Rimasero in silenzio per un tempo indefinito, un tempo dove nessuno dei due poteva collegarsi al passato per continuare a parlarsi e perdonarsi. Il dolore che avevano provato era diverso, ma al contempo uguale: Sanem non aveva ancora recuperato la memoria e Can non aveva smesso di usare quei calmanti. Calmanti che riuscivano a sedarlo, e a distruggersi.
«E se io non dovessi farcela? Se tu non dovessi farcela? Se quelle compresse avranno la meglio su entrambi?»
«Sai... Leggendo il mio romanzo, ho compreso quello che si prova quando sei in un mondo tutto tuo. Ti senti risucchiato nel dolore, il tuo cuore cessa di battere e la tua anima cerca in ogni modo possibile di diventare più forte e di non sgretolarsi. Credo siano tutti segnali che tu sia dipendente da quelle compresse. Compresse che elimineremo insieme, lo sai?»
Can annuì semplicemente, stringendo con estrema forza le dita di Sanem, che capì velocemente che qualcosa non andava. Si sistemò sulle ginocchia, per poi guardarlo intensamente nelle pupille e sorridergli, in maniera profonda. Sapeva che dentro di lui combatteva una battaglia, e lei poteva soltanto aiutarlo, o cercare di farlo.
«Fa male»
«Lo so Can...»
«No, non lo sai, nessuno lo sa» gridò, per poi alzarsi e posare la fronte sulla parete. Prese respiri profondi, sentendo la presenza di Sanem alle sue spalle.
«Non è la prima volta che succede vero?»
«Che cosa?»
«Questo. Un attimo prima sei te stesso, l'attimo dopo sei altrove e vuoi sfogarti»
«Ho voglia di uccidermi Sanem»
«Non dirlo nemmeno per scherzo, tutti sbagliano nella vita Can, chi più chi meno. E chi non ha il coraggio di guardare avanti e di superare, significa che non ha capito nulla. Sbagliare è umano»
«Perchè ora mi difendi? Non me lo merito»
«Ti ricordi quando quella sera mi dicesti che parlavo come se fossi soltanto tu la vittima?» mormorò, mentre pian piano si avvicinò a Can. Posò la fronte sulla sua spalla e una mano sul suo addome, per poterlo tenere stretto. Un contatto così ravvicinato non lo avevano da tanto, troppo tempo.
«Evet»
«Beh, ora posso dire che é la verità, e lo è per davvero. Certo, non nego che anche io ho sofferto, ma Can, quello che soffriva di più eri tu. Eri e lo sei tutt'ora. Io non avevo nulla dentro di me che mi portasse a ricordarti, mentre tu... Tu avevi una certezza che faceva male, una convinzione che ti permetteva di credere al fatto che io sarei rimasta al tuo fianco fino al tuo ultimo respiro. E quando mi sono svegliata in ospedale, priva di ricordi, e ti ho mandato via, li ti è crollato il mondo addosso. E oggi ne riporti i segni»
«Sanem...»
«Shh... Lasciami finire. Hai sempre riportato i segni di quel momento, talmente tanto, che andare a letto con Banu ti sembrava la scelta più giusta, pur di sentirmi vicina a te»
«Sanem non ti azzardare minimamente a colpevolizzarti»
«Can»
«No, non ci provare nemmeno. È assurdo tutto ciò, ho sbagliato e tu mi stai difendendo. Come ci riesci? Come accidenti ci riesci Sanem? Io... Ti ho spezzato il cuore, ti ho distrutta proprio quando stavamo bene, ti ho fatta a pezzetti per l'ennesima volta, costringendoti a scappare via... Ad allontanarti, così come ha fatto il vecchio Can. Ma scappare non serve a nulla sai? Il mio cuore lo dice, così come anche la mia mente. Scappare ci riporterà sempre allo stesso punto di partenza. Ed è questo che odio Sanem! Questo! Perché tu non ti meriti me, non devi avermi accanto perché posso farti del male»
Come si potevano descrivere quelle parole in una sola frase? Sofferenza. Era la prima volta che Sanem assisteva ad una battaglia continua tra il Can del passato e il Can del presente. Una lotta che andava avanti da un anno e più. Vederlo ridotto in quel modo non fece altro che aumentare i suoi sensi di colpa, portandola a piangere davanti a lui. Ma Can non se ne accorse guardandola in volto, Can se ne accorse sentendo i suoi singhiozzi.
Sanem era ancora nella posizione iniziale e non intendeva allontanarsi, ma quando Can lentamente si voltò per guardarla, fu allora che non ci vide più. Le bloccò le braccia con entrambe le mani, e mentre i suoi occhi erano fissi in quelli di lei, sbottò, parlandole come non aveva mai fatto.
«Sanem non ti azzardare a piangere per un mostro come me, hai capito? Quelle lacrime devi versarle per qualcuno che ti faccia star bene, all'ora potrai dire che ne varrà la pena. Ma io? Io ne valgo la pena Sanem?»
Portò le dita su quelle di lui, intenta ad allontanarlo. Can fraintese quel gesto, ma cercò di non mostrarlo. Voleva tranquillizzarsi. Osservò la sua Sanem abbassarsi verso il basso, per raccogliere uno dei post it che precedentemente erano caduti. Post it che aveva scritto Can.
La vide sorridere e lui dichiarò di essersi perso in quelle labbra allargate, in quegli occhi lucidi. Non capì cosa stesse facendo, ma non rimase senza guardarla. Era da tanto che nessuno dei due aveva la possibilità di guardarsi negli occhi, e quel momento sembrava così intimo, quanto profondo.
Sanem si avvicinò nuovamente al suo Can, e dopo aver sollevato le sue dita, posizionò sul palmo della mano l'ultimo post it che Can aveva scritto. Sorrise, mentre leggeva.
Piccola, il solo pensiero di aver condiviso qualcosa di tuo con un'altra, mi fa venire i brividi. Il ricordo di quella notte mi fa vomitare, e da all'ora non smetto di prendere medicine che salvano il mio cuore in frantumi da una possibile morte.
«L'ho scritto io»
«Questo lo so. Ora giralo»
Can fece esattamente come Sanem aveva richiesto. Voltò il post it e capì che Sanem aveva appuntato qualcosa. Era talmente preso nei pensieri che non l'aveva vista prendere una penna dal suo cassetto e scriverci su.
Si, ne vali la pena.
Il sorriso che Can fece, provocò in Sanem una sensazione famigliare. Sensazioni che per dodici mesi erano rimaste prive di senso, dentro di lei. Nessuno dei due aveva bisogno di attendere ancora del tempo, il cuore esigeva quel contatto così come le loro anime.
Le loro labbra si sfiorarono a malapena, ma entrambi bramarono quel contatto. Fu così che Sanem prese al volo la palla e cominciò a baciarlo, sprofondando con la lingua nella sua bocca, per poi cominciare a giocarci.
La mano di Can risalì fra i capelli di Sanem, che attorcigliò nelle dita, pur di tenersela più vicina. La sua lingua non smettè nemmeno per un attimo di sfiorarsi con quella della sua donna, facendole capire che l'unica cosa che desiderava, era lei. Per la prima volta, si erano baciati come mai avevano fatto e Can avrebbe ricordato quel momento come uno dei più intensi.
«Voglio che la mia prima volta sia speciale» sussurrò Sanem, senza mai allontanare la bocca da quella di Can.
«Lo sarà, principessa. E grazie»
«Per cosa?»
«Per avermi calmato»
«Ma non ti ho ancora perdonato»
«Cosa vuoi che faccia?»
«Devi farmi innamorare di nuovo di te»
«Probabilmente non è amore quello che provi per me ma... Non puoi di certo negare che qualcosa c'è»
«Non lo nego, e infatti te l'ho chiesto. Devi corteggiarmi Can Divit, come se fossi alle prime armi» Sorrise mentre parlava.
«Tu ci godi non è vero?»
«Abbastanza, non mi dispiacerebbe vederti impazzire pur di ottenere quello che vuoi. Ma ti prometto che se mai dovessi avere bisogno di me, io ci sarò»
Rimasero poi a guardarsi, senza voler interrompere quel momento. I loro occhi erano fissi, le loro bocche erano incollate e le loro mani erano unite. Man mano si sarebbero riavvicinati, e Sanem avrebbe ricordato. O almeno, era quello il sogno dei due ex innamorati. Cosa sarebbe successo realmente?
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Cᴇʀᴄᴀᴍɪ, Tʀᴏᴠᴀᴍɪ Dᴇɴᴛʀᴏ ᴅɪ Tᴇ. Pᴜᴏɪ Fᴀʀʟᴏ.
FanfictionSe fosse stata Sanem a perdere la memoria, invece che Can, cosa sarebbe successo? La fenice come avrebbe potuto risorgere dalle sue stesse ceneri? E l'albatros sarebbe volato via, lasciando la sua compagna da sola, oppure l'avrebbe aiutata a guarire...