria vita, e lui non era riuscito a rialzarsi. Certo, aveva combattuto ancora, ma lei era rimasta dentro di lui, e non poteva permettere che Can si ammazzasse lentamente per lei. Non poteva permettere che Can si annullasse per lei. Doveva lottare per il suo amore, doveva riprendersela e non lasciarla andare mai più. «Capisco quanto per te sia difficile, ma Can, Sanem non tornerà da te se tu sei qui a non fare nulla. Sono giorni che non le dai modo di avvicinarti e lei non da modo a te. Sembrate due ragazzini che si fanno la guerra» aggiunse poi, accomodandosi difronte a suo figlio.

«Papà tu non capisci» affermò, guardandolo con amarezza nel suo sguardo. «È stata lei a chiedermi di rimanere lontano da lei, me l'ha chiesto con tono supplichevole ed io per renderla felice farei questo ed altro» continuò.

«Per renderla felice, ma chi ti dice che per rendere felice lei non devi essere felice tu? Io ho spostato tua madre, rovinandomi la vita. Non sono felice Can, non lo sono mai stato. Eppure la vita mi ha concesso te ed Emre. Ma io non voglio che tu faccia i miei stessi sbagli, se c'è anche solo una piccola possibilità di ritrovare quell'amore, sfruttala Can. In questi giorni non stai andando a lavoro, hai completamente cancellato la realtà circostante»

«Come posso non farlo? Sanem è tutto il mio mondo, mi ha chiesto di restarle alla larga, mi ritiene il responsabile dell'incidente. Ho capito cosa si prova a morire» Can ed Aziz vennero interrotti dallo squillare del cellulare: qualcuno lo cercava. Can non aveva idea di chi fosse, perciò sollevò il cellulare dal tavolo e non appena lesse il suo nome, sentì di andare a fuoco.

«È lei vero?»

«Come fai a saperlo?»

«Oğul, la mente può cancellare tutto, ma il cuore no. Se Sanem ti sta cercando è perché anche lei, così come ti ho detto poco fa, vuole combattere per il vostro amore. Può usare tutte le scuse che vuole, può ritenerti responsabile, ma dentro di sé Sanem, la reale Sanem, sa benissimo che saresti morto per lei e che non sei il vero responsabile dell'incidente. Nessuno è responsabile, se non quel bastardo che vi è venuto addosso»

Can annuì, senza però mai rispondere con la sua voce. Accettò la chiamata di Sanem, portandosi il telefono all'orecchio, ma non parlò. Voleva sentire lei, assicurarsi che fosse davvero Sanem.

«Wow, mi avevano detto che se provavo a cercarti anche solo una volta, tu saresti scattato»

«Sanem»

«Ci sei quindi»

«Ci sono. È successo qualcosa?»

«In verità si» affermò Sanem, sentendo il respiro di Can farsi pesante e affannoso. «Puoi venire da me?»

«Sanem, tu mi hai detto di rimanerti alla larga. Perché ora mi stai chiedendo di raggiungerti?» poi continuò. «Sai benissimo che sono la persona più felice del mondo davanti a questa tua richiesta, ma non ho nessuna intenzione di venirti contro, se questo tuo volermi accanto fosse soltanto per volere di altri. Io ti voglio rispettare Sanem, voglio rispettarti proprio perché ti amo»

Quelle frasi arrivarono dentro Sanem come frecce di Cupido, Can aveva centrato il bersaglio senza rendersene conto. Ma Sanem non era stata obbligata da nessuno.

«Dovresti darmi meno ascolto la prossima volta» riattaccò Sanem, aspettando il suo arrivo. Non sapeva dove aveva trovato il coraggio di farlo, ma ci avrebbe provato. Tenerlo alla larga non avrebbe risolto nulla, al contrario, peggiorato. Lei non avrebbe voluto che accadesse nulla, voleva ritornare alla realtà.

Avrebbe voluto sentire il suo cuore pompare per Can, avrebbe voluto avvertire la pelle calda davanti al contatto di Can. Lui non se lo fece ripetere due volte, informò il padre che l'avrebbe raggiunta, e Aziz sorrise: non vedeva l'ora di rivederli insieme.

Suonò al campanello una sola volta, non voleva essere inopprimente per nessuna ragione, ma ritrovandosela davanti, fece perdere ogni piccolo briciolo di lucidità che ancora aveva in corpo. La fronte sudata, le sue labbra la bramavano e il suo corpo la esigeva. Avrebbe voluto semplicemente abbracciarla, ma si contenne.

«Sanem»

«Grazie di essere qui»

«Mi spieghi cos'è successo? Ho il cuore che batte come un martello. Allah Allah»

«Ho bisogno del tuo aiuto» mormorò soltanto, ottenendo lo sguardo di Can su di lei, in risposta. «Leggendo il libro e in più, parlando con Leyla, mi sono resa conto che tenerti distante non è la scelta migliore da prendere. Al contrario, potrebbe peggiorare. Potrei non ricordare mai»

«E quindi?» domandò Can, con ansia nella voce. «Cos'hai intenzione di fare?» proseguì.

«Cos'hai intenzione di fare» lo corresse Sanem. «Perchè, mi affiderò a te Can. Ora come ora non provo nulla per te, non sento nemmeno di conoscerti. Sei un estraneo in casa mia e se non sapessi che abbiamo un passato che ci lega nemmeno ti avrei cercato. Non sapevo di avere il tuo numero in rubrica, ma poi, ricordando che abbiamo avuto una storia, era più che scontato. Quindi, devi aiutarmi»

«Aiutarti a ricordare? Tu quindi mi vuoi vicino a te?»

«Yani, şimdilik öyle olabilir. Şu anda» {Cioè, potrebbe essere così. Per ora} Lo guardò. Quel per ora non piaceva a nessuno dei due, nonostante Sanem faticasse ad ammetterlo. «Senti Can, sto cercando di odiarti, ma non ci riesco. Non ci riesco perché ora come ora so che la vecchia Sanem provava qualcosa per te. Ma se io non dovessi ricordare e di te mi rimarrebbe soltanto la versione che conosco, ho paura che comincerò a farlo. Ripeto, sei un estraneo e io non ti conosco. Mi sto fidando di te soltanto perché Leyla me lo ha detto, e tramite il libro ho conosciuto una parte di te che non sapevo esistesse. Non prendertela, bu benim» {Questa sono io}

Faceva paura. Tutto faceva tremendamente paura. La sua freddezza miste a quelle frasi lo avevano terrorizzato ancora di più. Si poteva provare la paura di annegare? La paura di precipitare? La paura dell'altezza? La paura del battito del cuore che rallentava? Paura del buio, di non vedere più nulla.

Paura di vivere in un ambiente nero, privo di ogni piccola sfumatura e di ogni minimo colore. Paura di non riuscire più a respirare, di non riuscire più a vivere.

Can non ricordò nulla di quel momento, se non l'oscurità. La sua mente era pervasa da ricordi neri, ricordi privi di senso. Ricordi che facevano male. Al suo fianco una Sanem, in attesa che lui aprisse gli occhi. Una Sanem inconsapevole di essere il disastro. Una Sanem inconsapevole di aver innescato una guerra.

Una Sanem inconsapevole di aver provocato lo svenimento di Can. O forse consapevole, ma con paura di ammetterlo?

Cᴇʀᴄᴀᴍɪ, Tʀᴏᴠᴀᴍɪ Dᴇɴᴛʀᴏ ᴅɪ Tᴇ. Pᴜᴏɪ Fᴀʀʟᴏ. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora