[titolo molto trash, ma giuro che il capitolo è normale]
Osservai la porta chiudersi dietro di noi, poi inspirai a fondo e guardai verso Cornelio. Mi fissava con aria torva, la mascella contratta e i capelli scompigliati dalla brezza primaverile.
«Io non la sopporto!» dichiarò, incrociando le braccia «Si può sapere cosa non andava nel mio balneum? Era necessario spostare ogni mobile, panno e utensile?»
Soffocai una risata. «Volumnia ha soltanto riordinato...»
«Deve smetterla!». Senza darmi il tempo di ribattere, s'incamminò per le strade dell'Urbe.
Ci muovevamo ancora circospetti, attenti a non rimanere troppo da soli e a non spostarci nelle ore notturne, ma la verità era lampante: la morte di Cesare non aveva sgretolato il mondo, il Sole continuava a sorgere, gli alberi a fiorire e, un po' alla volta, anche la gente tornava alla normalità. Persino io.
Studiai le botteghe affacciate sulle strade. L'immagine di quegli stessi luoghi sbarrati, mentre centinaia di persone urlavano in preda al panico, stava iniziando a sbiadire. Non l'avrei creduto. Non avrei nemmeno creduto che i provvedimenti del Senato mi sarebbero apparsi fumosi e inconcludenti. O che avrei preferito tenermene a distanza, invece di restare aggiornato come faceva Cornelio. Lui sembrava comprendere i disegni dietro alle scelte dei potenti e in cuor mio lo sapevo: un giorno, sarebbe stato un grande politico.
«Da' retta a me» esclamò d'improvviso, stufo di mostrarsi adirato per le ingerenze di Volumnia «Bruto, a Roma, non ci torna.»
«Perché? In fondo, il popolo...»
«Il popolo non c'entra. Tra lui e questa città c'è una ferita insanabile. Però, mi aspetto che organizzi da distanza i Ludi Apollinari. È pur sempre pretore urbano» accennò alla gente, brulicante e indaffarata come una colonia di formiche «Li userà per saggiare la loro reazione.»
«Detta così, pare la strategia di un generale di fronte a un nemico.»
«Lo è! E noi dobbiamo augurarci di non giocare il ruolo dei soldati in prima linea» Cornelio si lasciò il Foro alle spalle, proseguendo in direzione Est «A proposito, da quanto non scrivi a Cesare Ottaviano?»
«Intendi Ottavio?» farfugliai, aprendomi un varco tra la folla.
Lui si avvicinò a un mercante di vino e acquistò del Falernum. «Virgilio, quel ragazzo non è più il bambino che pendeva dalle tue labbra: comincia a riconoscergli lo status di erede di Cesare.»
«Io... sì, hai ragione» "cosa cambia? Non parlo con Ottavio da anni e chissà se si ricorda di me" evitai di palesare che avevo lasciato sfuggire l'ennesima persona importante. Mi limitai a fare spallucce e seguii il mio amico alla domus di Valerio, uno dei pochi luoghi cristallizzati alle Idi di Marzo. Porte e finestre restavano chiuse, tutti parlavano a bassa voce, avevano i volti raggrinziti dall'angoscia e si aggiravano per i corridoi seguiti da spettri invisibili. Una casa di ombre e sussurri. Ecco cosa trovavo varcando la soglia.
Quel giorno non fu diverso.
«Salve, mamma» la salutai, senza guardare il bambino che teneva in braccio «Ci sono... segni di miglioramento, dalla scorsa settimana?»
«Abbiamo portato vino e formaggi» s'intromise Cornelio «Vi serve altro? Se preferite non uscire, Virgilio e io...»
«Grazie del pensiero. Siamo a posto». Mia madre tentò di sorridere, ma la sua espressione rimase cupa. Persino i movimenti cadenzati con cui cullava il piccolo avevano un ché di lugubre. «Valerio sta cercando nuovi accordi commerciali» sospirò «Bruto e i suoi clientes sono più un fardello che un'opportunità: dovrebbe interrompere i rapporti.»
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Acheronta Movebo
Historical Fiction"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consumato la vita per cercare parole con cui glorificare Roma. Però, mentre varco la soglia dell'Ade, non è all'Eneide che penso. Sono altre le dom...