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Strano il destino, che in quel momento voleva soltanto che Can affrontasse la sorella di Sanem. I ragazzi dovevano fermarsi per una prima sosta, c'era chi andava da una parte e chi dall'altra, ma in quindici minuti dovevano riunirsi tutti. Mentre Emre si avvicinò a Sanem e Deren, Leyla si avvicinò a Can, guardandolo con disprezzo e comprensione.

«Che cosa hai fatto Can?»

«Non lo so»

«Ascolta, io sono furiosa con te, anche se non sembra. Ma, ho capito cos'è successo, anche se è stata la versione di Emre. Non credo che tuo fratello possa prendermi in giro»

«No infatti»

«Hai sbagliato, nessuno lo mette in dubbio. E capisco anche che tu non stia insieme a mia sorella, ma Can, il solo fatto che tu ti sia allontanato pensando a Sanem, ti rende diverso dagli altri. Alcuni uomini pur di ottenere quel piacere "profondo" sarebbero arrivati fino in fondo. Non si sarebbero allontanati nemmeno per sbaglio»

«Leyla io mi sento uno schifo soprattutto perché non ho usato nessun tipo di protezione»

«Ti saresti allontanato prima della fine Can, ti conosco»

«Assolutamente, non sarei mai rimasto fino all'ultimo. Ma Leyla, il contatto delle nostre carni c'è stato ed è questo che odio. Mi sono allontanato ad un certo punto, sono andato in bagno e ho continuato da solo. Certo, è strano parlare di questo con te che sei sua sorella, ma ho bisogno di essere capito Leyla. Anche se in effetti, non mi capisco nemmeno io»

«Io non so se Sanem capirà mai, ma Can, non riferire niente di quello che è successo ai nostri genitori. Te lo chiedo per favore»

«Ovviamente sarà fatto, non dirlo nemmeno per scherzo. E grazie per avermi ascoltato Leyla, davvero»

«Parla di questo con Sanem, non omettere nessun dettaglio Can, nessuno. Forse inizialmente sarà delusa, ma ad un certo punto può darsi che cambierà qualcosa. Ma non credo capirà alla lettera, anche se spero di sbagliarmi»

«Lo spero anche io Leyla» I suoi occhi balzarono nuovamente su Sanem, che parlava con Emre. Can sapeva che suo fratello non le avrebbe mai raccontato la storia, ma voleva semplicemente avere un discorso con lei. Provò ad avvicinarsi, credendo che fosse giunto il momento di parlare, ma Sanem lo anticipò, allontanandosi prima che Can avesse la possibilità di parlare. Leyla ed Emre osservarono Sanem salire sull'autobus, seguita da Deren e Cey Cey.

Can sapeva di meritarselo, ma avrebbe voluto parlarle. Tutti salirono nuovamente sul pullman, che riprese la sua corsa dopo pochi secondi. In un'altra ora raggiunsero il posto prescelto, e fra infinite chiacchere e dormite, finalmente ebbero la possibiltà di scendere.

Can non aveva tolto gli occhi di dosso a Sanem che invece non lo aveva guardato nemmeno per sbaglio. Come poteva affrontare quella conversazione con lei se a malapena lo considerava? Doveva pensare attentamente al da farsi, Sanem era diventata più difficile, così come la situazione.

Mentre sistemavano le tende, Can si precipitò davanti a tutti per pronunciare le parole che segnavano l'apertura di quei due giorni di relax, prima della famosa serata.

«Ascoltatemi tutti, in qualità di capo, vi aggiorno sul da farsi. Inizieremo col montare le tende, e difatti è proprio quello che state facendo. Subito dopo daremo il via ad alcune attività, ci divertiremo. Faremo giochi, rideremo e scherzeremo fra di noi. Poi prenderemo, nel pomeriggio chi vorrà potrà riposarsi, mentre alcuni se vorranno potranno farsi un giro nei dintorni. Al momento di cena, ci riuniremo tutti. Mangeremo, e una volta terminato, ci riuniremo intorno al fuoco e ci racconteremo segreti. Questo è il programma per questi due giorni da passare insieme» Seguì un applauso da parte di tutti i collaboratori, ad eccezione di Sanem, che guardava Can senza pronunciare nessuna parola. Tutti si rimisero a lavoro, compresa lei, ma quando Can la prese dal polso, Sanem fu costretta a seguirlo. Si appartarono in un angolo, dove nessuno avrebbe potuto guardarli e sentirli.

«Mi avevi detto che la conversazione non era finita, eppure sei sfuggente Sanem. Come pensi che possiamo parlarne?»

«Come pensi che possa affrontarti senza prima prendermi del tempo per me?»

«Hai bisogno di tempo?»

«Mi sembra ovvio»

«E se io volessi parlarti ora?» Si avvicinò a lei, ma Sanem indietreggiò.

«Non puoi. Can, se davvero mi ami così come dici, anche se faccio fatica a crederci, ti prego di lasciarmi il mio spazio. Non ho detto che non parleremo, semplicemente affronteremo il discorso quando me la sentirò»

«Perchè dai così tanta importanza a questa storia se non provi nulla?»

«Perchè ho perso le tracce dell'uomo che diceva di amarmi»

Quell'ultima frase bastò a rompere l'anima di Can. Sanem si allontanò, sentendo gli occhi del suo ex addosso. Ancora non scoppiò a piangere, era delusa, eppure si faceva forza. Raggiunse gli altri per continuare a montare la tenda.

Una volta terminato, arrivò il momento di giocare a pallavolo e si poteva descrivere come un momento dove ognuno di loro era spensierato e pensava soltanto a divertirsi. In fin dei conti era quello che voleva chiunque.

«Le squadre sono semplici, ma sarete voi a deciderle. Io ed Emre saremo i capitani» parlò Can.

Le prime a raggiungere Emre furono Leyla e Sanem. Can rimase a bocca aperta, si aspettava che Sanem avrebbe raggiunto Emre, ma non si immaginava che l'avrebbe fatto per prima. Fu Deren ad andare diretta da Can, così come Cey Cey. Gli altri dipendenti si divisero, formando così due squadre composte da sei ragazzi.

Can sorrise e diede il via alla partita. Ottenne la palla che venne passata a Deren. Il gioco andò avanti in quel modo, fin quando non raggiunse il campo avversario, dando un punto alla squadra di Can. Sanem era furiosa, più pensava a quello che Can aveva fatto, più voleva vendetta. Desiderava quindi attaccare con forza. Una volta che la palla arrivò a lei, Sanem la tirò dritta verso Can. La palla finì sulla fronte e Can chiuse gli occhi d'istinto, portandosi una mano li dove la palla l'aveva colpito. Leyla ed Emre scoppiarono a ridere, ma Sanem invece era seria.

«Stai bene fratello?»

«Evet, alla grande» Quando la partita ricominciò, Can voleva colpire Sanem, ma senza farle male. Sapeva che quella era l'inizio di una loro battaglia, ma nessuno dei due voleva dichiarare di aver perso. Almeno, non in quel momento.

La palla colpì il braccio di Sanem, che non appena si accorse che il colpo era arrivato da Can, sbuffò. I dipendenti avevano capito che era una guerra fra i due e infatti, lasciavano che giocassero la loro partita, fingendo di nulla. Ma quando Can fece cadere la palla appositamente nel suo campo, dichiarò sconfitta, facendo vincere la squadra di Sanem.

Pur di darle una soddisfazione di sentirsi vincitrice, avrebbe fatto qualsiasi cosa, ma non appena le fece l'occhiolino, Sanem si avvicinò a lui. Can pensò che fosse arrivato il momento di parlare, ma così non fu.

«Ti sbagli se pensi che questo può servire a farmi sentire fiera di me»

«Come dici?»

«Non è importante il gioco Can, non me ne importa nulla. Hai fatto cadere la palla appositamente, pur di lasciarmi vincere, ma non è questo ad avere la mia attenzione. Al contrario, la mia attenzione ce l'ho io stessa. Sto attenta a te»

Fu così che lasciò Can, da solo, nel bel mezzo del campo. Se lo aspettava, si aspettava tutto da lei. Ma si sentiva sempre peggio. Era in procinto di cadere, soffrendo ogni secondo sempre di più.

Cᴇʀᴄᴀᴍɪ, Tʀᴏᴠᴀᴍɪ Dᴇɴᴛʀᴏ ᴅɪ Tᴇ. Pᴜᴏɪ Fᴀʀʟᴏ. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora