Non credo sia un addio

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Non c'è davvero fine al peggio...

Non che conoscere suo padre sia fra le cose peggiori che mi siano successe nelle utlime ore, ma sicuramente mai avrei pensato di poterlo conoscere in queste circostanze.

Non riesco a decifrare la sua espressione, questo uomo vestito in modo elegante si presenta davanti a me come se fosse un avvocato, ha l'aria di una persona molto seria e nel suo viso non c'è nessuna traccia di dolcezza...

Ma d'altronde come dargli torto, non deve aver passato nemmeno lui dei bei momenti sapendo che il figlio è in carcere.

«Salve...si, sono Amelie!»

Allungo una mano verso di lui, sono abbastanza titubante nel farlo perché non riesco davvero a capire se la sua espressione sia di sdegno o semplicemente è sotto shock come lo sono io per tutti gli avvenimenti accaduti.

Alla fine mi stringe la mano.

Ha una presa forte, sicuramente è un uomo di carattere.

Sono sempre stata convinta che da una stretta di mano si possa capire tanto dal carattere di una persona.

«Buongiorno, io sono Giovanna, la mamma di Amelie...»

Mia mamma prende posto affianco a me, e sfodera uno dei suoi sorrisi più dolci.

L'uomo di fronte a me cambia subito espressione, il suo sguardo si addolcisce e nel suo viso sembra comparire l'ombra di un sorriso.

«Molto piacere, è buffo...io mi chiamo Giovanni...»allunga una mano verso mia mamma e si presentano.

Noah me l'aveva detto che anche i suoi genitori avevano lo stesso nome proprio come i miei.

Mia mamma sorride di quella frase, dopodiché riprende a parlare.

«Senta...mia figlia è molto scossa, ha passato la notte in ospedale e poco dopo essere usciti da la siamo venuti qua, posso solo immaginare da genitore come si possa sentire, ma se non è troppo disturbo per lei, vorrei chiedergli di venire a casa nostra in modo da poter parlare in un luogo più tranquillo e privato...»

Il padre di Noah posa il suo sguardo su di me...e dalla sua espressione mi sembra quasi di vederci uno sguardo compassionevole.

«Ma certo, allora posso seguirla con la mia auto? se preferisce possiamo anche cercare un posto tranquillo dove poter parlare...non per forza voglio disturbare venendo in casa vostra!»

«Nessun disturbo, sono stata io a chiederglielo, perciò non si preoccupi!»

Ci avviamo verso le nostre rispettive macchine, e dopo mezz'oretta circa ci ritroviamo tutti nella cucina di casa mia.

Ho chiesto a Cloe di restare con me...ho bisogno di un supporto, non riesco davvero a credere a tutto quello che è successo in queste ore.

Il padre di Noah siede di fianco a me e davanti a mia mamma, è seduto proprio nel posto dove si sedette Noah la prima volta quando si presentò dal nulla sotto casa mia e mia mamma lo fece salire.

Un senso di malinconia si fà strada dentro di me e sento le lacrime salirmi agli occhi, ma decido di cacciarle indietro.

«Posso offrirle un caffè?» capisco dal tono di voce di mia mamma che è in imbarazzo.

«No grazie...vorrei arrivare al sodo...» il suo sguardo si posa su di me.

Ha gli occhi scuri di Noah...è incredibile la somiglianza fra i due.

«Vorrei sapere da lei cosa è successo...»

Sento le mani sudate, e sotto il tavolo mi sto torturando le pellicine delle unghie...mi sento più agitata ora di quando poco fa  stavo raccontato i fatti avvenuti al maresciallo.

Le strane strade del cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora