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It's in my heart and in my head
You can't take back the things you said
So high above, I feel it coming down
She said, in my heart and in my head
Tell me why this has to end
Oh, no, oh, no



Clare

Erano passate più di due settimane dal funerale, l'umore di Aron non era migliorato affatto.
In parte era peggiorato, capitava che si perdesse nei suoi pensieri e che fissasse il vuoto senza alcun motivo.

Aveva sempre più spesso quello sguardo malinconico che odiavo, e la maggior parte delle volte lo aveva quando era con me. Provava a nasconderlo, credeva che io non vedessi la tristezza che lo stava uccidendo, ma io la vedevo eccome.
Provavo a scacciarla via, a spostare l'attenzione da qualunque cosa lo rendesse così triste e pensieroso, ma finivo quasi sempre per peggiorare la situazione.

Ed era come sé quella tristezza si riflettesse su di me, perché non riuscivo a farlo stare bene. Lui non voleva parlarne, avevo provato ad aprire l'argomento ma non ha voluto dirmi cosa c'era che non andasse. Io non sapevo più cosa fare per renderlo felice, perché sapevo che qualunque cosa non sarebbe bastata.

Era il venticinque di Dicembre, il giorno di Natale. Eravamo in camera sua, e lui stava dormendo profondamente.

Ultimamente, quando eravamo insieme, lo faceva sempre più spesso.

Mi aveva chiesto qualche settimana fa di passare il Natale con la sua famiglia, dato che anche mia sorella lo avrebbe passato con loro.

La famiglia Anderson era sempre stata molto unita, ma dopo la morte sembrava che si stesse sgretolando poco a poco.

La piccola Millie sarebbe partita tra poche settimane, le era arrivata una richiesta per ballare all'Opera di Parigi.
Ai suoi genitori non era concesso andare con lei, perciò da quel che avevo capito sarebbe andata in una specie di casa famiglia.

Noah sarebbe partito dopo aver finito l'anno, per il college. Sarebbe dovuto andare con Nathan, ma ha deciso comunque di andarci da solo, come per seguire il sogno del fratello di studiare nell'enormi biblioteche di Harvard.

James sarebbe partito l'anno dopo, e sarebbe andato a Yale.

Questa era la loro ultima occasione per stare tutti insieme, tutti tranne Nathan.

Quando sentii il respiro di Aron farsi più leggero, mi accorsi che si era svegliato. Ma voltandomi, lo vidi far finta di dormire, e girarsi dall'altro lato.

Sapeva che mi ero accorta del fatto che fosse sveglio, ma continuava a far finta.

Mi alzai dal letto, ancora svestita dalla notte passata. E presi nel suo armadio i vestiti che mi ero preparata per oggi.

Indossai un tubino rosso, un blazer nero e gli stivali al ginocchio dello stesso colore. Acconciai i capelli in uno chignon alto, ben tirato grazie al gel, e mi feci un trucco leggero; lucida labbra, mascara, e una linea sottile di eye-liner.

Uscendo dal bagno trovai Aron già pronto, era vestito e seduto sul letto che teneva tra le mani una nostra foto, una foto che avevamo scattato quel giorno al mare.
La guardava con malinconia e tristezza.

Ma appena sentì la porta chiudersi alle mie spalle, rimise la foto sul comodino e si passò le mani sulle guance come per asciugarsi delle lacrime.

<< Aron, va tutto bene? >> chiesi avvicinandomi a lui, ma si scansò con la scusa di prendere le scarpe dall'altro lato della stanza.

<< certo, è solo... sono solo un po' stanco. Va tutto bene >> rispose in fretta, mentre infilava le scarpe.

Poi si alzò, e notando il mio sguardo scettico mi rivolse un sorriso dolce, nel tentativo di tranquillizzarmi. Si avvicinò e mi prese la mano, per poi condurmi al piano inferiore.

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