Chapter One ;

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Dicembre era arrivato velocemente, forse troppo. Le strade di Belgrado erano interamente ricoperte di neve e tutti erano rinchiusi nelle proprie case a gustarsi una cioccolata calda davanti ad un bel caminetto acceso.

Natalija solitamente amava la neve. Lei e suo fratello erano soliti a realizzare dei pupazzi di neve piuttosto buffi, a detta sua.

Ma stavolta vedeva ciò che aveva tanto amato un ostacolo. Indossava il suo pigiama rosa con un enorme unicorno stampato sul petto e guardava malinconica dalla finestra i piccoli fiocchi di neve che scendevano lentamente prima di scontrarsi con il suolo.

Aleksandar aveva cercato di convincere la sorella ad andare al parco con lui per giocare con la slitta appena costruita dal loro papà ma senza successo.

Natalija sembrava essere presa dai suoi pensieri che, nonostante la sua giovanissima età, la tormentavano. Di cosa può mai tormentarsi una bambina solare e vivace come lei?

I suoi pensieri furono interrotti da sua madre che la stava chiamando dal salotto. Natalija corse da lei, sperando di aver ricevuto, finalmente, la chiamata che stava aspettando da poco più di una settimana.

«È Dušan?» Chiese Natalija osservando il telefono che sua madre aveva tra le mani.
«È Dušan» confermò sorridendo la signora Pavlović passandole il telefono.

«Come stai?» Domandò Natalija con voce preoccupata.
«Bene! Il raffreddore è andato via ma la mamma vuole che stia a casa per un altro paio di giorni per evitare una ricaduta» le spiegò Dušan dall'altra parte del telefono.

Gli era mancata la sua voce, così stridula ma allo stesso armoniosa. L'avrebbe ascoltata fino allo sfinimento.

Quando si era ammalato e sua madre gli aveva proibito di uscire di casa, gli sembrava che il mondo non girasse più.

Non vedeva l'ora di rivedere Natalija, la sua Natalija. La ragazzina che si era mostrata timida e riservata al loro primo incontro ma che poi si era rivelata un uragano di vita e emozioni.

«Ieri notte ho dormito abbracciata alla tua maglietta» gli disse Natalija arrossendo leggermente. «Sembrava che tu fossi con me»

Dušan le sorrise anche se lei non poteva vederlo. «Quando ci rivediamo, ti faccio vedere la maglietta di Van Basten che mi è arrivata in questi giorni. È bellissima!»

«Non vedo l'ora!»

Parlarono per altri dieci minuti e poi si salutarono, con i loro cuori che battevano all'impazzata.

-

«Potresti abbassare il volume, Thessa?» Gridò Natalija dal sedile posteriore per farsi sentire dalla sua amica.

Quella fredda mattina avrebbe avuto l'ultimo esame della sessione invernale e poi, finalmente, si sarebbe goduta un po' di meritato riposo. Thessa e Benedetta si erano proposte di accompagnarla alla sede universitaria e Natalija aveva accettato. Le aveva conosciute una volta essersi trasferita a Torino. Non parlava ancora l'italiano e le due ragazze l'avevano aiutata molto in questo.

«Scusaci Natalija» disse Benedetta dal sedile anteriore, abbassando il volume della musica.
«Dicci un po', sei in ansia?» le chiese Thessa, guardandola dallo specchietto retrovisore.

«Non tanto, sono abbastanza sicura che lo passerò» le rispose Natalija, sfogliando le pagine di un enorme libro di sociologia.

«Vorrei essere positiva come te nella vita» disse Benedetta, cambiando stazione radiofonica.

Quando arrivarono davanti all'università, Natalija salutò le sue amiche e si addentrò nell'imponente edificio.
Ne aveva percorso i corridoi miliardi di volte, eppure le sembrava sempre di perdersi.

Pacific Ocean ; Dušan Vlahović Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora