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Sei nato libero
Sei nato libero
Sei nato libero
Quelle parole rimbombarono nella mia testa come un fischio, inghiottendo tutti gli altri rumori. Strizzai le palpebre e mi tappai le orecchie, ma la frase continuò a ripetersi. Sempre più intensa, sempre più assordante, quasi provenisse dal mio stesso cuore.
Sei nato libero
Avvertii lo stomaco contrarsi e il sapore amaro della bile. Spalancai gli occhi certo di dover correre in bagno, però, non vidi il mio letto.
Un po' alla volta, le vie lastricate dell'Urbe si scolpirono intorno a me, seguite dai profili degli edifici, dalle statue e dal cielo nuvoloso. Provai a camminare e capii subito di non esserne in grado: non possedevo un corpo solido. Potevo solo seguire i movimenti della figura presente in strada.
Un fanciullo.
Era lui ad aver parlato e lo faceva anche ora, ripetendo quell'unica frase come una preghiera. «Sei nato libero» sussurrava, mantenendosi rasente ai muri. I suoi capelli color del grano erano scompigliati dal freddo vento invernale, le mani tremavano e gli occhi erano puntati sui crepundia che portava al collo.
"Amuleti molto preziosi" mi venne naturale constatare. Sia i miei che quelli di Flacco e Silone, a confronto, erano chincaglieria di rozza fattura. Anche l'abito del fanciullo era pregiato, eppure inadatto a un bambino: se Flacco si fosse vestito in modo simile, gli avrei detto di cambiarsi immediatamente. "Forse, è un costume" ragionai "Forse, lui è costretto a indossarlo" aggiunsi, scorgendo il sottile velo di lacrime che faceva luccicare i suoi occhi.
Ero talmente concentrato a darmi delle spiegazioni, da non accorgermi che il fanciullo era entrato nel Foro e, giunto in prossimità dei Rostra, si era fermato.
I minuti passavano e lui restava immobile a fissare la tribuna da cui parlavano gli oratori. Le mani stritolavano i crepundia e gli occhi erano rossi, gonfi, annebbiati. Poi cadde in ginocchio e cominciò a piangere. «Sei nato libero» mormorò per l'ennesima volta «Parlerai anche tu da quella maledetta tribuna, fosse l'ultima cosa...»
Un fruscio improvviso mi fece voltare.
«Scappa!» urlai al fanciullo, appena vidi un uomo incappucciato entrare nel Foro. Era minaccioso, con la corporatura da gladiatore e una spada. «Scappa, ragazzino! Scappa!»
Ma lui non riusciva a sentirmi e notò troppo tardi di non essere più solo. In un attimo, le lacrime lasciarono spazio a un'espressione di terrore.
«Fine della corsa» dichiarò l'uomo, afferrandolo per la vita «E questi sono del figlio del padrone». Gli sfilò di forza i crepundia e iniziò a percuoterlo con la mano libera: «Hai capito che non devi rubare?!»
«Lasciami!»
«Cosa credevi di fare coi gioielli di una gens non tua?»
"Devo intervenire" supplicai gli Dei di permettermi di agire e, tuttavia, loro rimasero sordi.
Intanto, l'uomo aveva issato il bambino e lo stava trascinando fuori dalla piazza «Ti è vietato entrare nel Foro: tu non sei un cittadino.»
«Ti prego, smettila!» mugugnava lui, dimenandosi come un pesce preso all'amo.
«Riesci a comprenderlo, oppure sei così stupido da crederti uguale a noi?»
«Basta...» sospirò esausto «Io sono uguale a voi.»
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Acheronta Movebo
Historical Fiction"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consumato la vita per cercare parole con cui glorificare Roma. Però, mentre varco la soglia dell'Ade, non è all'Eneide che penso. Sono altre le dom...