Doni. Visite. Cibo. Alcol. E caos.
Ecco di cosa si componeva il nostro tempo in casa.
Dall'imposizione del nome, il figlio di Valerio divenne un trofeo da esibire. La domus era sempre piena di gente, le bocche colme di parole, i cuori aridi e vuoti. La mamma stava per lo più in camera a recuperare le forze e io non osavo avvicinarmi: quello era lo spazio suo e di Valerio, un confine che avevo paura a valicare. Preferivo rimanere fuori dalla porta, gironzolando nel corridoio in attesa che fosse lei a chiamarmi. "Se ha bisogno, ci sono" mi ripetevo "Se si sente sola, le basterà tendere l'orecchio e udirà i miei passi". Poi, Valerio mi fece notare quanto fosse sciocco, a venticinque anni, sprecare le ore camminando per casa.
«A proposito, che lavoro intendi svolgere?» aggiunse, mettendomi spalle al muro «Ricordo che dovevi diventare avvocato, però...»
«Non era la mia strada» lo interruppi, senza fornire alcuna risposta. Mi limitai a smettere di camminare vicino alla stanza della mamma e impiegai quel tempo fuori, vagando per la città.
Inadeguato, sgradito, inutile, appena entravo in casa, la voce nella mia testa cominciava a dirlo ancora e ancora. Tentai d'ignorarla. Mi concentrai sugli studi magici. Contai i minuti che mi separavano dal rientro a Posillipo. Tuttavia, nemmeno così riuscii a resistere e, prima dell'inizio di marzo, bussai alla porta di Cornelio. «È sempre valida la proposta di dormire qui?»
Lui mi scrutò un istante. «Gli anni passano e continui a fare domande stupide» ridacchiò, abbracciandomi talmente forte da togliermi il respiro «La tua stanza è già pronta.»
«Sarei dovuto venire subito» mormorai, con gli occhi lucidi.
«Maia ti vuole bene e, a modo suo, anche Valerio.»
«Ne sono sicuro» mentii, deciso a non rovinare il buonumore del mio amico. Sebbene ora avesse il mento più squadrato e un corpo da guerriero, Cornelio era rimasto il ragazzo conosciuto tanti anni prima: affidabile, intelligente, cordiale e dotato di un'audacia che ammiravo. Il suo unico difetto era la passione per feste e convivi; infatti, nemmeno tre giorni dopo mi trascinò in una villa delle Carinae, il quartiere più esclusivo della città.
L'immenso peristylium trasudava sfarzo. Statue, giochi d'acqua, pergolati e divani erano avvolti dalla vegetazione rigogliosa e decine di schiavi si prodigavano a soddisfare ogni desiderio degli ospiti. Non mancavano la musica e le risate; eppure, tutti sembravano su un palcoscenico. C'era chi recitava la parte del pensatore, chi affabulava i presenti con teorie sulle campagne militari, chi decantava il fascino della dimora e chi interpretava il ruolo del pessimista, sottolineando le falle del nuovo regime imposto da Cesare.
«Virgilio?!»
Sussultai. "Il fantasma del Passato. un personaggio di cui non avvertivo la mancanza". «Salve a te, Sabino.»
Vederlo mi fece uno strano effetto. Non sapevo se i miei sentimenti fossero svaniti e, al contempo, il nostro amore pareva lontanissimo, forse perché quasi nessuno era a conoscenza di quel legame e io stesso avevo provato a cancellarlo. Spostai gli occhi su Cornelio, in piedi alla mia destra, ma un attimo dopo erano già tornati sul viso che mi aveva sedotto in gioventù.
«Credevo fossi al Nord» proseguì Sabino, tendendo la destra «Ti occupi sempre di cavalli?»
Strinsi i pugni. Avevo trascorso anni a fuggire senza creare nulla. Né un lavoro stabile, né il cursus honorum, né una famiglia... nella mia vita c'era ben poco e, per la prima volta, mi chiesi cosa sarebbe successo se avessi accettato la proposta di Sabino.
Lavorerai per me.
I nostri ruoli saranno chiari, i nostri obiettivi anche,
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Acheronta Movebo
Historical Fiction"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consumato la vita per cercare parole con cui glorificare Roma. Però, mentre varco la soglia dell'Ade, non è all'Eneide che penso. Sono altre le dom...